Le Ong a stati e istituzioni UE sull’export di tecnologie di sorveglianza

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Con una coalizione internazionale di Ong scriviamo alle istituzioni europee e agli Stati membri affinché tengano fede agli impegni presi sulla regolamentazione delle esportazioni a uso duale, un tema che ci tocca da vicino. Qui il testo originale in inglese. Ne pubblichiamo di seguito una traduzione in italiano.

 

A seguito di nuove e allarmanti rivelazioni sull’esportazione di tecnologie di sorveglianza di fabbricazione europea in regimi autoritari di tutto il mondo, chiediamo con forza a tutti gli stati membri e alle istituzioni dell’Unione Europea di tener fede ai propri obblighi sui diritti umani e li invitiamo a dare la priorità alle riforme lungamente attese.

Siamo estremamente preoccupati per quanto poco sia cambiato da quando l’esigenza di modernizzare le attuali regole dell’UE sull’esportazione di tecnologie di sorveglianza è stata riconosciuta nel 2011, durante la Primavera Araba. Poiché da allora la Commissione ha proposto delle riforme al sistema attuale, mirate specificamente a “prevenire violazioni dei diritti umani legate ad alcune tecnologie di sorveglianza elettronica”, chiediamo con forza agli stati membri e al Parlamento di astenersi da ulteriori rinvii e di garantire una interpretazione univoca degli intenti della Commissione in tutta l’Unione Europea.

Necessità di riforme

L’esportazione di tecnologie di sorveglianza elettronica verso agenzie governative coinvolte in abusi dei diritti umani e in paesi privi di adeguati ordinamenti legali per la protezione della privacy rappresenta un grave rischio per gli interessi dell’UE verso i diritti umani, la democratizzazione e lo stato di diritto. In Macedonia, dove numerosi stati membri e istituzioni dell’UE hanno trascorso anni e speso ingenti risorse in questo senso, sono state soggette a intercettazioni per vari anni circa 20.000 persone, fra cui attivisti, membri della magistratura, esponenti dell’opposizione e diplomatici. Ciò ha minato a tutti gli effetti molte delle iniziative dell’UE, fornendo all’ex partito di maggioranza un accesso diretto a sistemi di sorveglianza delle telecomunicazioni. Recenti rapporti hanno dimostrato che in Messico, Emirati Arabi Uniti e Bahrain le autorità hanno utilizzato poteri di sorveglianza ufficialmente riservati a criminali e terroristi per colpire invece difensori dei diritti umani, attivisti, legali e altri.

Di conseguenza, chiediamo con urgenza che venga aggiornata la regolamentazione delle esportazioni. Raccomandiamo che:

  • la protezione dei diritti umani venga rafforzata e abbia impatto decisivo
    La proposta dovrebbe affermare chiaramente che gli stati hanno il dovere di negare la licenza di esportazione laddove esista un rischio concreto che tali esportazioni possano essere usate per violare i diritti umani, laddove non esistano ordinamenti legali a regolare l’uso di tecnologie di sorveglianza o laddove l’ordinamento esistente al riguardo non rispetti le leggi o gli standard internazionali sui diritti umani.
  • tutta la relativa tecnologia di sorveglianza venga documentata
    Sarebbe necessario concordare un meccanismo per aggiornare la lista di controllo dell’UE, che decida degli aggiornamenti di detta lista in maniera trasparente e consultiva, prendendo in considerazione le competenze di tutte le parti in causa, compresa la società civile, e le leggi internazionali sui diritti umani.
  • sia resa obbligatoria una maggiore trasparenza e documentazione
    È necessaria una maggiore trasparenza nei dati sulle licenze di esportazione. Tale trasparenza è cruciale per permettere ai parlamenti, alla società civile, all’industria e all’opinione pubblica – tanto nell’UE che nei paesi beneficiari delle esportazioni – di esaminare in maniera significativa l’impatto sui diritti umani del commercio di prodotti a uso duale.
  • la ricerca sulla sicurezza e i relativi strumenti siano protetti.
    Per rafforzare la protezione della ricerca, come affermato nel preambolo, la nuova normativa dovrebbe includere garanzie chiare e applicabili per l’esportazione di tecnologie di informazione e comunicazione utilizzate per scopi legittimi e per la ricerca sulla sicurezza in Internet.

Ulteriori informazioni si possono trovare a questo indirizzo.

Necessità di criteri di valutazione adeguati e uniformi

Gli stati membri non hanno saputo tener conto dei propri obblighi circa i diritti umani all’atto della valutazione delle licenze di esportazione, e stanno interpretando i propri obblighi in maniere diverse. È fondamentale che vengano concordati e uniformemente applicati criteri forti di valutazione delle esportazioni.

Nel 2017 le inchieste dei media hanno dimostrato che:

  • Su oltre 330 richieste di licenza di esportazione di tecnologie di sorveglianza controllate inviate a 17 autorità europee dal 2014, 317 sono state concesse e soltanto 14 sono state rifiutate; 11 stati membri, fra cui Francia e Italia, si rifiutano di mettere a disposizione del pubblico i dati relativi alle licenze, il che significa che l’effettiva quantità di apparecchiature di sorveglianza che l’Italia concede di esportare è probabilmente anche maggiore (The Correspondent).
  • BAE Systems, il più grande produttore di armi del Regno Unito, ha esportato sistemi di sorveglianza di massa controllati in paesi dove abbondano le violazioni dei diritti umani, compresi Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Oman, Marocco e Algeria (BBC e Dagbladet Information).
  • L’Italia ha approvato, e poi revocato, una licenza di esportazione in Egitto di un sistema di sorveglianza Internet (Il Fatto Quotidiano).
  • Un’azienda francese ha esportato in Egitto simili apparecchiature di sorveglianza Internet e nel 2016 ha ricevuto altre 9 licenze (Telerama).
  • Alcune aziende con sede in Italia sono state filmate mentre si dichiaravano disponibili ad aggirare le normative esistenti per vendere tecnologie di sorveglianza a clienti potenziali in tutto il mondo, compresi i paesi soggetti a misure restrittive da parte dell’UE (Al Jazeera).

I criteri attuali sono inadeguati. Per esempio la Danimarca e il Regno Unito hanno entrambe approvato l’esportazione di apparecchiature di sorveglianza negli Emirati Arabi Uniti, dove è stato dimostrato che la sorveglianza elettronica è utilizzata per colpire difensori dei diritti umani, e le cui forze dell’ordine stanno torturando esseri umani in centri di prigionia segreti, secondo la Associated Press. Al contrario, i Paesi Bassi hanno rifiutato una richiesta degli Emirati, a quanto pare sulla base di considerazioni legate ai diritti umani.

Analogamente, gli stati membri hanno approvato licenze di esportazione in Egitto, dove le forze di sicurezza hanno torturato regolarmente i detenuti e fatto scomparire centinaia di persone, e dove il governo ha da poco intrapreso misure senza precedenti per criminalizzare i gruppi indipendenti e gli attivisti dei diritti umani. Nel 2013 gli stati membri del Consiglio dell’Unione Europea hanno espresso “gravi preoccupazioni” per “il numero inaccettabile” di morti e feriti causati dalle forze di sicurezza egiziane, e hanno concordato di “sospendere le licenze di esportazioni in Egitto di qualsiasi apparecchiatura possa essere usata per la repressione interna e di rivalutare le licenze già esistenti”. In seguito alla tortura e all’assassinio dello studente italiano Giulio Regeni e a “una campagna su vasta scala di detenzione arbitraria di critici del governo, compresi giornalisti, attivisti dei diritti umani ed esponenti di movimenti sociali e politici”, il Parlamento Europeo ha richiesto “la sospensione delle esportazioni di apparecchiature di sorveglianza quando esistano prove che tali apparecchiature verrebbero utilizzate per violare i diritti umani”.

Ciononostante, questa settimana i media francesi hanno rivelato che un’azienda avrebbe esportato tecnologie di sorveglianza su Internet in Egitto. Allo stesso modo, il Regno Unito ha approvato l’esportazione in Egitto di apparecchiature per l’intercettazione di telecomunicazioni e di sistemi di intercettazione satellitare.

Nel 2016 anche il Ministero italiano dello sviluppo economico ha approvato una licenza di esportazione di sistemi di sorveglianza su Internet al Technical Research Department, un ramo segreto dell’infrastruttura di intelligence egiziana che già in passato aveva acquistato apparecchiature di sorveglianza da varie aziende con sede in Europea. Dopo aver inizialmente approvato la licenza, il Ministero italiano dello sviluppo economico ha confermato di averla revocata in seguito alla notizia diffusa dai media che l’agenzia in questione era sotto inchiesta, e dopo aver ricevuto lettere dalle Ong che chiedevano al ministero di rivedere la propria valutazione.

In seguito alle decisioni del Ministero italiano e per mantenere un’applicazione coerente in tutta l’UE, è oggi essenziale che anche gli altri stati membri, comprese la Francia e il Regno Unito, rivedano le proprie licenze di esportazione vigenti per l’esportazione di tecnologie di sorveglianza in Egitto, e che le revochino laddove esistano prove che tali esportazioni rappresentino una minaccia ai diritti umani.

 

Background

Durante la Primavera Araba del 2011, con l’emergere di rivelazioni su come i regimi autoritari del Medio Oriente e del Nordafrica facessero affidamento su tecnologie di sorveglianza di fabbricazione europea, la Commissione ha pubblicato un Libro Verde in cui riconosceva la necessità di aggiornare la normativa sui prodotti a uso duale, in maniera tale da rispecchiare i progressi tecnologici, e già nel 2013 ha riconosciuto per la prima volta la volontà di tutte le parti in causa di ricondurre “l’uso dei prodotti di intercettazione e monitoraggio, o ‘cybertools’” all’interno della normativa.

Sulla base di un ampio Impact Assessment e di consultazioni pubbliche, la Commissione ha concluso che “le tecnologie di sorveglianza elettronica hanno applicazioni legittime e regolamentate per le forze dell’ordine, ma sono state impiegate anche a scopo di repressione interna da governi autoritari o repressivi per infiltrare i sistemi informatici di dissidenti e attivisti dei diritti umani, portando a volte all’incarcerazione o addirittura alla morte di questi ultimi. Come evidenziato da numerosi rapporti, l’esportazione di tecnologie di sorveglianza elettronica in tali condizioni rappresenta un rischio per la sicurezza di queste persone e ai seguenti diritti fondamentali.” Il documento di lavoro notava poi che “l’assenza di una base legale robusta per il controllo delle esportazioni di tecnologie di sorveglianza elettronica impedisce all’UE di prevenire esportazioni che potrebbero essere impiegate per violare diritti umani”, e che c’è stata “un’assenza di disposizioni legali chiare per il controllo delle tecnologie di sorveglianza elettronica e per il rifiuto di esportazioni sulla base di considerazioni legate ai diritti umani”.

Una successiva proposta di modernizzazione dell’infrastruttura europea di controllo delle esportazioni è stata infine pubblicata dalla Commissione nel settembre del 2016. Se da una parte la proposta offre alcuni miglioramenti rispetto al regime attuale, essa richiede ulteriori e significative modifiche per garantire che tenga fede al suo potenziale di difesa dei diritti umani.

Alcuni emendamenti alla proposta sono attualmente in discussione all’interno della Commissione per il commercio internazionale del Parlamento Europea, dove alcuni membri hanno suggerito vari emendamenti positivi. Una volta concordati all’interno della Commissione, gli emendamenti saranno messi ai voti nel Parlamento Europeo, forse a settembre del 2018. Dopo la votazione, gli emendamenti proposti verranno discussi in un trilogo fra Commissione, Parlamento e stati membri, volte a raggiungere una posizione di compromesso, che si terranno probabilmente nel 2018. Tuttavia, se in seguito il Parlamento non voterà a favore degli emendamenti concordati, il processo di consultazione a tre continuerà fino al raggiungimento di un accordo, cosa che potrebbe richiedere anni. Una volta che gli stati membri e il Parlamento avranno concordato gli emendamenti, questi ultimi diventeranno vincolanti in tutta l’Unione Europea.