Dove siamo rimasti? La legge sull’omofobia

Share on FacebookTweet about this on TwitterShare on LinkedInEmail to someone
Print Friendly

C’è un altro provvedimento che – come per quello sulla cittadinanza di cui abbiamo parlato la settimana scorsa – è fermo al Senato: si tratta della legge che mira ad introdurre nel nostro ordinamento il reato di discriminazione e istigazione all’odio e alla violenza omofobica.

I casi di omofobia e transfobia sono ancora numerosi in Italia. Come mostra un rapporto di Arcigay nell’ultimo anno sono stati 196. Un dato che è quasi raddoppiato in un solo anno. Nel precedente rapporto ne erano stati censiti infatti 104.

Un numero preoccupante che rappresenta solo la punta dell’iceberg di un problema ben più grande sul quale lo stesso Consiglio d’Europa ha preso posizione, sottolineando come gli stati abbiano l’obbligo di proteggere le persone LGBTI dagli atti di violenza e dalla discriminazione che li vedono vittime, e che si stanno moltiplicando.

Una presa di posizione che tuttavia non ha avuto alcun effetto concreto sul dibattito italiano. E dire che su questo provvedimento si era partiti con grande tempismo arrivando ad approvare il testo a pochi mesi dall’inizio della legislatura. La Camera dei Deputati aveva iniziato già a luglio 2013 a discutere il testo, dando il via libera al disegno di legge già il 19 settembre 2013 e trasmettendo quattro giorni dopo il testo al Senato dove, da ormai quasi quattro anni, è bloccato in Commissione Giustizia.

IT_OmofobiaTransofobia

Cosa prevede la legge

Il provvedimento, il cui primo firmatario è il sottosegretario Scalfarotto, introdurrebbe nel nostro ordinamento il reato di discriminazione e istigazione all’odio e alla violenza omofobica, nonché, nella legge Mancino, l’aggravante di omofobia. Tuttavia questa sarebbe temperata dalla previsione esplicita – introdotta nel testo da un emendamento – che “non costituiscono discriminazione la libera espressione di convincimenti o opinioni riconducibili al pluralismo delle idee”, anche nel caso siano “assunte” in “organizzazioni” politiche, sindacali, culturali, religiose. Un passaggio, quest’ultimo, accolto con grande preoccupazione e forte contrarietà dalle associazioni che da anni chiedono questa legge. Ancor di più pensando che l’emendamento in questione andrebbe a modificare la legge Mancino, la quale sanziona la discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali – e che quindi diventerebbe più difficile da applicare anche su queste fattispecie di reato.
Se così fosse approvata anche al Senato, ad ogni modo, la legge prevede per chi istiga a commettere, o commette, atti di discriminazione per motivi fondati sull’omofobia o la transfobia, una condanna alla detenzione fino a un anno e sei mesi o la multa fino a 6 mila euro.
Una pena che sale fino a un massimo di 4 anni per chi “istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza”. Stessa pena è prevista anche per chiunque partecipi – o presta assistenza – a organizzazioni, associazioni o movimenti aventi tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi fondati sull’omofobia o transfobia. Per le persone che promuovono o dirigono gruppi di questo tipo la pena va da 1 a 6 anni.
Il disegno di legge inoltre prevede che l’Istat faccia rilevazioni con cadenza almeno quadriennale sulle discriminazioni e sulla violenza omofoba, elaborando i dati e individuando i soggetti più a rischio.

Le poche speranze di averla

A differenza di altri provvedimenti, sembra molto remota la possibilità che in questa legislatura si sblocchi la discussione intorno a questa legge. Il fatto che molte delle organizzazioni LGBT italiane la contrastino apertamente, proprio per la modifica introdotta dall’emendamento di cui dicevamo, ha di fatto eliminato gran parte dell’interesse del parlamento su questo tema. Di legge contro l’omofobia si tornerà a parlare con ogni probabilità nella prossima legislatura. Quanto meno difficile è infatti che l’attuale Senato possa approvare il testo eliminando la parte ‘incriminata’ per poi trasmetterlo a sua volta alla Camera per l’approvazione conforme.