Dove siamo rimasti? La legge sul fine vita
Continua il nostro viaggio tra le leggi che aspettano di essere approvate. Dopo aver parlato di cittadinanza e omofobia, oggi ci concentriamo sulla legge sul fine vita, un fronte sul quale, a pochi mesi dalla fine della legislatura, non ancora tutto è perduto.
Nonostante il nulla di fatto sulla legalizzazione dell’eutanasia a causa di un colpo di mano dei parlamentari il mese prima dell’avvio di questo dibattito, la Commissioni Affari Sociali della Camera ha iniziato nel febbraio 2016 la discussione sul testamento biologico. Discussione terminata con un’approvazione a larga maggioranza a Montecitorio ad aprile 2017.
La legge è ora in Senato, impantanata tra 2990 emendamenti, per la gran parte sottoscritti dal Nuovo Centro Destra, il partito del ministro degli Esteri Alfano. Incastrato tra i ritardi della Commissione Igiene e Sanità e l’ingolfamento della Commissione Bilancio, il testamento biologico è a serio rischio fallimento se la relatrice De Biasi non deciderà di inviare direttamente il testo in Aula, rimettendo il proprio mandato da relatrice, e se la capigruppo del Senato non calendarizzerà immediatamente la discussione alla ripresa dei lavori di settembre.
Qual è la situazione attuale?
In Italia le disposizioni anticipate di trattamento (DAT), il cosiddetto testamento biologico, hanno valore giuridico ma, non avendo un quadro normativo di riferimento, non sono immediatamente vincolanti. Ciò significa che se una persona che ha sottoscritto il proprio biotestamento perde la capacità di intendere e volere, i suoi fiduciari non possono imporre all’equipe medica il rispetto delle volontà espresse, ma devono ricorrere a un tribunale affinché ordini alla struttura sanitaria di interrompere i trattamenti sanitari. Ciò produce due effetti: da una parte solo chi ha abbastanza informazioni e denaro riuscirà ad intraprendere questa lunga strada (10 anni nel caso Englaro), dall’altra a seconda del giudice che capiterà ai ricorrenti si potrebbero ottenere sentenze molto diverse tra loro.
Già oltre 180 Comuni in tutta Italia hanno istituito registri comunali per raccogliere le DAT, in 6 Regioni giacciono proposte – alcune di iniziativa popolare – affinché queste siano inserite all’interno delle tessere sanitarie. E’ comunque già possibile autenticare il proprio testamento biologico presso qualsiasi notaio in Italia.
La legge in discussione
La legge arenata in Senato altro non farebbe che estendere il principio del consenso informato (previsto dall’articolo 32 della Costituzione) anche alla fase di vita in cui una persona perde le proprie capacità decisionali.
E’ formata da 7 articoli i quali specificano innanzitutto che nessun trattamento può avere luogo senza il consenso della persona che dovrà riceverlo. Il consenso non deve essere necessariamente scritto, ma può essere espresso anche attraverso dispositivi digitali. La persona interessata può rifiutare di ricevere le informazioni circa la propria condizione e può indicare una persona di sua fiducia incaricata di riceverle in sua vece. La volontà espressa dovrà essere rispettata dal medico che, di conseguenza, sarà esentato da responsabilità civili o penali. La persona potrà infine modificare le sue indicazioni in qualsiasi momento.
Per quanto riguarda minori e incapaci, il consenso al trattamento è espresso o rifiutato rispettivamente da genitori o tutore, tenendo tuttavia in conto, nel primo caso, la volontà dell’interessato in relazione alla sua età e al suo grado di maturità.
Sono inoltre introdotte le disposizioni anticipate di trattamento che permettono di premunirsi nel caso di eventuali future incapacità di autodeterminazione. Purché in pieno possesso delle facoltà mentali, i maggiorenni possono anticipare convinzioni o preferenze rispetto a scelte terapeutiche e trattamenti sanitari, compresi nutrizione e idratazione artificiali. La revoca e il rinnovo sono ammessi in ogni momento ed il medico ne è tenuto al rispetto.
I numeri ci sono. Manca solo la volontà politica
In Senato, così come alla Camera, i senatori favorevoli alla legge sono numericamente superiori ai contrari, anche se i media danno visibilità pressoché esclusiva a questi ultimi. Il problema principale è rappresentato dal poco tempo che ci separa dalla fine della legislatura, nonché dall’attendismo del PD che non decide ancora, se non a parole, di investire su questa legge. L’Italia rimane ultima in Europa sul fronte del fine vita e se in Senato passasse anche un solo emendamento sfumerebbe del tutto la possibilità di una legge anche in questa legislatura.