Il caso Assange in 6 punti

Julian Assange
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All’improvviso, il nome di Julian Assange è (di nuovo) sulle prime pagine di tutti i giornali e al centro di dibattiti infiammati. Il motivo? Un gruppo di esperti delle Nazioni Unite ha definito la sua permanenza nell’ambasciata londinese dell’Ecuador come “detenzione arbitraria” e esortato i governi britannici e svedesi a risolvere immediatamente la situazione.

Che cosa vuol dire esattamente tutto questo?
Facciamo un passo indietro e proviamo a fare il punto sul (sempre più) controverso caso Assange.

1. Chi è Assange e che cos’è Wikileaks?

In realtà, Julian Assange non ha bisogno di molte introduzioni: da quando il giornalista, programmatore e attivista australiano — in una parola, “cypherpunk” —  ha fondato Wikileaks nel 2006, di lui e della sua “organizzazione contro la segretezza di informazioni ritenute di interesse pubblico” si è fatto davvero un gran parlare.
Questo non è affatto sorprendente quando si consideri che sulla sua “Wikipedia non censurabile” sono stati pubblicati circa 8.5 milioni di documenti governativi — tra cui i giganteschi fascicoli relativi agli orrori del campo di prigionia di Guantanamo nonché alle guerre in Afghanistan — con il famoso video “Collateral Murder” — ed in Iraq. Tra gli altri “scoops” famosi, in ordine sparso: la pubblicazione di circa mezzo milione di messaggi inviati tramite cerca-persone durante l’11 settembre; la documentazione della pressione esercitata dall’amministrazione Obama per garantire anche all’estero l’impunità agli ufficiali che avevano praticato tortura sotto Bush; le rivelazioni sul culto di Scientology (che peraltro per Assange hanno certo un particolare significato, dato la sua storia di conflittualità con la setta).

2. Qual è il caso contro Assange?

Nel settembre 2010, un pubblico ministero svedese ha riaperto le indagini per un caso di violenza sessuale che era stato lasciato cadere poche settimane prima. Il caso aveva come protagonista proprio Julian Assange, accusato di aver molestato e violentato due donne durante una sua visita estiva in Svezia.

Si noti: le dinamiche dei fatti riportate dalla “signorina A” e la “signorina W” ed il loro successivo utilizzo (da parte delle autorità svedesi ma anche dallo stesso avvocato delle due donne) sono davvero molto controverse (per usare un eufemismo) — e questo lo si dice pur nella consapevolezza dell’importanza di prendere sempre con la dovuta serietà le denunce di violenza delle donne. Sostanzialmente, Assange è accusato di “comportamenti sessuali scorretti” (più precisamente: di aver imposto il non-utilizzo del preservativo in rapporti altrimenti consenzienti).
In ogni caso, Assange non è mai stato formalmente accusato: perché questo accada, dovrebbe infatti essere prima interrogato dalle autorità svedesi, cosa che non è mai avvenuta.

Comunque, la Svezia ha emesso un mandato di arresto internazionale, in esecuzione del quale Assange — che si trovava a Londra — è stato arrestato dalla polizia inglese, a cui si era presentato spontaneamente, e quindi ristretto nella prigione di Wandsworth per dieci giorni.
Assange è stato poi rilasciato su cauzione, sotto condizioni piuttosto stringenti (e cioè: ritiro del passaporto e obbligo di firma ma anche bracciale elettronico e coprifuoco notturno), ed ha iniziato la sua battaglia giudiziaria contro l’estradizione verso la Svezia. Il fondatore di Wikileaks ha infatti il (fondato) timore che da lì sarebbe poi successivamente estradato negli Stati Uniti per essere processato per i crimini di spionaggio di cui lo accusa una indagine segreta del Grand Jury. I suoi appelli nelle Corti britanniche sono però stati tutti vani e nel giugno 2012 è infine arrivato il definitivo rifiuto della Corte Suprema.
[Nel frattempo, tre dei quattro capi d’imputazione sono caduti per intervenuta prescrizione ma rimane l’accusa per una cosiddetta fattispecie minore di stupro.]

3. Perché Assange vive nell’ambasciata dell’Ecuador da anni?

Poco dopo la pronuncia della Corte Suprema, in una notte del giugno 2012, Assange ha infranto il suo coprifuoco per attraversare Londra e rifugiarsi nell’ambasciata dell’Ecuador. Dopo un paio di mesi, il titolo del suo soggiorno in quello che, secondo il diritto internazionale, è da considerarsi suolo ecuadoriano è stato formalizzato, venendogli infatti riconosciuto asilo politico. La motivazione? Il concreto rischio di negazione di giusto processo prima in Svezia e poi negli Stati Uniti (riconoscendo la forte probabilità di tale seconda estradizione).

L’idea originaria era di trovare il modo di portare Assange in Ecuador, ma ciò si è rivelato impossibile (nonostante siano stati presi in considerazione i metodi più disparati, compreso quello di nascondere Assange dentro una valigia). Questo per via dell’assedio della polizia inglese, che ha immediatamente circondato l’edificio quando Assange vi è entrato, e, da allora, lo tiene sotto continua sorveglianza (attività peraltro piuttosto costosa — si parla di più di 13 milioni di sterline). Sono quindi ormai 2000 giorni che Assange vive in un appartamentino di 18 metri quadri nell’ambasciata ecuadoriana.

4. Che cos’è il Gruppo di Lavoro sulla detenzione arbitraria delle Nazioni Unite e cosa ha detto su Assange?

Il Gruppo di Lavoro sulla detenzione arbitraria è un gruppo di cinque esperti indipendenti che — su mandato del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite — indaga su casi di detenzione arbitraria e produce opinioni a riguardo, che gli stati devono poi tenere in “dovuta considerazione”.

Il 5 febbraio 2016 il Gruppo di Lavoro ha reso pubblica la propria Opinione sul caso Assange: 17 pagine per affermare che il fondatore di Wikileaks è arbitrariamente detenuto dalla Svezia e dal Regno Unito e chiedere a tali stati l’immediata cessazione di tale situazione nonché il risarcimento di Assange. Più specificamente, il comitato ha valutato che la privazione di libertà di Assange sia classificabile come detenzione arbitraria di “categoria III” (e cioè dovuta a una grave violazione del diritto a un giusto processo).

5. Qual è stata la reazione del pubblico all’Opinione del Gruppo di Lavoro?

Dire che l’Opinione del Gruppo di Lavoro abbia sollevato un dibattito sarebbe un eufemismo.

Alcuni hanno salutato il pronunciamento del comitato speciale delle Nazioni Unite come una “importantissima vittoria legale per i diritti umani”, sottolineando come abbia grande valore non solo nella tutela dei whistle-blowers ma anche con riferimento alla situazione dei richiedenti asilo ristretti in strutture detentive. L’Opinione fa infatti sua una lettura espansiva della detenzione de facto, includendovi la situazione di chi è costretto a scegliere tra la privazione della libertà ed il rischio di persecuzione.

Altri sono stati decisamente meno convinti. “Com’è stato possibile per le Nazioni Unite sbagliare proprio tutto su Assange?”, si è chiesto il notissimo opinionista giuridico Joshua Rozenberg sulle pagine del Guardian. La critica principale è che non alcuna credibilità l’affermazione che Assange sia stato detenuto, figuriamoci poi la valutazione del carattere arbitrario di tale privazione di libertà, dato che di fatto è sempre stato libero di decidere se e quando andarsene. Secondo questi critici, il ragionamento del Gruppo di Lavoro sarebbe insomma “debole, nella migliore delle ipotesi”, al punto da non avere alcuna prospettiva di successo davanti al vaglio più rigoroso della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Non solo giuristi e giornalisti hanno avuto da dire. La storia è infatti diventata virale anche sui social media, dove numerosi utenti si sono presi gioco dell’ampiezza del concetto di detenzione adottato dal comitato delle Nazioni Unite a colpi di tweets e memes.

6. Qual’è stata la reazione dei governi coinvolti e cosa succederà ora?

Sia la Svezia che il Regno Unito hanno rifiutato l’Opinione del Gruppo di Lavoro e annunciato “contestazioni formali”. Le autorità svedesi hanno negato di aver alcun controllo sulla decisione di Assange di lasciare l’ambasciata ecuadoriana e le loro controparti britanniche hanno espresso in maniera netta il proprio disappunto: il Ministro degli Esteri Hammond ha infatti definito l’Opinione “semplicemente ridicola”.

Per quanto concerne quello che succederà adesso — questa sì che è una domanda difficile. Per il momento, nulla è cambiato: fintanto che i governi svedesi e britannici rimarranno fermi sulle proprie posizioni, Assange resta confinato nell’ambasciata dell’Ecuador. Ed a prescindere da quello che uno dei pensi dei meriti e demeriti della pronuncia del Gruppo di Lavoro o dello stesso caso Assange, questo non è un lieto fine per nessuno — e sopratutto non lo è per i diritti umani. Infatti, si potrebbe ben dire che la decisione dei due governi europei di non tenere in alcuna considerazione l’Opinione del comitato delle Nazioni Unite stia stabilendo un “pericoloso precedente”.

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Questo post è una versione estesa di un explainer originariamente pubblicato su Rights Info (sito britannico di informazione sui diritti umani).