Con o senza documenti, i diritti umani restano gli stessi

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Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Liberties.eu, il sito di informazione del network European Liberties Platform, una rete informale di ONG europee che si occupano di libertà civili (e di cui CILD fa parte).

La Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza ha pubblicato delle Raccomandazioni Generali sulla tutela contro la discriminazione dei migranti irregolari.

Gli stati spesso usano il controllo dell’immigrazione come scusa per giustificare le pratiche che non rispettano i diritti umani o negano l’accesso ad alcuni servizi essenziali a chi è privo di documenti.

Lo stiamo vedendo chiaramente nella reazione decisamente discutibile che molti stati europei (e la stessa Unione Europea) hanno avuto di fronte alla “crisi” dei rifugiati. Il governo al potere in Spagna ha anche fatto appello al controllo dell’immigrazione per giustificare pratiche contrarie ai diritti umani, che vanno dall’esclusione delle persone immigrate senza permesso di soggiorno all’accesso all’assistenza sanitaria ai rimpatri sommari da Ceuta e Melilla.

I diritti umani prima di tutto

C’è che mette in luce l’irrisolvibile tensione tra il legittimo diritto degli stati di controllare i loro confini e gli obblighi in tema di diritti umani previsti dalle numerose norme internazionali. Secondo questa logica, l’equilibrio si sposterebbe talvolta verso il controllo dei confini e altre volte verso i diritti delle persone prive di documenti.

E’ importante chiarire che questo conflitto in realtà non esiste, perché si tratta di due principi che per loro natura non sono comparabili. I diritti umani si trovano di gran lunga al di sopra di ogni altra questione giuridica, compreso il controllo dell’immigrazione.

Come ha previsto la Commissione sui Diritti Umani, “il godimento dei diritti riconosciuti dal [Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici] non si limita ai cittadini degli Stati firmatari, bensì deve essere garantito a tutti gli individui, indipendentemente dalla loro nazionalità o dalle loro condizioni di persone apolidi, compresi i richiedenti asilo, i rifugiati, i lavoratori migranti e le altre persone che si trovano nel territorio o sotto la giurisdizione dello Stato Firmatario.”

La questione del rispetto dei diritti umani dei migranti ha ricevuto un’attenzione particolare da parte delle organizzazioni internazionali impegnate nella lotta alla discriminazione razziale, poiché molte pratiche adottate dagli stati nel campo del “controllo dell’immigrazione” possono provocare discriminazione contro alcune persone in base alle loro origini etniche o nazionali.

Queste organizzazioni hanno presentato delle linee guida agli stati per ricordare loro gli obblighi che hanno nei confronti delle persone che si trovano sotto la loro giurisdizione. Il Comitato ONU per l’Eliminazione della Discriminazione Razziale ha presentato tali linee guida pochi anni fa attraverso la Raccomandazione Generale Numero 30 sulla discriminazione contro i non cittadini, mentre la Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza (ECRI), un’organizzazione del Consiglio d’Europa, di recente lo ha fatto con la Raccomandazione Generale Numero 16 sulla tutela contro la discriminazione dei migranti irregolari.

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Le linee-guida dell’ECRI sono probabilmente le più chiare e complete che esistano al momento sul tema. Oltre a chiedere agli stati di rispettare e garantire l’esercizio dei diritti umani (comprese l’assistenza sanitaria e condizioni di lavoro adeguate) da parte dei migranti irregolari, li sollecita anche a separare le agenzie di stato responsabili del controllo dell’immigrazione da quelle agenzie responsabili dell’assistenza e della fornitura di servizi ai migranti.

Questo significherebbe allontanare tutte le autorità o gli enti che forniscono servizi (istruzione, assistenza sanitaria, sicurezza sociale, assistenza legale, giustizia, ecc.) da qualunque “interferenza da parte delle politiche e delle istituzioni di controllo dell’immigrazione.”

Inoltre, per rispettare la Raccomandazione Generale 16, gli stati dovrebbero approvare leggi che vietano alle organizzazioni pubbliche o private di condividere dati personali o l’informazione sullo status di irregolarità dei migranti con le autorità tranne che in circostanze davvero eccezionali previste dalla legge e solo quando tale condivisione di informazioni sia soggetta a verifica legale.

Proibito “l’abuso del controllo dell’immigrazione”

La raccomandazione prevede anche che gli stati proibiscano le operazioni di controllo dell’immigrazione (come i controlli dell’identità) vicino a luoghi come scuole, servizi sanitari, abitazioni di edilizia convenzionata, banche alimentari o istituti religiosi.

Per quanto riguarda le politiche e le questioni legali, la raccomandazione chiede agli stati di vietare “l’abuso del controllo dell’immigrazione o di altre attività delle forze di polizia per giustificare il profiling razziale” e di “garantire un controllo efficace e indipendente di tutte le pratiche di polizia.”

Al contempo, incoraggia gli stati a “prevedere delle tutele che garantiscano che i migranti irregolari che sono vittime di reati siano consapevoli dei loro diritti e siano messi nelle condizioni di denunciarli alle forze di polizia, testimoniare in tribunale e avere accesso alla giustizia e ad un effettivo risarcimento senza correre il rischio che i loro dati vengano trasmessi alle autorità responsabili del controllo dell’immigrazione.”

Profiling etnico in Spagna

Le autorità spagnole dovrebbero tener conto di queste linee-guida fornite dall’ECRI. Qui l’uso del profiling etnico è molto comune, poiché la polizia effettua controlli dell’identità allo scopo di controllare l’immigrazione. Questo tipo di controllo viene in genere realizzato nei pressi delle scuole o vicino ai centri Cáritas, come riportato dalla stessa ONG.

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Si teme inoltre che la Polizia Nazionale stia usando i dati del Registro Municipale dei Residenti per effettuare controlli incrociati con i dati sui permessi di soggiorno, per scovare i migranti irregolari a casa loro e avviare il processo di criminalizzazione nei loro confronti.

Essere inseriti del Registro Municipale dei Residenti è una condizione essenziale per accedere ai servizi pubblici, come l’assistenza sanitaria. Le autorità spagnole chiaramente non rispettano la raccomandazione che chiede di prevenire il rischio che i dati personali dei migranti irregolari siano usati contro di loro quando si trovano a denunciare i reati di cui sono vittime.

Denunciare reati è rischioso

La polizia non solo ha la possibilità di avviare procedure di controllo dell’immigrazione, ma è anche lo stesso soggetto a cui vengono presentate le denunce di reati. Quindi – eccetto nei casi di violenza di genere – chi è senza documenti si espone ad un rischio molto concreto di espulsione se si reca in una stazione di polizia per denunciare di essere stato vittima di un reato, il che rende queste persone estremamente vulnerabili.

E’ quindi urgente prendere dei provvedimenti per mettere fine a tali pratiche, che sembrano legali ma che nella pratica sono discriminatorie e minano l’esercizio effettivo dei diritti umani da parte dei migranti irregolari.

 

[I contenuti della piattaforma Liberties sono disponibili con licenza Creative Commons (CC BY-NC 4.0)].