Superare il dl Salvini dove discrimina i figli delle coppie omogenitoriali

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Presentata un’interrogazione parlamentare dopo l’e-book di CILD.

Mettere fine alla discriminazione per le coppie omogenitoriali nel richiedere la carta d’identità elettronica per i propri figli. È questa la richiesta che ha avanzato la nostra Coalizione, al momento del lancio dell’e-book “Genitori all’anagrafe e discriminazioni”. Un appello raccolto nel question time al Senato da Monica Cirinnà con una precisa richiesta alla ministra Lamorgese, e alla Camera da quattro deputati di Liberi e Uguali, Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Italia Viva, che hanno presentato un’interrogazione al governo.

La questione ruota attorno alle modifiche introdotte dal decreto Salvini del 31 gennaio 2019 il quale ha portato a prevedere che la richiesta di carta d’identità elettronica per i minori non sono più i “genitori”, ma specificatamente la “madre” e il “padre”. Un cambiamento non solo terminologico, ma che pone problemi ai nuclei familiari omogenitoriali. Questa modifica crea, infatti, enormi difficoltà nel caso in cui il nucleo familiare che richiede il rilascio della carta d’identità elettronica sia composto, oltre che dal minore, da due genitori che non rientrano nello schema istituzionale “padre” – “madre”. 

Sono numerose ed evidenti le violazioni delle norme di rango costituzionale in cui incorrono le disposizioni del decreto, a partire dal contrasto con l’art. 2 della Costituzione, che tutela il diritto al rispetto della propria identità, con l’art. 3 della Costituzione, che sancisce il principio di eguaglianza, e con l’art. 16, che garantisce la libertà di espatrio. Ma sostituire il termine “genitori” con la dicitura “padre” e “madre” significa anche tradire il best interest of the child, nonostante la giurisprudenza interna, sia di merito che di legittimità, risulti avere adottato sempre più il primario interesse (del fanciullo) dei minori quale parametro giuridico interpretativo.

Inoltre, per veder riconosciuto il diritto al rilascio di questo documento, nell’attuale formulazione, uno dei due genitori – in caso di famiglie composte da due padri o due madri – può andare incontro a questioni di rilevanza penale se dichiarasse il falso, attribuendosi un’identità non reale pur di ottenere il rilascio di questo documento. 

Da qui la richiesta della nostra Coalizione di abrogare il decreto Salvini nella propria totalità e, comunque, nel particolare questo passaggio. Ed è proprio sull’intenzione del governo, per sanare questa evidente discriminazione, che si concentra l’interrogazione dei quattro Parlamentari (Erasmo Palazzotto, Giuditta Pini, Gennaro Migliore, Gilda Sportiello).

“Nel gennaio dello scorso anno l’allora ministro Salvini ha voluto compiere un atto di pura propaganda per accontentare l’elettorato dei cattolici integralisti di ultradestra che lo hanno favorito alle elezioni. Per pagare questo dazio non si è fatto scrupolo di calpestare la dignità dell’intera comunità gay, lesbica e trans italiana, colpendo in maniera miserevole i diritti dei figli presenti e riconosciuti all’interno delle famiglie omogenitoriali, che già soffrono di una condizione di forte disuguaglianza rispetto ai figli delle cosiddette “famiglie tradizionali”. È tempo che si ponga fine a questa scellerata azione di bullismo istituzionale, una delle tante compiute dall’ex ministro. Per questo ringraziamo i membri del Parlamento che hanno hanno preso a cuore la questione e confidiamo in una rapida ed efficace soluzione da parte della ministra dell’Interno Luciana Lamorgese”. Queste le dichiarazioni di Flavio Romani, vice presidente della Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili.

“Il Governo deve eliminare immediatamente, con un unico tratto di penna, le conseguenze nefaste generate dal decreto del 31 gennaio 2019: un decreto che, obbedendo a pure logiche propagandistiche, si è spinto a mortificare anche nominalisticamente l’identità personale dei figli e delle figlie di persone dello stesso sesso. Quel provvedimento, infatti, ha leso in un sol colpo la vita, la riservatezza, i diritti fondamentali e la dignità di famiglie che, dobbiamo ricordarlo, tali già sono – e a tutti gli effetti – anche per il diritto italiano: o in forza di pronunce di adozione / di riconoscimento di atti di nascita stranieri confermate dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, o in forza di sentenze con le quali un genitore, ai sensi della legge 164/1982 e in esercizio di propri diritti inviolabili, abbia modificato il sesso assegnato alla nascita. Il ripristino della dicitura “genitori” si rende allora necessario e non più procrastinabile, al fine di evitare che – in attuazione di quanto disposto dal TAR Lazio nel gennaio scorso – ciascuna famiglia composta da persone dello stesso sesso debba essere costretta a lamentare davanti a un Giudice civile la lesione dei propri diritti soggettivi ed ottenere singolarmente tutela per via giurisdizionale, con tutti i costi e i tempi connessi”. Dichiara invece Vincenzo Miri, presidente di Avvocatura per i diritti LGBTI – Rete Lenford.

“Il cosiddetto decreto Salvini è stato un atto di aperta discriminazione nei confronti delle Famiglie con due papà o due mamme riconosciute legalmente,  presenti ormai da anni nel nostro paese – dichiara Gianfranco Goretti presidente di Famiglie Arcobaleno, che continua,  “i cittadini di un paese civile si aspettano da chi governa, provvedimenti che tendono al miglioramento delle proprie vite: il decreto Salvini,  invece, ha messo ostacoli nella realtà di centinaia di famiglie italiane, per pura propaganda, senza nessuna necessità reale. Ci aspettiamo dal governo in carica l’immediata cancellazione di quel provvedimento, che ha riportato il nostro paese indietro di decenni”.

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