Diritti della donna e uguaglianza di genere in due rapporti

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Nei giorni scorsi la Commissione Europea per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere ha pubblicato due rapporti che fanno un bilancio sui diritti della donna, l’uguaglianza di genere e sul lungo lavoro per l’applicazione della direttiva del Consiglio sul principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi.

La povertà è donna

La prima constatazione fatta è che l’Unione europea è ancora a metà strada per quanto riguarda gli obiettivi prefissati per Europa 2020 sul raggiungimento dell’uguaglianza di genere, che ancora non vengono applicati in modo uniforme nei diversi Stati dell’Unione.

La Commissione ritiene che la categoria della popolazione più sensibile e vulnerabile alle politiche di austerità condotte questi ultimi anni nell’Unione, ma anche ai cambiamenti climatici in tutto il mondo, sia quella delle donne: oggi la loro posizione nelle società e i loro diritti fondamentali vengono rimessi in discussione in questi momenti di crisi economica, politica e ambientale. Oggi assistiamo infatti a una rinascita di movimenti ostili all’uguaglianza di genere, a favore della promozione e dell’applicazione dei ruoli tradizionali nella società, e che mettono in discussione diritti acquisiti: alcuni esempi vengono dalla Spagna nel 2015 e dalla Polonia nel 2016 sul tema dell’aborto, ma in modo più generale in tutti paesi europei dove i partiti populisti di estrema destra sono più forti.

Il bilancio che è stato fatto è basato sul Gender Equality Index, che misura il gender gap nel campo del lavoro, dell’accesso a risorse economiche, all’istruzione, al tempo libero e nel campo della politica e sulle politiche di salute pubblica.

Se le donne sono più presenti all’Università e con percentuali di laureate più alte, il loro tasso di occupazione, benché aumentato negli ultimi anni, rimane più basso di quello maschile, 64% contro 74%. Inoltre, due donne su tre continuano a occuparsi esclusivamente del lavoro domestico. Dal momento che le donne hanno più frequentemente lavori part-time e nel settore pubblico, continuano a essere maggiormente vittime del “glass ceiling”, il “soffitto di vetro” che impedisce loro di occupare posizioni più importanti: sono quindi molto più vulnerabili ai cambiamenti politici e alle politiche di austerità che toccano prima questi lavori. In più, i divari salariali continuano a essere del 16,5% tra uomini e donne – e il gap sale a 40% quando parliamo di pensioni. Di fatto, la Commissione ci dice che la povertà è sempre più un tema al femminile.

PH: Iga Lubczańska / Flickr Creative Commons.
PH: Iga Lubczańska / Flickr Creative Commons.

Una diseguaglianza nell’accesso a beni e servizi di base

Le diseguaglianze sono presenti anche nell’accesso ai beni e servizi nel campo delle assicurazioni, ma anche del tempo libero o dei divertimenti: le donne pagano premi assicurativi più alti rispetto agli uomini nella stessa situazione, sono diversi i prezzi e le convenzioni di accesso ai servizi, senza contare le prestazioni collegate alla gravidanza o alla maternità.

Questi problemi sono visibili anche nel settore dei trasporti. Mentre le donne sono le principali utilizzatrici dei trasporti pubblici, esse non sentono di essere sicure e sono in ogni caso le prime vittime di molestie e violenze sia fisiche che sessuali. Il rapporto rileva inoltre che sono donne all’80% le vittime di traffico di esseri umani, ma anche che “il 33% delle donne nell’UE ha subito violenze fisiche e/o sessuali, mentre il 55% ha subito molestie sessuali (il 32% sul posto di lavoro); che le donne sono particolarmente vulnerabili alla violenza sessuale, fisica e online, al bullismo elettronico e allo stalking” (il 18% delle donne è stato vittima di molestie online nell’anno in esame). Queste violenze sono ancora più forti se le persone sono discriminate anche per altri motivi: origine etnica, religione, orientamento sessuale o di genere. Per esempio, il 23% delle donne lesbiche e il 35% delle persone transgender sono state aggredite o minacciate fisicamente o sessualmente almeno una volta nei ultimi 5 anni. Le persone LGBTI sono vittime di uno rischio sproporzionato di discriminazione, a causa della loro identità o dell’orientamento sessuale, afferma infine il rapporto.

Un appello agli Stati per rafforzare le loro politiche a favore dell’uguaglianza di genere

A seguito di questi dati la Commissione domanda che gli Stati aumentino i loro sforzi per raggiungere gli obiettivi di Europa 2020. Primo tra tutti, il campo dell’istruzione, che dovrebbe essere un mezzo di sensibilizzazione all’uguaglianza di genere attraverso programmi senza rappresentazioni stereotipate, per eliminare violenze e discriminazioni sessiste, ma anche per incoraggiare la responsabilizzazione dei giovani uomini su queste problematiche.

Secondo, la Commissione domanda di inserire nelle legislazioni nazionali dei paesi membri l’identità di genere e l’orientamento sessuale, cosa che permetterebbe una protezione più larga delle persone LGBTI che sono particolarmente vulnerabile. Domanda anche un maggiore rispetto delle persone, per esempio fermandosi sulla politica di “normalizzazione sessuale” sistematica dei bambini intersessuali e lasciarli la scelta.

Si chiede inoltre che gli Stati offrano un’assistenza alle vittime e puniscano gli aggressori di molestie o discriminazione, al posto della tendenza attuale alla colpevolizzazione delle vittime. Domanda anche che gli spazi pubblici siano sicuri per tutti, sempre, perché la dignità umana dovrebbe essere una responsabilità condivisa da tutti gli attori, a tutti i livelli.

Pur senza aggiungere fatti o dati nuovi, il rapporto della Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere è di grande importanza perché mette in luce soluzioni in termini di sensibilizzazione e di responsabilizzazione di tutti gli attori, a tutti livelli, perché le violenze di genere o l’ineguaglianza tra i generi non sono problemi che devono essere trattati solo dalle vittime, ma vanno risolti a livello globale.