Premio CILD: non si può fermare la Primavera Romani

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Primavera Romani, ovvero venti giovani attivisti rom e sinti provenienti da varie città italiane, da nord a sud, e con storie molto diverse – alcuni risiedono nei “campi”, altri in casa –  ma un obiettivo comune: contribuire a costruire un’Italia in cui le discriminazioni e l’intolleranza cedano il posto al dialogo e all’inclusione per tutti.
Il 19-21 settembre 2015 hanno partecipato alla Convention “Primavera Romanì” creando un omonimo manifesto politico poi presentato in Senato. Un testo dai contenuti importanti, frutto di un intenso lavoro – che noi l’anno scorso abbiamo voluto riconoscere, conferendo a questi ragazzi che sognano un Italia diversa il premio CILD (nella categoria voce collettiva) 2015.

A distanza di quasi un anno dal nostro ultimo incontro (e in attesa dell’edizione 2016 del Premio CILD), facciamo il punto con Ivana Nikolic, Valentina Licci e Fiorello Miguel Lebbiati su quanto è successo nel frattempo e cosa si aspettano dal futuro.

Cosa è successo nei 12 mesi trascorsi dal Premio Cild?

IVANA: Il 26 gennaio ho organizzato per il terzo anno consecutivo la Giornata della Memoria in piazza Castello a Torino, coinvolgendo più di 15 associazioni (disabili, lgbt, rom, comunità ebraica di Torino, etc. ); l’evento comprendeva un’azione teatrale, la biblioteca vivente e attività affini, la campagna si chiama “Attenti a non ripetere”, l’obiettivo era quello di ricordare tutti, cioè di sottolineare la parità del ricordo dell’olocausto, senza l’esclusione di nessuno, connettendo la discriminazione di ieri e di oggi, e si premeva sull’importanza del rimanere “connessi” perché le discriminazioni non accadano più. Ho insegnato danza e a gennaio 2016 ho fondato anche la compagnia di danza “Ternype dance”, di cui fanno parte dieci ragazze, italiane e non, rom e non rom, con cui orgsanizziamo spettacoli, workshop, festival in giro – siamo state in diverse città, tra cui Milano e Belgrado. Ho lavorato come educatrice per i teenager, stranieri e non.

MIGUEL: Ho lavorato presso la Caritas, e ho collaborato con l’ Associazione 21 luglio all’interno di un progetto chiamato “Amarò Foro” – che in lingua romanès vuol dire “la nostra città”, rivolto a bambini e adolescenti rom che vivono in condizioni di disagio abitativo e sociale in alcuni insediamenti formali e informali della periferia romana. L’obiettivo del progetto era che il bambino, attraverso attività di carattere artistico-musicale, si interrogasse criticamente sulla propria condizione di vita, prendesse coscienza della propria condizione di esclusione e sviluppasse la consapevolezza di essere soggetto attivo di diritti e possibile agente di cambiamento della propria esistenza, della propria comunità e della società maggioritaria.

VALENTINA: Ho lavorato presso la cooperativa sociale Nuova Siloe all’interno del progetto “L’Arca dei Giovani parte dal Mediterraneo”, un progetto finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Dipartimento della Gioventù-Servizio Civile Nazionale e destinato a ragazzi e ragazze tra i 14 e i 18 anni di età, di qualsiasi nazionalità residenti a Lecce e in provincia; all’interno del progetto sono stata tutor di una serie di laboratori complementari alle attività scolastiche ordinarie, come quello multimediale, musicale, umanistico e di didattica complementare, che avevano lo scopo di favorire e facilitare l’integrazione sociale e la multiculturalità per contribuire a frenare la dispersione scolastica; a giugno abbiamo organizzato lo spettacolo finale al Teatro romano di Lecce.

Su cosa state lavorando adesso?

IVANA: Continuo a lavorare come educatrice per i teenager, stranieri e non, e ad insegnare danza – a dicembre con la compagnia andremo in Olanda.

MIGUEL: Con altri due ragazzi, di cui uno rom e l’altro non rom, siamo appena riusciti a creare un’associazione per promuovere la cultura rom e tutelarne i diritti: New Romalen, con sede legale al campo di Salone. Inoltre, continuo a lavorare presso la Caritas della mia città.

VALENTINA: Ora mi occupo di progettazione – europea , nazionale e regionale – per diversi enti, e di formazione sull’educazione ai diritti umani e sull’educazione interculturale all’interno degli istituti scolastici.

Quali sono le sfide del vostro settore?

 IVANA: Le sfide sono: la stabilità di un contratto, non facile da ottenere per chi lavora nel sociale in Italia; il fatto che i progetti nel sociale non abbiano una stabilità e una continuità; il rapportarsi con i ragazzi, l’instaurare un rapporto con loro, il dialogare con loro, l’entrare in intimità via via che entrano in confidenza e iniziano a raccontare qualcosa di loro, dei loro vissuti; la discrepanza tra la linea guida educativa di noi “esterni” educatori e quella di alcune famiglie – perché a volte non c’è una stessa direzione ma la direzione è contraddittoria, perché magari non si riesce ad instaurare una connessione con la famiglia.

MIGUEL: Dirigersi verso la chiusura dei mega campi rom, rispettando le procedure europee. Personalmente invece voglio riprendere gli studi e studiare recitazione: insieme ad un regista di Lucca stiamo scrivendo un film che racconta i sinti residenti a Lucca.

 VALENTINA: Professionalizzarsi sempre più in materia di progettazione: oggi credo che occorra acquisire sempre più strumenti metodologici per scrivere progetti e accedere in questo modo a sempre più fondi europei da investire in ambito sociale, ed in particolare nel campo dell’ intercultura e dei diritti umani. Ad oggi le imprese sociali in Italia spesso non hanno abbastanza fondi per portare avanti i progetti che vorrebbero, e qualora li avessero spesso non sono sufficienti per permettere ai progetti di essere duraturi nel tempo. 

 

Nel frattempo abbiamo lanciato l’edizione 2016 del premio CILD. Aiutaci a trovare i nostri supereroi dei diritti umani, invia le tue candidature – basta un tweet o una e-mail – entro il 7 novembre!

Nell’attesa, scopri cosa è successo ai vincitori dell’edizione 2015: abbiamo fatto due chiacchiere con la giornalista Carola Frediani e fatto il punto sulle potenzialità della ricerca per il sociale con i ricercatori che hanno dimostrato che la vera malattia è l’omofobia.