Le basi del Pro Bono per il cambiamento sociale

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Che cos’è il pro bono e perché è importante? E soprattutto: cosa può offrire il pro bono a avvocati e associazioni, e qual è la maniera migliore di fornirlo e riceverlo?

Queste le domande fondamentali sulle quali ci è stato chiesto di riflettere durante la prima
Pro Bono Masterclass italiana di The Good Lobby (grazie al supporto dell’Italian Pro Bono Roundtable e di Pilnet e all’ospitalità di Orrick Italia). La Masterclass è stata guidata da Alberto Alemanno – professore di diritto alla HEC di Parigi ed alla NYU nonché co-fondatore di The Good Lobby e autore di “Lobbying for Change” – ed era mirata a fornire gli strumenti fondamentali del Pro Bono al personale di organizzazioni non governative ed altri attivisti che ne possano avere bisogno nonché agli avvocati interessati ad offrirlo.

L’ABC dell’assistenza pro bono: perché è assolutamente necessaria

Alberto ci ha guidato in una intensa e ricca lezione di ABC del “Pro Bono” con l’intento di dare a tutti i partecipanti una prospettiva a 360° gradi su che cosa è davvero il pro bono e come attingere appieno al suo potenziale.

Pro bono for social change_ Alberto Alemanno
EU Pro Bono Masterclass: la lezione di Alberto Alemanno.

Qualcosa di cui vi è davvero molto bisogno in Italia e negli altri paesi di diritto civile, che sono rimasti per molto tempo indietro nello sviluppo di una vera e propria “cultura del pro bono” – che è invece fortemente radicata e diffusa nel sistema di diritto comune dei paesi anglofoni. Una situazione peraltro paradossale se si considera che il concetto stesso di “diritto di interesse pubblico” e la pratica del pro bono legale – sviluppatesi nel corso di centinaia di anni di storia – risalgono in realtà già agli antichi greci e romani. 
Ciononostante, è più che altro nei paesi anglofoni – e soprattutto negli Stati Uniti – che i grandi studi legali hanno precisi e importanti obblighi in materia di pro bono: in altre parole, tutti gli avvocati impiegati in questi studi sono tenuti a dedicare parte delle loro ore lavorative – la media è intorno alle 20 annue – fornendo assistenza legale pro bono.
Le cose vanno però molto diversamente in Italia, dove vi è ancora relativamente poca consapevolezza e informazione sulle potenzialità di questa attività – ed a volte anche resistenza da parte dell’ordine degli avvocati, che tende a percepire l’assistenza legale pro bono come concorrenziale al gratuito patrocinio, e cioè l’assistenza alle persone che non sarebbero altrimenti in condizione, a causa del proprio limitato reddito, di assicurarsi la rappresentanza legale – grazie al supporto dello Stato, che paga il compenso dell’avvocato in vece dell’assistito. 

In altre parole, in Italia e in Europa c’è ancora davvero molto da fare per aumentare la consapevolezza sul grande potenziale che ha il pro bono nel determinare cambiamento sociale positivo.

Per questo motivo il lavoro condotto da Pilnet – il network globale per il diritto di interesse pubblico – per creare una solida rete europea per il pro bono è estremamente importante e noi di Cild siamo davvero fieri di essere parte di questo processo attraverso la nostra partecipazione all’Italian Pro Bono Roundtable (in seno alla quale sta per nascere, a breve, “Pro Bono Italia”, un’associazione di Studi legali, associazioni di avvocati, e singoli legali, per la promozione di una cultura del pro bono in Italia) e lo sviluppo della nostra Clearing House, che si propone di mettere in connessione i “fornitori di assistenza legale” – e cioè avvocati e studi legali – con il mondo della società civile.
La nostra Clearing House sta per compiere due anni ma vi è ancora molto da fare per assicurare il valore e l’impatto del lavoro da essa condotto, soprattutto perché vi è ancora molta poca consapevolezza – sia da parte degli avvocati che da parte della stessa società civile – su come utilizzare al meglio il prezioso strumento del pro bono.

Che cos’è il pro bono e perché è tanto importante?

Il diritto di interesse pubblico è un insieme di attività dei professionisti legali – che spaziano dal pro bono al gratuito patrocinio e includono il contenzioso strategico, il “diritto di strada” e le cliniche legali delle università – che mira a migliorare l’accesso alla giustizia.

Il pro bono (legale) è un lavoro che viene compiuto volontariamente e gratuitamente dai professionisti, senza che questo infici in alcuna maniera il livello della prestazione professionale (che deve rispettare gli stessi standard del lavoro pagato). A differenza di molte attività di volontariato, in questo caso si richiede la messa a disposizione di una specifica expertise sviluppato a livello professionale per assicurare l’accesso alla giustizia a coloro che altrimenti non potrebbero, di fatto, permetterselo.

Il pro bono ha un grande e multisfaccettato potenziale di cambiamento per la società tutta.
Innanzitutto, offre una preziosissima opportunità per le realtà della società civile che non solo possono beneficiare di assistenza legale gratuita che non sarebbero altrimenti in grado di assicurarsi – e sono così facilitate nell’adempimento della propria missione sociale – ma sono anche più generalmente “empowered” (potenziate): queste sono infatti messe nella condizione di andare oltre il mero contenzioso, massimizzare le proprie capacità di advocacy e di networking (istituzionale e non). Questo può – e dovrebbe – determinare una più forte azione ed un maggiore impatto dei soggetti della società civile, agevolando così in maniera molto concreta il cambiamento sociale positivo.

Il pro bono ha inoltre un grande potenziale anche per gli studi legali e gli avvocati, innanzitutto in termini di impegno morale ed etico – gli avvocati sono in genere felici di poter fare qualcosa di buono per la propria comunità e molti di coloro che si impegnano nel pro bono sottolineano come questo tipo di attività li renda più soddisfatti a livello personale. Gli effetti positivi si vedono anche nella crescita professionale: l’esperienza acquisita attraverso il pro bono offre infatti agli avvocati una preziosa opportunità per migliorare le proprie competenze. Per gli avvocati più giovani questo si traduce nella possibilità di mettersi alla prova con casi diversi per tematiche e complessità, mentre per quelli con più esperienza è invece un modo per acquisire nuove prospettive rispetto alla propria consueta attività professionale.
Inoltre, vi è ovviamente anche un aspetto “reputazionale”, perché attraverso l’attività di pro bono gli studi legali entrano in contatto con realtà di solito molto distanti e si caratterizzano come attori positivi nel processo di miglioramento sociale.
In breve: ci sono un sacco di buoni motivi – per tutti – per fare pro bono!

Come funziona

La costruzione di un network di pro bono è un po’ come un puzzle: è questione di mettere tutti i pezzi al giusto posto! Da una parte ci sono gli studi legali (quelli più grandi hanno spesso addirittura un dipartimento dedicato al pro bono!) e dall’altra la società civile. Nel mezzo, le clearinghouses – il cui scopo è proprio facilitare la relazione tra i fornitori di assistenza legale e coloro che ne hanno bisogno.

Ciò potrebbe sembrare incredibilmente complesso, ma in realtà non è poi così difficile una volta che si comprendono le regole fondamentali del gioco – e proprio questo ha provato ad insegnarci Alberto nel corso della Masterclass (offrendoci una preziosa esperienza concreta attraverso una simulazione).

Ecco come funziona:

  • La ONG ha un “bisogno legale” (si noti: trattasi di definizione davvero aperta, che include le questioni più disparate – da problematiche fiscali o amministrative, come ad esempio le modifiche statutarie, ad altre più “sostanziali”, come può essere nel caso di attività di ricerca legale);
  • La Clearing House valuta e rifinisce la richiesta, aiutando la ONG a definire meglio termini e condizioni della domanda di assistenza (e, nel caso di questioni particolarmente complesse, una tabella di marcia) nonché a identificare e correggere potenziali criticità e valutare l’impatto dell’attività;
  • La Clearing House provvede poi a presentare la richiesta al network e a individuare un fornitore di assistenza legale (la scelta è generalmente operata sulla base del criterio “primo arrivato, primo servito” – a cui si può però ovviamente derogato nel caso in cui vi siano esigenze di match-making più specifico);
  • Anche quando la ONG ha trovato il suo fornitore di assistenza legale pro bono, la Clearing House rimane parte del processo, che monitora, facilita e valuta.

Nella nostra simulazione abbiamo utilizzato un esempio di richiesta, che ci è servito a impostare il lavoro nei vari aspetti, riflettendo sui processi dell’attività pro bono e sull’interazione tra i diversi attori:

  • La ONG X, attiva nel settore dell’assistenza a migranti e rifugiati, fornisce assistenza legale a un richiedente asilo la cui richiesta di protezione è stata rifiutata dalla Commissione Territoriale. Un avvocato che collabora con la ONG sta già seguendo il di lui appello di fronte al Tribunale, ma ha bisogno di assistenza per mettere insieme una consistente e forte documentazione che dimostri la parzialità delle Informazioni sul paese d’origine (cosiddette Coi) sulle quali la Commissione ha fondato la propria valutazione. La ONG X si rivolge quindi alla Clearing House Y per chiedere supporto relativamente alla produzione di tale ricerca;
  • La Clearing House Y aiuta la ONG X a specificare il contenuto e le tempistiche della richiesta ed evidenziare il potenziale impatto strategico tanto della ricerca quanto del contenzioso in cui essa sarà utilizzata. Tale lavoro può infatti contribuire a dimostrare la necessità di una revisione organica di tutte le Coi utilizzate dalle Commissioni territoriali italiane e dalle diverse autorità competenti degli altri paesi – che presentano numerose criticità, come evidenziato da un recente studio;
  •  La richiesta della ONG X è presentata al network Pro Bono dalla Clearing House Y, che ne evidenzia elementi fondamentali e impatto strategico;
  • Gli avvocati e gli studi legali coinvolti nel network Pro Bono valutano la richiesta e la propria capacità di prenderla in carico con successo (considerando la propria competenza ma anche la presenza di eventuali conflitti d’interesse); coloro che sono interessati a seguire il caso contattano la Clearing House Y per dare la propria disponibilità;
  • La Clearing House Y affida il caso a un avvocato/studio legale e provvede poi a monitorare la fornitura dell’assistenza legale, valutando il rispetto delle modalità e tempistiche sino alla conclusione;
  • La ONG X riceve assistenza legale di qualità dall’avvocato/studio legale e la mette a frutto per ottenere il riconoscimento della protezione internazionale al richiedente asilo (nonché un importante precedente giurisdizionale!).

Ti abbiamo convinto a sperimentare il potenziale dell’assistenza legale pro bono?
Contatta il nostro centro di azione legale per saperne di più e scoprire come partecipare (tanto per ricevere quanto per dare assistenza)!