Advocacy, giornalismo e videotape – Festival del Giornalismo 2015

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Quale mezzo utilizzare per un’efficace lavoro di promozione e protezione dei diritti umani? Come raggiungere il maggior numero di persone possibile?

Questi sono gli interrogativi che hanno introdotto il panel “Advocacy, Giornalismo e Videotape” organizzato da CILD lo scorso 18 aprile, durante il Festival Internazionale del Giornalismo.

Balàzs Dénes, coordinatore dell’European Civil Liberties Project parte evidenziando come ormai i lunghi, dettagliati rapporti delle NGO siano utili solo agli addetti ai lavori e non usufruibili da un vasto pubblico, che invece gradisce video brevi ed emozionanti.
“Videos are more attractive and sexy” puntualizza.

Oren Yacobovich, video-maker di documentari proveniente da Tel Aviv, e CEO dell’organizzazione Videre est credere, ha deciso di usare questo strumento per dare voce ai palestinesi che vengono spesso ignorati dai media quando si tratta di documentare il conflitto israelo-palestinese. L’organizzazione di cui fa parte fornisce videocamere alle persone che vivono vicino alle zone sotto controllo israeliano e permette così direttamente ai palestinesi di documentare i fatti.

“Ma date le nuove tecnologie e le nuove opportunità, è possibile bypassare i media mainstream?” domanda il moderatore e fondatore di Demotix, Turi Munthe.
E ancora: quali sono i canali più efficienti attraverso i quali si può raggiungere il proprio pubblico?

Valeria Brigida, giornalista e blogger, è del parere che al momento i media di massa non possano essere bypassati.

E’ invece auspicabile diventare per essi un punto di riferimento, una fonte di informazioni attendibile. Collaborarvi, anche, tentando di correggere il loro lavoro nel momento in cui non condividono e commentano adeguatamente le informazioni.
Non ci si può permettere di fare diversamente, sostiene la giornalista: se non si punta anche sulla comunicazione tradizionale si corre il rischio di rivolgersi solamente al solito pubblico che già si interessa del tema.

Ma in che che senso la tecnologia cambia l’attivismo e il giornalismo? E la produzione e la diffusione di contenuti?

Gabi Sobliye, Senior Program Manager dell’ONG Tactical Technology Collective, illustra con un esempio l’impatto che la tecnologia può avere sull’attivismo: recentemente in Spagna dei manifestanti hanno inscenato una manifestazione di ologrammi in protesta contro una legge-bavaglio che restringe le libertà di manifestazione e l’accesso alla giustizia. Inoltre nascono sempre più numerose ONG che sostengono il lavoro degli attivisti proponendo loro mezzi e modalità nuove per trasmette un determinato messaggio.

Il panel si chiude spostando lo sguardo al futuro: le nuove tecnologie e Internet hanno eliminato il desiderio di storie, svuotate della loro forza d’impatto da un pubblico che non ha tempo di seguire una storia lunga? Sono i video il mezzo futuro per raccontare le storie?

Probabilmente i giornalisti diventeranno dei verificatori di storie piuttosto che coloro che le raccontano, sostiene Oren.

Balàzs Denes richiama l’attenzione sul fatto che al fianco dei classici giornalisti, con le loro grandi attrezzature, si presentano giornalisti improvvisati, con piccole videocamere.
I video diventeranno sempre più brevi e adattabili ai nuovi formati di tablet e smartphone.

Non c’è ancora una linea definita su quali saranno i formati di diffusione dei messaggi in futuro; in ogni caso, sostengono Brigida e Sobliye, la tecnologia e i nuovi formati -piccoli, brevi e rapidi – non riusciranno a strappare alle storie la loro forza d’impatto.