La Corte di Giustizia dell’Unione Europea invalida il “modello Albania”
La Corte di Giustizia UE invalida il “modello Albania” e conferma che lo stato di diritto non può prescindere dal ruolo del potere giudiziario.
La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha chiarito che uno Stato membro può designare legislativamente un Paese terzo come “sicuro” solo se tale scelta è accessibile, verificabile e soggetta a controllo giudiziario effettivo
La decisione nasce da un rinvio pregiudiziale del Tribunale di Roma, che contestava la designazione del Bangladesh come “sicuro” — designazione alla base dei trasferimenti di persone soccorse in mare nei centri CPR in Albania e respinte con procedura accelerata.
La Corte, nella sua decisione, indica tre principi fondamentali:
– la designazione di un “paese sicuro” è lecita solo se controllabile dal giudice nazionale;
– le fonti su cui si basa la designazione devono essere accessibili sia al richiedente che al giudice;
– non si può includere nella lista un paese che non garantisca protezione sufficiente a tutti, anche a specifiche categorie vulnerabili.
“Questo pronunciamento – dichiara Laura Liberto, presidente di CILD – rappresenta una netta bocciatura del cosiddetto “modello Albania”, ossia il protocollo che prevede procedure rapide di respingimento in centri sul territorio albanese, costruiti ed operati dall’Italia. La sentenza ci porta a ribadire come i Centri di permanenza per i rimpatri (CPR), sia italiani che in Albania, siano strutture dove spesso si violano diritti fondamentali. Contraddice il governo che presenta il tema come una questione solamente politica, ricordando come uno Stato di diritto si regga su pesi e contrappesi e, dunque, confermando che il ruolo giudiziario sia fondamentale per tutelare le libertà civili e il diritto alla protezione internazionale. Al netto di questa decisione è urgente riaprire un dibattito pubblico per chiudere i centri CPR e rivedere le politiche migratorie alla luce dei diritti internazionali”.
“Come CILD – conclude Laura Liberto – chiediamo l’adozione di procedure trasparenti per la designazione dei paesi sicuri, la chiusura immediata dei CPR e l’abolizione del “modello Albania”, il rafforzamento dell’accesso alla tutela giudiziaria per ogni richiedente asilo”.