La criminalizzazione della solidarietà che Welcoming Europe vuole superare

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“Salvare vite non è un reato, vogliamo decriminalizzare la solidarietà”. Questa è una delle tre richieste principali – insieme all’ampliamento dei programmi di sponsorship rivolti ai rifugiati e al rafforzamento dei meccanismi di tutela dei diritti civili – dell’Iniziativa dei Cittadini Europei ‘Welcoming Europe, per un’Europa che accoglie’, che coinvolge comitati in 19 paesi europei e, tra questi l’Italia, dove la nostra Coalizione è tra i promotori.

In 12 paesi dell’Unione Europea distribuire alimenti e bevande, dare un passaggio, comprare un biglietto o ospitare un migrante è un comportamento per cui è possibile ricevere una multa o essere arrestati dalle autorità. Queste azioni di aiuto umanitario sono spesso sanzionate come se si trattasse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

All’origine di queste sanzioni una direttiva europea (che ha concesso agli stati membri di adottare sanzioni contro le violazioni commesse), la ‘facilitation directive’ che fornisce una definizione comune del concetto di “favoreggiamento dell’immigrazione illegale’: assistere intenzionalmente il cittadino di uno stato terzo ad entrare o transitare nel territorio dell’Unione Europea in violazione della legge; assistere intenzionalmente, e per un guadagno economico, un cittadino di uno stato terzo a risiedere nel territorio dell’Unione Europea in violazione della legge; l’istigazione o la partecipazione alla commissione di tali condotte”.

Negli ultimi mesi l’accusa di ‘favoreggiamento dell’immigrazione illegale’ è così stata utilizzata tanto contro alcune Organizzazioni Non Governative impegnate nei soccorsi nel Mediterraneo, quanto contro semplici cittadini e attivisti che, portando aiuto a migranti, sono stati perseguiti come fossero trafficanti di essere umani.

La criminalizzazione del soccorso in mare

Nel corso del mese di marzo l’imbarcazione dell’Ong Proactiva Open arms è stata posta sotto sequestro nel porte di Pozzallo in seguito ad un’operazione di salvataggio. L’odissea della nave spagnola era iniziata due giorni prima, il 18 marzo, dopo che l’imbarcazione aveva risposto ad una richiesta di soccorso lanciata da un gommone a largo della Libia salvando 218 migranti. Mentre i volontari stavano portando a termine le operazioni di salvataggio un pattugliatore della marina libica si era interposto tra loro e i migranti, impedendo di portare a termine il soccorso e chiedendo di consegnare le donne e i bambini appena salvati. In seguito a questo episodio, indagini sono state aperte contro il fondatore di ProActiva, Oscar Camps, il comandante della nave, Marc Reig Creus, e la capo missione dell’organizzazione Anabel Montes, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina, mentre la nave è stata posta sotto sequestro per essere poi dissequestrata dopo uno stato di fermo di quasi un mese.

Analoga sorte era toccata alla Iuventa, la nave di soccorso dell’Ong tedesca Jugend Rettet. L’imbarcazione era stata fermata il 2 agosto 2017 da un provvedimento del gip di Trapani con l’accusa di un eccessivo avvicinamento alle coste libiche e di contatti con i trafficanti per ‘consegne pattuite’ di migranti. A differenza della nave di Proactiva però, per la Iuventa lo scorso 24 aprile il sequestro è stato confermato dalla Corte di Cassazione di Roma.

Welcoming Europe

Attivisti processati per atti di aiuto umanitario

Tuttavia, le organizzazioni della società civile non sono le uniche ad essere sotto accusa. Negli ultimi mesi numerosi cittadini europei sono finiti sotto processo per aver essere andati in soccorso di alcuni migranti.
Uno dei primi casi fu quello di Cédric Herrou, un agricoltore della Val Roja a cui fu riconosciuta l’immunità penale che si applica agli atti umanitari, ma che fu tuttavia condannato dal tribunale di Nizza, il 10 febbraio 2017, ad una multa di 3mila euro con il beneficio della condizionale, per aver fatto entrare 200 migranti, tutti privi di documenti, in Francia.
Analoga condanna toccò a Francesca Peirotti, attivista italiana condannata ad una multa di mille euro sempre a Nizza per aver agevolato l’ingresso nel paese di 8 migranti irregolari.
Una sorte un po’ diversa è stata quella di Pierre-Alain Mannoni, un insegnante-ricercatore francese, assolto dallo stesso tribunale della Costa Azzurra in primo grado per l’aiuto che aveva portato a tre migranti eritrei, per poi essere condannato nel settembre dello stesso anno, dalla Corte d’appello di Aix-en-Provence, a 2 mesi di carcere con sospensione della pena.

Un caso simile a quelli appena descritti è quello che ha riguardato l’attivista francese Félix Croft, processato dalle autorità italiane per aver tentato di portare 5 persone (una famiglia composta da madre, padre e due bambini piccoli più lo zio dei bambini) proveniente dal Darfour in Francia. La richiesta della procura, condanna a 3 anni e 4 mesi più una multa di 50.000 euro, era giustificata dal fatto che qualcuno di queste persone avrebbe potuto essere affiliata a qualche organizzazione terroristica e di conseguenza un pericolo per la sicurezza. Sul caso intervenne anche il presidente della nostra Coalizione, Patrizio Gonnella, secondo cui “giustificare tale richiesta con ragioni di sicurezza, ovvero per il fatto che qualcuna delle persone trasportate sarebbe potuta essere un foreign fighter affiliato all’ISIS, giustifica un connubio, quello tra immigrazione e terrorismo, pericoloso e alimentato spesso a solo scopo propagandistico per un tornaconto elettorale”.
Il 27 aprile 2017, il tribunale di Imperia aveva assolto l’attivista, il quale aveva invocato ‘un semplice dovere di aiuto umanitario’, mentre la procura di Imperia ha presentato appello contro la decisione del tribunale.

Un episodio più recente è quello di Benoit Duclos, guida alpina francese accusata di traffico di essere umani per avere soccorso a 1.900 metri di altitudine una migrante incinta all’ottavo mese che, assieme alla sua famiglia, stava tentando di attraversare il confine tra l’Italia e la Francia attraverso le Alpi. Per questa azione di soccorso Duclos rischia ora fino a 5 anni di carcere. Un caso che ha fatto molto scalpore poiché verificatosi a distanza di pochi giorni da un episodio tragico avvenuto sempre su quella “rotta”. Un’altra donna incinta, di origine nigeriana, respinta dalla polizia francese si era sentita male e, ricoverata d’urgenza a Torino, era morta subito dopo il parto.

Casi e storie che fanno ben capire come il diritto alla solidarietà e il traffico di esseri umani siano due cose ben diverse che non possono finire sullo stesso piano.
Per questo, per ribadire questo concetto e mettere al centro delle politiche il salvataggio di vite umane, è importante sostenere Welcoming Europe, sottoscrivendo l’Iniziativa dei Cittadini Europei, che entro febbraio 2019 dovrà raccogliere un milione di firme.

 

Foto di copertina via Facebook/Proactiva Open Arms