Il paradosso italiano del proibizionismo

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Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Liberties.eu, il sito di informazione del network European Liberties Platform, una rete informale di ONG europee che si occupano di libertà civili (e di cui CILD fa parte).

Coltivare marijuana ad uso personale resta un reato in Italia, il che spinge i consumatori verso il mercato illegale, ma gli attivisti in tema di politiche della droga sperano che i prossimi eventi obblighino il governo a rivedere le sue posizioni sul proibizionismo

La Corte Costituzionale Italiana ha deciso che coltivare cannabis ad uso personale deve restare un reato. Questa decisione non fa che confermare il paradosso legale vigente: il proibizionismo in tema di droghe determina un incentivo al mercato illegale.

L’8 marzo la Corte Costituzionale Italiana ha confermato che la coltivazione di marijuana ad uso personale è un reato per la legge italiana. Di fatto, la corte non ha nemmeno considerato ammissibile la questione di costituzionalità, presentata dalla Corte di Appello di Brescia, sulla sanzione applicabile alla coltivazione ad uso personale.

Così come è ora, la legge italiana è incomprensibile: coltivare marijuana ad uso personale è considerato un reato, mentre comprarla sul mercato illegale è soltanto un illecito amministrativo. Il ricorso del tribunale di Brescia ha messo in luce questa incoerenza in relazione ai principi legali della razionalità e della considerazione della gravità del reato.

La sentenza della Corte Costituzionale non ha aiutato a risolvere questo paradosso e la situazione resta quindi insostenibile: se qualcuno vuole usare cannabis e minimizzare i rischi legali di questo comportamento, l’opzione migliore resta comprarla illegalmente – rivolgendosi quindi alle reti criminali – piuttosto che coltivarla a casa propria.

Riforma delle politiche sulla droga

Non è la prima volta che la Corte Costituzionale respinge una questione di costituzionalità di questo tipo: 20 anni fa, nel lontano 1985, la stessa corte aveva dichiarato che permettere di coltivarla a casa avrebbe portato ad un aumento della quantità di droga disponibile nel paese.

Le cose non sono cambiate molto nel decennio passato: come dichiarato dal presidente di CILD, Patrizio Gonnella, l’attuale politica sulla droga potrebbe essere così sintetizzata: “Vietare, punire, sanzionare, arrestare, giudicare e incarcerare.”

Le politiche italiane sulla droga dovrebbero essere riformate sull’onda degli esempi di successo attraverso gli sforzi di legalizzare e depenalizzare, come quelli di alcuni stati americani e del Portogallo. Inoltre, i dati parlano da soli: 250,000 persone arrestate in Italia per reati correlati alla droga tra il 2006 e il 2014 e quasi un bilione di euro spesi ogni anno per tenere in carcere gli autori di reati legati alla droga.

L’Italia si trova di fronte a una scelta: mantenere le sue politiche proibizioniste, che hanno già ucciso migliaia di persone, o trasformare completamente il suo approccio nei confronti delle droghe? Due opportunità importanti di riflessione e riforma sono all’orizzonte: la discussione nel Parlamento Italiano del nuovo disegno di legge presentato dal gruppo “Cannabis Legale” e la prossima sessione speciale dell’Assemblea Generale ONU dedicata alle politiche sulla droga. L’Italia cambierà finalmente rotta?