Quali azioni promuovere per riconoscimento e tutela della comunità Rom?

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Lo scorso 20 febbraio, su iniziativa di Associazione 21 luglio, della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato e dell’International Center of Interdisciplinary Studies on Migration si è tenuto il Convegno ‘Riconoscimento, tutela e promozione sociale delle comunità rom e sinte in Italia. Quali azioni promuovere?’.

Come ha ricordato in apertura Giovanni Augello, giornalista di Redattore sociale, siamo in un momento molto particolare, nel bel mezzo di una campagna elettorale agitata sui temi dei diritti e, soprattutto, sul tema del razzismo e dell’intolleranza. Dunque questo è il momento più giusto per chiedersi quali azioni sono state promosse negli ultimi anni nel merito delle comunità Rom e Sinti e quali dovranno essere promosse in futuro. Oggi, nel dibattito politico è predominante la questione degli immigrati, ma guardando un po’ indietro nel tempo ci accorgiamo come nel dibattito pubblico è stato per diverso tempo centrale proprio la questione Rom e Sinti.

Partendo da questa premessa nel convegno si è discusso del riconoscimento – anche se è più corretto parlare di diversi tipi di riconoscimento – di queste comunità e degli effetti concreti che questi avrebbero sulla vita quotidiana di Rom e Sinti, in particolare sui terreni della cultura, della rappresentanza e dell’identità.
Diverse sono le posizioni che sono state espresse sulle alcune proposte di legge presentate negli ultimi anni, tre in particolare: la prima è il disegno di legge sul riconoscimento istituzionale dello sterminio di rom e sinti durante il Nazi-fascismo, il cosiddetto Porrajmos, da introdurre il 27 gennaio nell’ambito della Giornata della Memoria, durante la quale si ricorda già la Shoah, lo sterminio degli ebrei; la proposta di legge sul riconoscimento formale della minoranza linguistica storica parlante la lingua romanì; la proposta di legge di iniziativa popolare “Norme per la tutela e le pari opportunità della minoranza storico-linguistica dei Rom e dei Sinti”, orientata al riconoscimento delle peculiarità culturali di rom e sinti.

Come ha sottolineato Carlo Stasolla, presidente di 21 luglio, fino ad oggi le proposte sulla situazione di Rom, Sinti e Caminanti sono state orientate verso la richiesta di riconoscimento linguistico, per la tutela di specifiche tradizioni culturali. Invece – sempre secondo Stasolla – i temi prioritari dovrebbero essere il superamento dei mega insediamenti monoetnici, la condotta di azioni di contrasto alla povertà estrema e alla discriminazione, la lotta alle azioni di sgombero forzato e alle violazioni dei diritti fondamentali, tutti temi che invece non sono stati posti al centro del dibattito e sono stati lasciati fuori da queste proposte di legge.

Verso una nuova ‘Strategia nazionale per l’inclusione dei Rom’

Il convegno è stato anche l’occasione per parlare della nuova Strategia nazionale per l’inclusione dei Rom. Secondo il presidente di 21 luglio, la strategia 2012-2020 ha rappresentato un importante spartiacque ma, tuttavia, confrontandosi con la realtà dei fatti si riscontra il fallimento relativamente a quanto si era prefissata. Anche se si possono constatare miglioramenti da un punto di vista teorica si è faticato a dare concretezza, nella prassi, ai propositi e gli obiettivi che si prefissavano. Responsabilità di quello che è stato definito “un peccato originale”, ovvero l’approccio culturalista da cui è derivata “una pericolosa deriva etnica”.

Come ha spiegato Antonio Ciniero dell’Università del Salento (questo l’abstract del suo intervento), non c’è una definizione unilateralmente riconosciuta dei ‘Rom’. Questa assenza di definizione si spiega con il fatto che non si è dinanzi ad una comunità omogenea: la diversità si può riscontrare nelle lingue parlate, nelle aree geografiche di provenienza e anche nelle condizioni socio-economiche. L’approccio culturalista dunque, che consiste nel considerare i Rom come appartenenti a gruppi etnici con caratteristiche culturali comuni e che è stato quello più diffuso nelle politiche pubbliche e in quelle delle organizzazioni sociali, ha avuto delle ricadute contraddittorie. Gli stessi processi di esclusione sociale, di cui una parte dei Rom è vittima, è frutto di queste politiche. La questione va dunque affrontata come al di fuori degli approcci etnico-culturali. Va affrontata non parlando di “questione Rom”, così come è stato fatto in alcuni processi di inclusione positiva.

Nella nuova strategia nazionale del 2020 dunque, è stato ribadito durante il convegno anche ai candidati alle prossime elezioni presenti, si dovrà andare oltre gli aspetti di salvaguardia linguistica e culturale e considerare la comunità Rom, Sinti e Caminanti non più come ‘una unica specificità culturale e linguistica’ ma come una pluralità di individui e comunità, tra le quali ci sono vittime di una sistematica discriminazione istituzionale espressa attraverso i mega insediamenti monoetnici.
In questa nuova strategia nazionale – sottolineano da Associazione 21 luglio – l’approccio etnico dovrà essere dunque sostituito con un approccio basato sui diritti fondamentali, primo fra tutti il diritto all’inclusione. Ma sarà anche necessario tenere bene a mente la mappa dell’esclusione sociale. Questa mappa è molto chiara in Italia poiché da un lato ci sono 150.000 persone Rom e Sinti di antica immigrazione (e la grande maggioranza ormai di cittadinanza italiana) che hanno raggiunto un livello di integrazione sufficiente e dall’altro lato 28.000 persone, in uno stato di povertà, marginalità, segregazione, che vivono in baraccopoli.

Sapranno e vorranno i candidati alle prossime elezioni fare proprie le proposte avanzate da Associazione 21 Luglio per superare la discriminazione che colpisce le comunità Rom, Sinti e Caminanti nel nostro paese?

Perrine Martin, studentessa in scienze politiche a Sciences Po Toulouse (Francia) e presso l’Università di Bologna, tirocinante nella Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili.