Palazzo Selam: la città invisibile (anche nel 2018)

Selam Palace
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Il 20 giugno, in occasione della giornata internazionale del rifugiato, è stato presentato il secondo rapporto su Selam Palace, la più grande occupazione abitativa romana di titolari di protezione internazionale. Dati e storie sono curati dai volontari di Cittadini del Mondo, l’associazione che da 12 anni opera all’interno dell’ex edificio universitario nel VII Municipio, con uno sportello socio-sanitario settimanale a beneficio dei circa 800 uomini, donne e bambini, provenienti quasi esclusivamente dal Corno d’Africa, che ci risiedono abitualmente, di cui il 41 per cento da oltre cinque anni.

Il nuovo documento esce a quattro anni di distanza dal primo rapporto, quando la realtà di Selam era caratterizzata dalla forte presenza di migranti ‘transitanti’, ovvero di coloro che, dopo il loro arrivo in Italia, tentano di non essere identificati per sfuggire al Regolamento di Dublino. Successivamente il loro flusso è diminuito, ma le condizioni di vita e le criticità per gli abituali abitanti del palazzo sono rimaste invariate.

Così Selam è diventato “l’emblema della politica italiana in materia di immigrazione”, come ha detto il presidente del VII Municipio, Monica Lozzi (M5S), durante la presentazione del rapporto. Una politica che “abbandona le persone dopo la prima accoglienza”, trasformando la speranza in disperazione senza punti di riferimento.

Il palazzo della vergogna

Situato nella zona periferica sudorientale de La Romanina, Selam Palace è rimbalzato all’occhio dell’opinione pubblica nazionale e internazionale nel giugno 2012, quando dopo una visita il Commissario del Consiglio Europeo per i Diritti Umani, Nils Muiznieks, ha definito “sconvolgenti” le condizioni all’interno. “Il palazzo è una vergogna per l’Italia,” denuncia la presidentessa e medico volontario di Cittadini del Mondo, Donatella D’Angelo, la quale ogni giovedì sera dalle 19 alle 22 insieme ad altri sette operatori tra cui medici, assistenti sociali e mediatori culturali presta assistenza sanitaria e orienta le persone ai servizi territoriali sociali e sanitari.

La dottoressa D’Angelo descrive una situazione di invivibilità generale: bagni insufficienti, acqua non potabile, tubature inadeguate, incendi, cedimenti strutturali. “Non ci dovrebbero vivere i bambini,” dice D’Angelo. Ed infatti gli operatori dell’associazione sostengono che negli ultimi anni molti di loro, arrivati ad una certa età, sono andati via.

Tuttavia, la vergogna non sta soltanto nelle condizioni fatiscenti del palazzo, ma anche – e soprattutto – nella precarietà burocratica e nella fragilità sociale in cui versano gli abitanti, nonostante il loro status di immigrati legalmente presenti sul territorio. Questo, come spiega Cittadini del Mondo nel rapporto, è dovuto in parte a criticità legate soprattutto alla residenza anagrafica che impediscono di fatto a molti utenti di esercitare determinati diritti fondamentali legati all’accesso ai servizi di base. È il caso, per esempio, dell’esercizio del diritto alla salute attraverso l’iscrizione gratuita al Servizio Sanitario Nazionale, di cui i titolari di protezione internazionale hanno l’obbligatorietà alla stregua dei cittadini italiani. Oltre ad intervenire sulle malattie gli operatori dell’associazione cercano quindi di intercettare gli utenti più vulnerabili, quelli che non possono o non riescono ad accedere ai servizi sanitari, per rimuovere gli ostacoli che ci impediscono loro l’accesso. E rilevano come “il maggior peso nella genesi e nell’esacerbazione delle malattie degli abitanti del Palazzo Selam è dato non da fattori biologici, ma dai cosiddetti ‘determinanti sociali di salute’”, ovvero tutti quei fattori sociali, culturali ed economiche che incidono sulla possibilità o meno di affrontare e risolvere una determinata problematica o malattia.

I dati sociali

I dati riportati nel rapporto sono stati raccolti attraverso una scheda di accesso allo sportello socio-sanitario compilata dagli operatori di Cittadini del Mondo, e pertanto danno un quadro ampio ma non completo della popolazione di Selam. Dal 2013 a febbraio 2018, 558 utenti si sono rivolti almeno una volta allo sportello chiedendo un supporto. Di questi, il 74 per cento sono uomini, oltre il 60 per cento ha tra i 31 ed i 50 anni e il 67 per cento sta in Italia da più di cinque anni. Il paese di provenienza maggiormente rappresentato è l’Eritrea (il 55 per cento), seguito dalla Somalia (il 20 per cento), l’Etiopia (il 15 per cento) e il Sudan (il 9 per cento). Il residuo 1 per cento è composto da cittadini italiani e di altre nazionalità. Il 56 per cento degli utenti è titolare di protezione sussidiaria, il 32 per cento di asilo politico ed il 3 per cento di protezione umanitaria. Il 76 per cento è disoccupato o inoccupato, mentre il 16 per cento è occupato con regolare contratto e l’8 per cento lavora in nero.

La disoccupazione e l’inoccupazione portano spesso a problemi sociali o di salute soprattutto mentale, come per esempio l’alcolismo, specialmente tra la popolazione maschile. “Più le persone sono isolate e più hanno difficoltà a motivarsi e andare avanti,” dice Marianna Maggi, project manager dell’associazione. Anche le difficoltà linguistiche rappresentano un ostacolo serio all’integrazione e all’inclusione sociale, in un sistema di accoglienza dove i corsi di lingua italiana previsti “non funzionano”.

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Presentazione del rapporto dell’Associazione Cittadini del Mondo “Selam Palace – la città invisibile”

Così nel 2010 Cittadini del Mondo ha aperto una biblioteca interculturale negli spazi di una scuola nel vicino quartiere Quadraro per dare agli abitanti di Selam un pretesto per uscire dal loro isolamento ed entrare in contatto con altre realtà del territorio. Oggi la biblioteca conta su un patrimonio di oltre 20.000 volumi in più di 25 lingue ed offre corsi di italiano per stranieri, oltre ad ospitare una sede distaccata dello sportello sociale il mercoledì ed il sabato, aperto anche ad altri utenti della zona.

I dati sanitari

Le problematiche sanitarie che portano gli utenti alle strutture di Cittadini del Mondo riguardano per il 14 per cento l’apparato muscolo-scheletrico, e per il 12 per cento le malattie infettive e parassitarie, soprattutto la scabbia, una patologia dermatologica facilmente trattabile riscontrata spesso in condizioni di sovraffollamento e di disagio abitativo. Altre categorie di problematiche frequentemente riscontrate sono quella dei “segni e sintomi mal definiti”, quella delle malattie gastroenterologiche e quella delle patologie croniche, come per esempio il diabete o l’ipertensione, che necessitano di terapie e attenzioni costanti difficili o impossibili in condizioni di precarietà. Infine, ci sono le problematiche mentali, quasi impossibile da risolvere in assenza di stabilità affettiva, economica e sociale.

Quello che i dati non dicono

Sebbene i dati permettono di capire il reale stato di integrazione degli utenti di Cittadini del Mondo, tralasciano un aspetto fondamentale: l’esperienza di chi vive a Selam. Un vissuto quasi sempre caratterizzato da sofferenze e soprusi subiti nel tentativo di sfuggire e cercare protezione da violenze o persecuzioni, e che spesso lascia delle cicatrici indelebili sul corpo e nell’anima delle persone. Si legge esplicitamente ed implicitamente nelle diverse storie riportate nel rapporto, a dimostrazione di quanto rimane importante la presenza dell’associazione all’interno del palazzo.

La collaborazione tra Cittadini del Mondo e il VII Municipio ha permesso, come si legge nel rapporto, di fare “degli importanti passi in avanti nel processo di approccio ai servizi territoriali” da parte degli abitanti di Selam. Ora bisogna mettere in atto delle politiche volte a garantire un’integrazione reale.

 

Foto di copertina via Flickr/Associazione Cittadini del Mondo