La ‘disfatta’ della guerra alle droghe (anche) in Italia

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di Leonardo Fiorentini, direttore di Fuoriluogo.it

Nulla di nuovo sul fronte della guerra alla droga. Non ci sono purtroppo grosse novità nelle tendenze rilevate dal Libro Bianco sulle droghe, giunto quest’anno alla tredicesima edizione. Commentare i dati degli effetti della legge sulle droghe sul sistema giudiziario, penitenziario e sulla società italiana sembrerebbe un esercizio noioso, non fosse per la tragicità della situazione. In effetti qualche novità c’è, ma è certamente negativa. La prima è la decisione della Corte costituzionale di rendere inammissibile il referendum cannabis: ad essa viene dedicata la parte centrale del testo. Portata all’attenzione del dibattito giuridico la memoria difensiva del quesito presentata alla Consulta dal Comitato promotore, a quello politico viene posta la questione della sfida democratica legata al rispetto del dettato costituzionale sull’istituto referendario. La seconda è l’inserimento dell’Ayahuasca, o meglio delle due piante da cui viene ottenuta, nella tabella 1 della Jervolino-Vassalli, senza alcuna base di evidenza scientifica e pratica di pericolo reale.

Unico fatto positivo dell’anno appena trascorso è la convocazione a Genova della Conferenza Nazionale sulle droghe, che ha consegnato al Parlamento conclusioni che vanno nella direzione da sempre auspicata: fra le tante, che vengono richiamate nell’ultima parte del Libro Bianco la decriminalizzazione del consumo e la depenalizzazione della coltivazione di cannabis. Anche questo però si scontra con l’insipienza del quadro politico sul tema: anche se la proposta di legge sulla coltivazione di cannabis ad uso personale e la rimodulazione in basso e distinzione fra sostanze delle pene per fatti di lieve entità, in via di discussione alla Camera – dopo due anni di pantano in Commissione – si nutriva di poche speranze sulla sua effettiva possibilità di poter superare lo scoglio del Senato e la caduta del governo la ha, di fatto, messa da parte definitivamente per quanto riguarda questa legislatura.

In attesa di capire se e come la politica saprà interpretare le conclusioni della Conferenza di Genova, torniamo a quelli che sono i dati della “disfatta” della guerra alla droga in Italia. Nel nostro paese il 35% dei detenuti è in carcere per la legge sulle droghe. Il doppio della media europea, oltre 10 punti sopra quella mondiale. A questo si aggiunge la presenza di persone che usano sostanze in carcere, dato che si è ormai assestato ai massimi degli ultimi 15 anni: oltre il 28% dei detenuti è dichiarato dipendente da sostanze. Una situazione che colloca certamente l’Italia fra quei paesi che “sono andati oltre quanto è richiesto dai trattati sul controllo delle droghe in termini di criminalizzazione e sanzioni associate, mentre altri hanno dimostrato uno zelo eccessivo nell’applicare le previsioni di criminalizzazione” come ha scritto nel suo ultimo report il gruppo di lavoro sulle detenzioni arbitrarie dell’ONU.

Alla tragica situazione nelle carceri si aggiunge la repressione del mero uso. Dal ’90 ad oggi quasi 1.400.000 persone sono state segnalate ai Prefetti per consumo di droghe, di queste 1.000.000 per cannabis. Tutto questo mentre i Tribunali italiani sono intasati da 231.659 fascicoli per droghe, dato che si mantiene ai massimi da 16 anni a questa parte.

A fronte di questo immane sforzo repressivo, non c’è alcun evidente effetto sul mercato delle sostanze illegali, che appare più florido che mai. E qui viene fuori il paradosso della war on drugs. Non è un caso che finiscano in prigione soprattutto i pesci piccoli, moltissimi per reati di lieve entità (7 su 10 dei detenuti per art. 73 secondo le audizioni in commissione Giustizia). Gli stessi “successi” del sistema repressivo non solo non incidono in alcun modo sull’entità del narcotraffico, ma sono parte attiva nell’incremento della violenza, e favoriscono i consorzi criminali più potenti, efficienti e spietati. Un paradosso ben conosciuto in letteratura, che è meglio spiegato nella puntata 10 del podcast l’Onda Verde, ospite Federico Varese, criminologo, direttore del dipartimento di sociologia dell’Università di Oxford, uno dei più noti studiosi di mafie a livello internazionale.

Il Libro Bianco, promosso da La Società della Ragione, Forum Droghe, Antigone, CGIL, CNCA, Associazione Luca Coscioni, ARCI, LILA e Legacoopsociali con l’adesione di A Buon Diritto, Comunità di San Benedetto al Porto, Funzione Pubblica CGIL, Gruppo Abele, ITARDD e ITANPUD, è disponibile in versione cartacea in tutte le librerie e store on line, presentato in podcast qui e leggibile e scaricabile gratuitamente sul sito di Fuoriluogo. Ogni anno viene presentato in occasione del 26 giugno, Giornata mondiale sulle Droghe, nell’ambito della campagna internazionale di mobilitazione Support! don’t Punish che chiede politiche sulle droghe rispettose dei diritti umani e delle evidenze scientifiche e che quest’anno ha coinvolto oltre 280 città in circa 100 paesi.