Ahmadreza Djalali. La CILD scrive alla Mogherini
All’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza
Federica Mogherini.
Ahmadreza Djalali, un uomo iraniano di 46 anni, residente in Svezia e da tempo collaboratore e ricercatore dell’Università del Piemonte Orientale a Novara presso il centro di ricerca in medicina dei disastri, è attualmente detenuto nel carcere di Evin e, a quanto denunciato dalla moglie, rischierebbe la condanna capitale. Djalali, abbiamo appreso, era solito recarsi in Iran per tenere workshop universitari. Tuttavia, lo scorso 24 aprile è scomparso.
Il fatto è stato denunciato di recente dalla moglie la quale ha raccontato che il medico iraniano sarebbe stato tenuto per tre mesi in isolamento assoluto, e per altri quattro parziale, nel Reparto gestito dal ministero dell’Intelligence, per poi essere spostato con gli altri prigionieri. L’accusa mossa sarebbe quella di spionaggio.
Dal 26 dicembre l’uomo è in sciopero della fame e ha perso circa 18 chili, con un netto peggioramento delle sue condizioni di salute.
Pochi giorni fa inoltre sarebbe stato ricondotto nel Reparto gestito dall’Intelligence dove sembrerebbe che il giudice del Tribunale della Rivoluzione Abolghasem Salavati gli abbia comunicato che verrà impiccato dopo il processo che si terrà entro una paio di settimane.
La società civile di diversi Paesi si è mobilitata, così come hanno fatto anche alcuni rappresentanti istituzionali italiani. Crediamo tuttavia che di questo caso debba interessarsi la stessa Unione Europea, assumendo tutte le iniziative diplomatiche affinché sia innanzitutto scongiurata la condanna a morte di Ahmadreza Djalali e successivamente affinché si faccia chiarezza sul suo caso e le accuse che gli vengono mosse.
Per tale motivo ci appelliamo a Lei, certi del suo interessamento.
Roma, 08/02/2017
Patrizio Gonnella, Presidente CILD