La morte di Satnam Singh svela le piaghe del caporalato e del razzismo

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La morte di Satnam Singh svela le piaghe del caporalato e del razzismo nel settore agricolo italiano.
Il comunicato della Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili (CILD)

 

Nei giorni scorsi, nella provincia di Latina, Satnam Singh, un lavoratore agricolo di 31 anni, è rimasto vittima di un terribile incidente sul lavoro presso l’azienda agricola Lovato a Borgo Santa Maria. Questo episodio evidenzia ancora una volta un problema di sfruttamento, caporalato e mancanza di sicurezza sul lavoro che non possiamo ignorare. Inoltre, il caso di Singh mette in luce anche un altro grave problema, ovvero quello del razzismo e della discriminazione che molti lavoratori migranti subiscono quotidianamente nel nostro Paese, aggravando ulteriormente le condizioni di  lavoro e marginalizzazione in cui si trovano costretti. 

Il 17 giugno, Satnam Singh, lavoratore agricolo di 31 anni, è stato gravemente ferito da una macchina avvolgi plastica che gli ha tranciato il braccio destro e causato la frattura delle gambe. Invece di ricevere soccorso immediato, è stato abbandonato dal titolare dell’azienda davanti alla sua abitazione,  per evitare che venissero rese note le condizioni di lavoro all’interno dell’azienda in cui veniva sfruttato.
Satnam Singh è deceduto dopo 36 ore all’ospedale San Camillo di Roma a causa delle ferite riportate e della mancanza di un soccorso tempestivo. Un episodio che rivela un’atroce disumanità scaturita dal pensiero razzista nei confronti di persone straniere alle cui vite non viene riconosciuto alcun valore.

Questo terribile evento non è un caso isolato, ma rappresenta la punta dell’iceberg di un sistema di sfruttamento e condizioni di lavoro inaccettabili, spesso nascoste nell’ombra del lavoro nero, a danno di persone straniere rese prive di un titolo di soggiorno, costrette a lavorare in condizioni disumane, rese invisibili da leggi discriminatorie e razziste che si sono succedute in Italia negli ultimi 20 anni, a partire dalla Legge Bossi- Fini.

Le dichiarazioni del titolare dell’azienda, che ha attribuito la responsabilità dell’incidente a una presunta negligenza del lavoratore, sono inaccettabili e vergognose. Altrettanto inaccettabili sono le dichiarazioni del Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, la cui preoccupazione principale è stata quella di difendere le imprese agricole del Made in Italy. Sostenere che non si debbano “criminalizzare le imprese” e che la colpa di tali eventi sia da attribuire esclusivamente ai “criminali” coinvolti, significa spostare il focus dell’attenzione per ignorare la realtà delle condizioni di sfruttamento e lavoro nero che permeano il settore agricolo italiano, e che nelle nostre campagne sono la norma, non l’eccezione.

Satnam lavorava per 12 ore al giorno, senza contratto, e per una paga di 4 euro all’ora. La mancanza di diritti e di protezione per le lavoratrici e i lavoratori migranti è un problema che deve essere affrontato con urgenza.

I dati parlano chiaro: oltre 230.000 lavoratori agricoli sono impiegati irregolarmente, spesso in condizioni di sfruttamento inaccettabile. Ridurre questa complessità a una questione di singoli comportamenti criminali distoglie l’attenzione dalla necessità di una riforma profonda e strutturale di questo settore di lavoro e delle politiche discriminatorie e razziste che colpiscono le persone migranti in Italia, a partire dalla legge Bossi-Fini.

Il rilascio del permesso di soggiorno a Soni Singh, vedova di Satnam Singh, avvenuta solo dopo la tragica morte del marito, evidenzia una profonda ipocrisia nel nostro sistema. Non è possibile accettare che i diritti fondamentali di una persona vengano riconosciuti e tutelati solo all’indomani di eventi tragici che scuotono a livello mediatico l’opinione pubblica. Questo episodio mette in luce l’urgente necessità di riformare le politiche migratorie, garantendo protezione e dignità alle persone migranti senza dover attendere eventi drammatici, che si susseguono da anni, senza cambiamenti strutturali al sistema delle politiche lavorative e di quelle migratorie.

Il dato che evidenzia oltre mille morti sul lavoro nel 2023, e di circa 500 a giugno 2024, è un grave segnale d’allarme per la sicurezza nei luoghi di lavoro in Italia. Queste cifre, quasi tre morti al giorno nel 2023 e una media simile nel 2024, indicano una persistente emergenza che richiede interventi urgenti.

Il “decreto flussi” emanato per ovviare al problema della regolarizzazione delle persone lavoratrici straniere è un sistema fallimentare, rigido e inefficace, come denuncia da tempo la Campagna “Ero Straniero”, che lo scorso 30 maggio ha pubblicato il dossier “I veri numeri del decreto flussi: un sistema che continua a creare irregolarità”. Da questa analisi dell’impatto degli interventi normativi in materia di ingressi per lavoro emerge che nell’anno 2023 solo il 23,5% di chi è entrato in Italia per lavorare è riuscito a ottenere contratto regolare e documenti.

È fondamentale dare avvio a una  mobilitazione popolare, a una sensibilizzazione e una revisione delle normative che regolano il lavoro agricolo e l’immigrazione. La regolarizzazione e la protezione dei lavoratori e delle lavoratrici migranti devono essere prioritarie per garantire condizioni di lavoro dignitose e sicure. L’episodio di Satnam Singh deve servire da monito per l’intera società e per le istituzioni, affinché si ponga fine a queste pratiche disumane per costruire un futuro più giusto e umano per tutte le lavoratrici e i lavoratori.

Un problema strutturale come quello dello sfruttamento del lavoro nel settore agroalimentare richiederebbe risposte sistemiche su più fronti, in primo luogo sulla disciplina dell’ingresso e del soggiorno delle lavoratrici e dei lavoratori stranieri; in secondo luogo sulla disciplina del lavoro.

L’introduzione di un permesso di soggiorno per ricerca di lavoro e di un sistema di regolarizzazione ordinaria delle persone migranti potrebbe erodere il processo di clandestinizzazione forzata cui sono esposti migliaia di  lavoratori e lavoratrici stranieri.

L’abolizione del contratto di soggiorno, che vincola lo status giuridico del lavoratore  o della lavoratrice migrante alla titolarità di un contratto di lavoro, ne diminuirebbe la dipendenza dal datore di lavoro. La definizione di un salario minimo orario potrebbe limitare la corsa al massimo contenimento dei prezzi dei prodotti agricoli imposto dalle grandi catene di distribuzione alimentare.

Come organizzazioni della società civile esprimiamo la nostra più profonda solidarietà alla famiglia di Satnam Singh e chiediamo giustizia per lui e per tutti i lavoratori e le lavoratrici che subiscono sfruttamento e caporalato e che sono costretti a vivere come invisibili nel limbo dell’irregolarità.


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