Adam e i suoi 153 giorni di detenzione illegittima al CPR di Potenza

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Con la collaborazione dell’avv. Nicola Datena

Il limite massimo della detenzione amministrativa in CPR è di 90 giorni, prorogabile eccezionalmente a 120. Ma al contrario della pena carceraria, che ha durata predeterminata e certa stabilita dal Giudice in sentenza, e che non può essere scontata più volte, la detenzione amministrativa, nella prassi, viene scontata dagli stranieri più volte. Può dunque capitare che uno straniero, dopo aver scontato 120 giorni in CPR, venga liberato e poi nuovamente trattenuto. Una prassi illegittima e incostituzionale, che si fonda sull’idea – avallata anche da parte della giurisprudenza – secondo la quale il decreto di espulsione, che è il presupposto della detenzione amministrativa, non perde efficacia fino alla sua esecuzione o “fino a quando non venga sostituito da altro decreto di espulsione” (cfr. Cass. 20662/2017 e Cass. 20579/2021). Dunque, interpretando alla lettera quanto sopra, fin quando lo Stato non riesce materialmente ad eseguire l’espulsione dei ristretti in CPR (e mediamente, negli ultimi 20 anni, non vi è riuscito in oltre il 50% dei casi) potrà liberamente disporre della loro libertà personale reiterando all’infinito detenzioni nelle prigioni amministrative.

Ovviamente chi scrive è convinto che la legge vieti l’aberrazione della detenzione amministrativa reiterata; perché l’habeas corpus, l’inviolabilità della libertà personale e la salvaguardia della libertà individuale contro eventuali abusi dello Stato, sono la pre-regola del vivere democratico.

Tuttavia, queste reiterazioni delle detenzioni amministrative accadono nella vita reale e sulla pelle delle persone. Anche ai danni di individui gravemente malati e che nei CPR – sempre secondo la legge – neanche dovrebbero finirci. L’ultimo caso che abbiamo riscontrato ha riguardato Adam (nome di fantasia) che è stato liberato lo scorso 3 ottobre dopo 153 giorni di prigionia amministrativa subiti in due detenzioni ravvicinate nel tempo. 

LA PRIMA DETENZIONE DI ADAM (10 febbraio – 7 giugno 2022)

Abbiamo più volte denunciato le condizioni disumane in cui versa il CPR di Potenza Palazzo San Gervasio – definita la  “Guantanamo italiana”  – e abbiamo già in parte raccontato della illegittima (prima) detenzione di Adam, protrattasi dal 10 febbraio al 7 giugno 2022, nonostante le sue precarissime condizioni di salute (“rischio vita”) e nonostante la presentazione di due ricorsi d’urgenza alla Corte Edu, di un reclamo al Garante nazionale e di una segnalazione al Presidente del Tribunale di Potenza sulle disfunzioni dell’Ufficio del Giudice di Pace di Melfi.

Racconteremo la tragica storia di Adam integralmente nel prossimo report “Buchi Neri”. Qui basti ricordare brevemente la sua storia detentiva. 

La convalida del trattenimento senza visita dell’idoneità alla vita ristretta

Adam viene fermato a Roma il 9 febbraio 2022 e condotto il giorno successivo al CPR di Potenza (nonostante la disponibilità di posti anche al CPR di Ponte Galeria) in forza di un provvedimento di espulsione del lontano maggio 2020. Fa ingresso in istituto senza che vi sia la visita medica di ingresso da parte del personale dell’azienda ospedaliera territoriale, ma semplicemente con un certificato redatto dall’ASL RM 3 che si limita a certificare l’assenza di patologie infettive. Tale attestazione è utile solo a ritenere che non vi è il rischio che il nuovo trattenuto potrà contagiare gli altri ma non per verificare l’assenza di patologie “acute o cronico degenerative che non possono ricevere le cure adeguate in comunità ristrette” (art.3, co. 1 Regolamento CIE allora vigente). Sul punto si osserva che la Cassazione ha ritenuto il previo accertamento delle condizioni di salute degli stranieri “condizione ineludibile di validità del trattenimento” (Cass. 15106/2017). Ne deriva, pertanto, che la convalida del trattenimento del sig. Adam, essendo avvenuta senza una certificazione di idoneità alla vita in comunità ristretta ex art.3 del Regolamento Unico CIE, debba considerarsi illegittima. 

Il mancato accesso al fascicolo, il ricorso alla Cedu e l’imminente “rischio vita” in caso di mancato ricovero

La prima (ed unica) certificazione circa l’idoneità alla vita ristretta verrà rilasciata soltanto dopo ben 20 giorni dalla convalida del trattenimento, in data 1 marzo, e soltanto dopo il deposito di una richiesta di misura cautelare alla Corte EDU. Solo grazie al ricorso alla Corte di Strasburgo, effettuato nell’ambito del progetto “Rule 39”,  la difesa riesce ad entrare in possesso della documentazione contenuta nel fascicolo processuale, gelosamente custodito come un bene privato. E dalla lettura di tale documentazione si apprende che è stata ritenuta compatibile con la detenzione in CPR una persona che necessita di ben 9 esami strumentali ed il cui quadro clinico “necessita di approfondimento con risonanza magnetica (colangio-RM) e successiva valutazione gastroenterologica”. 

Ricevuti i referti di tali esami clinici, in data 20 marzo 2022 il difensore richiedeva tempestivamente una consulenza gastroenterologica sugli stessi.  A tal riguardo la dott.ssa incaricata evidenziava come: “il signor. xxxx è stato sottoposto in data 17/03/22 a valutazione ecografica con il riscontro di coledocolitiasi. Questa condizione, se non trattata tempestivamente, può dare luogo a complicanze rischiose per la vita come la colangite e la pancreatite acuta. Il paziente attualmente riferisce intenso dolore in ipocondrio destro-epigastrio, brividi scuotenti e l’emissione di urine ipercromiche, sintomi suggestivi di ittero ed infezione della via biliare. Si rende pertanto necessario il ricovero in ambito ospedaliero, per un rapido e adeguato inquadramento diagnostico-terapeutico ed eventuale indicazione all’esecuzione di Colangio-Pancreatografia Retrograda Endoscopica (CPRE) per la rimozione dei calcoli”. 

Il rigetto dell’istanza di riesame con motivazione apparente

Alla luce delle drammatiche condizioni di salute del sig. Adam, decorso inutilmente il termine per il deposito degli esiti degli esami clinici, il difensore sollecitava ulteriormente il giudice di Pace a decidere sull’istanza di riesame e sulla richiesta di misure cautelari ad essa connesse, reiterando la richiesta di immediata liberazione del sig. Adam e provvedendo altresì a depositare le valutazioni della dott.ssa Frassino, che evidenziavano la possibilità di un imminente rischio per la vita del sig. Adam, laddove non avesse ricevuto tempestivamente adeguate cure sanitarie previo ricovero in ambito ospedaliero

Solo in data 28 marzo 2022, ovvero ben 37 giorni dopo il deposito dell’istanza di riesame, 19 giorni dopo la celebrazione dell’udienza di riesame e 9 giorni dopo l’inutile decorso del termine perentorio per il deposito degli esiti degli esami clinici – a dispetto della conclamata urgenza dell’istanza di riesame e dei numerosi solleciti – veniva notificata al difensore del sig. Adam la decisione del Giudice di Pace di Melfi, adottata in data 25 marzo 2022. Con tale atto il Giudice di Pace di Melfi, sciogliendo la riserva, rigettava l’istanza di liberazione e confermava il provvedimento di convalida del trattenimento del sig. Adam. In particolare, il Giudice di Pace di Melfi – nonostante l’esistenza del “rischio vita” emergente dalla consulenza della dott.ssa Sara Frassino – evidenziava come “dalla documentazione in atti non risulta che l’odierno trattenuto, per le sue condizioni di salute, non sia idoneo alla vita in comunità”. In sostanza, il Giudice di Pace di Melfi rigettava dunque l’istanza di riesame e di liberazione del Ricorrente sulla base: (i) del risalente certificato di idoneità rilasciato dalla ASP di Potenza in data 1° marzo 2022, senza aver tuttavia acquisito neanche uno degli esami clinici che la stessa ASP di Potenza aveva prescritto; (ii) di un esame medico futuro – la risonanza magnetica (Colangio rm) – non ancora espletato, i cui esiti erano ovviamente – e sono tuttora – sconosciuti. La decisione del Giudice di Pace sembrerebbe del tutto illogica e illegittima, avendo quest’ultimo in un primo momento assegnato termini per il deposito degli esiti di detti esami clinici prescritti dall’ASP di Potenza – evidenziandone dunque la rilevanza nella valutazione dell’idoneità o meno del sig. Adam al trattenimento – per fondare poi la propria decisione non già su detti esami (mai depositati e, molto probabilmente, non integralmente espletati) bensì sugli esiti (ovviamente ignoti) di un esame medico non ancora espletato. 

La liberazione per decorrenza dei termini

Nelle successive udienze di proroga si sono inutilmente reiterate le richieste di liberazione ed infine il sig. Adam verrà liberato per la decorrenza dei termini massimi di detenzione amministrativa soltanto il successivo 7 giugno. Come stigmatizzato dall’avvocato Gennaro Santoro, difensore di fiducia del sig. Adam “Non ho mai provato più frustrazione in 15 anni che esercito questo mestiere. Nonostante sia stata fornita piena prova dell’incompatibilità con la vita ristretta e siano state denunciate al Presidente del Tribunale di Potenza le numerose irregolarità commesse dall’Ufficio del Giudice di Pace di Melfi, il mio assistito ha dovuto scontare per intero la detenzione in CPR. Il mancato intervento del Presidente del Tribunale di Potenza, così come il mancato coraggio dei giudici della Corte Edu, restituisce al Giudice di Pace di Melfi l’idea che potrà continuare a disapplicare la Costituzione.”

 

LA SECONDA DETENZIONE DI ADAM (6 agosto- 3 ottobre 2022)

Dopo la liberazione per decorrenza dei termini massimi della detenzione amministrativa, Adam è tornato per un breve tempo in libertà (60 giorni) e riconsegnato alla sua marginalità, per poi essere nuovamente rispedito a Palazzo San Gervasio. Sempre in forza del provvedimento di espulsione del maggio 2020.

Sin dalla prima udienza di convalida, celebratasi lo scorso 6 agosto, si è evidenziata la illegittimità del trattenimento, trattandosi di straniero da poco rimesso in libertà che aveva già scontato la sua “pena” amministrativa senza che lo Stato fosse stato in grado di eseguire la sua espulsione.

Si è provato a spiegare al Giudice della convalida (lo stesso Giudice di pace che aveva convalidato il precedente trattenimento e le successive proroghe) che la funzione del CPR è di trattenere per il tempo strettamente necessario per l’identificazione e l’organizzazione del rimpatrio e, di conseguenza, una seconda detenzione, dopo l’infruttuosa prima detenzione, è da ritenersi illegittima. 

Ci si è poi spinti ad invocare la Costituzione, visto che l’udienza di trattenimento si stava celebrando oltre il termine massimo previsto dalla nostra Carta costituzionale. 

Come è noto, solo in via eccezionale la privazione della libertà personale può essere disposta ed eseguita dalle forze dell’ordine. Il legislatore ha individuato la detenzione amministrativa ai fini del rimpatrio tra i rari “casi eccezionali di necessità ed urgenza” per i quali l’autorità di pubblica sicurezza può decidere di limitare la libertà personale in attesa dell’autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria. Sembra scontato che, come previsto dall’art. 13 Cost., gli ordini di trattenimento presso i CPR, come in tutti gli altri casi previsti, devono essere convalidati e autorizzati da parte dell’autorità giudiziaria entro un massimo di 96 ore.

L’art. 14 del Testo Unico dell’Immigrazione, nel recepire i principi e la disciplina costituzionale, in merito ai provvedimenti provvisori di privazione della libertà personale, scandisce i tempi della convalida dell’ordine del trattenimento adottato dal Questore. In conformità con il dettato costituzionale è previsto come limite massimo della validità ed efficacia del provvedimento un massimo di 96 ore, scadute le quali, in assenza di una convalida da parte dell’autorità giudiziaria, “Il provvedimento cessa di avere ogni effetto qualora non sia osservato il termine per la decisione”.

Nell’interpretare la disciplina della detenzione amministrativa ai fini del rimpatrio e la procedura di convalida degli ordini di trattenimento adottati dal Questore, la Corte di Cassazione ha affermato più volte che “la misura del trattenimento costituisce una limitazione della libertà personale dello straniero che, pur senza essere detenuto, si trova tuttavia ristretto in una struttura separata, con conseguente sacrificio della sua libertà di circolazione sul territorio nazionale. In proposito, questa Corte ha affermato che il trattenimento dello straniero “…costituisce una misura di privazione della libertà personale legittimamente realizzabile soltanto in presenza delle condizioni giustificative previste dalla legge e secondo una modulazione dei tempi rigidamente predeterminata. Ne consegue che, in virtù del rango costituzionale e della natura inviolabile del diritto inciso, la cui conformazione e concreta limitazione è garantita dalla riserva assoluta di legge prevista dall’art.13 Cost., l’autorità amministrativa è priva di qualsiasi potere discrezionale e negli stessi limiti opera anche il controllo” (Cass. 3298/2017)

Il caso di Adam, in sede di convalida della seconda detenzione, sembrava uno di quei casi c.d. da manuale. Infatti, l’udienza di convalida del provvedimento adottata dal Questore in data 6 agosto 2022 alle ore 16.30 è stata fissata per il 10 agosto 2022 alle ore 14.30 ma, come puntualmente riportato sul verbale di udienza, è iniziata solo intorno alle 16.30. 

Il difensore, nel motivare l’opposizione alla convalida della misura del trattenimento, in via preliminare ha rilevato l’orario – 16.33 del 10 agosto 2022 – ed ha evidenziato che le 96 ore entro cui sarebbe dovuta intervenire la convalida dell’autorità giudiziaria erano ormai superate.

Il Giudice di Pace di Melfi, come appare evidente dal testo della decisione, senza alcuna motivazione esplicita e senza alcun riferimento alle eccezioni formulate dalla parte interessata, ha deciso di convalidare l’ordine di trattenimento adottato dal questore in contrasto con il dettato costituzionale e con le disposizioni dell’art. 14 commi 3 e 4 del Testo Unico Immigrazione.

Nel caso in commento la decisione del Giudice di Pace è intervenuta poco più di una decina di minuti dallo scadere del termine massimo delle 96 ed è una decisione che appare immediatamente illegittima. Se è vero che si è trattato di un ritardo che può essere ritenuto minimo ciò non può in alcun modo giustificare una interpretazione elastica e discrezionale di un’indicazione oggettiva come un termine temporale, a maggior ragione se si tratta di una norma costituzionale.

Nella tutela dei diritti fondamentali, nell’applicazione delle tutele previste dalla costituzione, soprattutto in materia di privazione della libertà personale, non è concepibile applicare un’interpretazione discrezionale o elastica. Al contrario la credibilità e la “giustezza”, anche solo apparente, dell’ordinamento giuridico vengono meno privando di legittimità le autorità, le istituzioni e la legislazione vigente. 

La liberazione di Adam e il rischio di una nuova detenzione

Nella successiva udienza di convalida della proroga (5 settembre) si sono riproposte le eccezioni sollevate in sede di convalida, ma sono state tutte rigettate con motivazione apparente. Il successivo 3 ottobre, alle ore 9.15, viene comunicato a mezzo PEC al difensore che poche ore dopo, alle ore 14.30, si sarebbe celebrata l’udienza di proroga della convalida. L’avv. Gennaro Santoro chiede di poter presenziare da remoto ma tale richiesta – al pari di altre -non riceverà alcun riscontro e viene pertanto presentato un reclamo al Garante nazionale.

Nel tardo pomeriggio, Il Giudice di Pace di Melfi non rileverà nulla sull’assenza del difensore di fiducia ma, finalmente, non convalida la proroga ritenendo che trattandosi di persona per la quale già è stata eseguita una precedente detenzione senza essere riusciti ad effettuare il rimpatrio, non vi sono concrete possibilità di riuscire nell’effettivo allontanamento dello straniero. 

Ora Adam è libero. Ma il rischio che possa essere nuovamente rinchiuso è concreto. Come in un drammatico gioco dell’oca. Dove però si gioca con la vita e la libertà delle persone. In carne e ossa.

 

Foto di copertina: CPR di Palazzo San Gervasio (foto: LasciateCIEntrare).