Il mondo al contrario del Generale Vannacci

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L’articolo è di Serafino Marco Fiammelli, militare per 41 anni, membro fondatore e già presidente dell’associazione Lgbti ebraica Magen David Keshet Italia e, attualmente, presidente del World Congress of LGBTQ+ Jews.

Ogni estate ci regala una notizia per tenerci svegli fino a settembre, quello che i britannici chiamano “the silly season“, la mancanza di notizie interessanti. I giornali non hanno nulla di meglio da pubblicare e ci raccontano storie da spiaggia.
Quest’anno ci ha pensato il Generale Vannacci.

Il suo libro sparato come un missile terra aria, pieno di luoghi comuni già sentiti e un po stantii. Se non facessero sempre tante vittime del consenso potrebbe rimanere nelle storie da spiaggia che si sgonfiano con la fine dell’estate. Il libro ha scalato subito le classifiche delle vendite, non saprei però quanti siano riusciti a leggerlo tutto.
Fastidio per tutto ciò che non è normale e normato dalla società, dalle leggi e dal buon senso comune, quello che sembra preoccupare molto il generale è la messa in discussione del pensiero maschilista e patriarcale e il suo principio dominante di: maschio, eterosessuale, bianco, cristiano.
Tutto ciò che declina uno solo di questi aspetti è pericoloso quindi da combattere.
Nel mondo al contrario del generale Vannacci ci sono tutti quegli individui non presenti nella lista del suo mondo al giusto.
Ci spiega che c’è più differenza tra delinquenti e persone per bene; uomo e donna; eterosessuali e omosessuali, “vogliono farci credere che tutto è uguale e invece esiste la normalità e la anormalità” .
E’ chiaro che non siamo tutti uguali, nessuno chiede questo, anzi direi il contrario, ci sono sempre più istanze per il riconoscimento di identità diverse e specifiche. Gli stessi diritti, le stesse prerogative, opportunità, rispetto e dignità, questo chiede la società del mondo al contrario.

Le ragioni che hanno portato il generale a esternare le sue idee, razziste, sessiste, omofobe, non le conosciamo veramente, potrei fare alcune ipotesi ma aspetterei a vedere l’evoluzione del suo exploit.

Negli ultimi giorni ho letto tanti commenti, anche di professionisti del diritto, affermare che Vannacci a norma di legge ha tutto il diritto di scrivere quelle che pensa perché la legge gli riconosce il diritto alla libera espressione del pensiero. Peccato che questi esperti non sanno, o hanno dimenticato, che l’articolo 98 della Costituzione prevede limiti dei diritti politici, per alcune categorie, come ad esempio militari e magistrati.

Nel dibattito è intervenuto prontamente il Procuratore Generale Militare De Paolis, facendo chiarezza e sgomberando il campo da ogni dubbio di natura legale: “in tutti i casi in cui a parlare sia un rappresentante, in servizio, delle istituzioni pubbliche non ci si può nascondere dietro la libertà d’espressione, che pure è naturalmente tutelata dalla Costituzione. Se a parlare è una persona qualsiasi, un anonimo e sconosciuto Mario Rossi, si è di certo liberi di scrivere quello che si vuole, ma se sei un rappresentante delle istituzioni, come un generale dell’Esercito, per di più in servizio, quello che viene detto ha un altro impatto, perché – e ciò vale soprattutto per i militari che vivono in un ambiente gerarchico dove la voce del comandante ha, all’interno, un peso diverso da quella di un privato cittadino – gli effetti e le ricadute sono assai diverse”.

Può una persona esprimere sentimenti di odio così come fa il generale avendo alle dipendenze uomini e donne che potrebbero appartenere a una o più di quelle minoranze che il generale vorrebbe mettere al bando?
Avere la prerogativa di decidere delle loro carriere? Avere la possibilità di rendere la loro vita quotidiana un inferno? No, certo che no.

Immaginiamo un magistrato che sostiene le stesse teorie e dovesse trovarsi a giudicare una di quelle persone messe al bando nel libro.

Il Ministro della Difesa Crosetto ha subito rimosso il generale dal suo comando mettendolo a disposizione di un alto Ufficiale. Ora non ha nessuno alle sue dipendenze. Il provvedimento è disciplinare e quindi influirà sulla carriera futura di Vannacci nel caso dovesse restare nell’Esercito. Dichiarando inoltre che “chiunque indossa una divisa e ha il potere e la autorizzazione a usare legittimamente la forza deve mostrarsi ed essere percepito come una persona senza pregiudizi. Chi ha bisogno di aiuto vuole sentirsi sicuro, qualunque sia la sua cultura, religione, sessualità. Se pensassimo che ci sono cittadini di serie A e di serie B, non rispetteremmo le leggi dello stato e della costituzione”.

Sulla questione è intervenuto anche il Generale Camporini, ex Capo di Stato Maggiore della Difesa, molto critico nei confronti di Vannacci: “Quando un generale arriva a commentare le parole del Capo dello Stato con nonchalance, il messaggio è devastante. Non ha interiorizzato la disciplina. Un militare – prosegue Camporini -, se vuole parlare con la catena gerarchica, fa richiesta di essere messo a rapporto e se questa viene accettata il superiore avrà la bontà di ascoltarlo, non è il contrario, invocare la libertà di opinione è una bufala. La Costituzione ammette che per i militari ci possa essere qualche limitazione all’esercizio di alcuni diritti”.

Un soldato ha dunque dei limiti nella libertà di espressione ma, ancor di più, non ha diritto a esprimere pubblicamente l’odio verso altri esseri umani. Se lo facesse non sarebbe nel posto giusto, non eserciterebbe con lucidità il suo servizio, non farebbe onore all’uniforme che indossa e alla Forza Armata.
Le Forze Armate rappresentano una parte importante della società italiana e delle istituzioni, una espressione di democrazia tra le più leali del nostro paese. Gli uomini e le donne sono formati nel rispetto dell’altro, nella importanza della coesione del reparto, nella importanza del sostegno reciproco, nel rispetto delle leggi e della costituzione. Nei miei 41 di servizio militare non ho mai sofferto la discriminazione né il bullismo per la mia omosessualità. Al contrario ho sempre trovato un ambiente sicuro e protettivo sin dai primi anni ’80 del secolo scorso. Purtroppo invece ho subito molto lo stigma di essere militare, questa parte di me è stata sempre banalizzata e ridicolizzata, una volta mi sono sentito dire “l’odio che provo per i militari è un sano pregiudizio”.
Lo spirito di corpo e il cameratismo compongono una parte fondamentale della formazione militare. Il rispetto, il sostegno e il mutuo soccorso sono i principi sui quali si basa un reparto militare addestrato anche per compiti per i quali è previsto l’uso delle armi.
Un bravo comandante che abbia capito bene cosa è l’azione di comando ha come suo primo compito quello di unire il suo reparto e rimuovere ogni ostacolo che possa essere elemento di disturbo o contrasto a questa attività. Un bravo comandante sa perfettamente che deve guadagnarsi la fiducia degli uomini e delle donne che ha alle dipendenze, questo può farlo solo con la stima reciproca e la autorevolezza, se fallisce in questo non dovrebbe restare in comando.
Da molto tempo abbiamo imparato a chiamare il nemico “forze di opposizione”, perché la parola nemico evocava odio e disprezzo. Un soldato non può odiare ma, al contrario, deve rispettare l’individuo che si trova di fronte in combattimento.

I vertici militari e delle difesa hanno dato prova di grande efficienza e fermezza, all’ombra delle polemiche e pregiudizi che da sempre ricoprono il mondo militare. Pregiudizi ideologici della sinistra che considera i militari violenti, guerrafondai, fascisti, lasciandoli in pasto alla speculazione ideologica della destra che li usa come espressione della propria propaganda.
Vannacci alla fine della storia avrà avuto il merito di aver fomentato questi pregiudizi con grave danno per l’immagine delle Forze Armate e dei militari. Ha messo in discussione i principi su cui si basano le Forze Armate uno su tutti quello di lealtà nei confronti delle leggi e della nazione.

[Foto di copertina: Foto di Tanushree Rao su Unsplash]