Una delegazione della Cild è entrata nel CPR Brunelleschi di Torino
a cura di Federica Borlizzi ed Eleonora Costa
L’accesso nei CPR da parte della società civile
L’accesso nei Centri di Permanenza per i Rimpatri da parte delle associazioni della società civile soggiace a delle regole rigide che contribuiscono a rendere opachi e impenetrabili questi luoghi di detenzione. Infatti, l’art.6 del c.d. Regolamento Unico CIE del 2014, in vigore fino a poche settimane fa, prevedeva per una specifica tipologia di soggetti (comprensiva delle associazioni e della stampa) la possibilità di accedere nei Centri previa richiesta da rivolgere alla competente Prefettura che -a sua volta- avrebbe dovuto acquisire il nulla osta della relativa Questura e, addirittura, il parere favorevole del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione. La recentissima Direttiva del Ministero dell’Interno datata 19 maggio 2022, che ha sostituito il vecchio Regolamento, non sembra aver modificato tale farraginoso meccanismo di accesso (art.8, commi 7 e 8), mantenendo – dunque – inalterate le problematiche riguardanti la trasparenza nella gestione dei Centri di Permanenza per i Rimpatri.
Come Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili, in vista della pubblicazione del prossimo Rapporto “Buchi Neri”, abbiamo presentato in data 31 marzo 2022 richiesta di accesso a tutte e dieci le Prefetture su cui insistono i CPR. A distanza di ben tre mesi, solo Milano e Torino hanno risposto positivamente alle nostre istanze, essendo le altre Prefetture in attesa di acquisire il parere del Ministero dell’Interno. Una situazione che già basterebbe a evidenziare come il diritto di accesso da parte della società civile non sia adeguatamente tutelato. Ma tale considerazione è stata ulteriormente confermata dalle modalità concrete con cui si è realizzata la visita nel CPR di via Brunelleschi, a Torino.
La visita presso il CPR di Torino da parte della CILD
Come detto, la Prefettura di Torino ha tempestivamente accolto l’istanza di accesso presso il CPR di via Brunelleschi presentata dalla CILD. Tuttavia alcune problematiche si sono poste con riferimento sia alla composizione della delegazione sia alle stesse modalità della visita.
Quanto al primo profilo, la CILD aveva richiesto alla Prefettura la possibilità di far accedere una propria delegazione composta da due legali; una ricercatrice e una mediatrice. Tuttavia, per ragioni che deve essere ancora chiarite, l’autorizzazione è stata concessa solo ai due avvocati.
In secondo luogo, l’accesso è stato autorizzato “limitando la visita ai soli spazi comuni e compatibilmente con le esigenze di ordine e sicurezza della struttura”. Restrizioni che non trovano alcun fondamento normativo e che sono state interpretate in termini ancor più restrittivi durante l’ispezione nel Centro.
Infatti, l’8 giugno 2022, la suddetta delegazione di CILD – accompagnata da un rappresentante della Prefettura – ha fatto ingresso nella struttura di via Brunelleschi. Ma gli unici spazi a cui è stato consentito di accedere sono stati: gli uffici dell’ente gestore e della Questura; l’ambulatorio esterno. Di fatto, dunque, si è impedito alla delegazione di entrare all’interno del CPR vero e proprio, là dove vi sono le celle di pernotto e la stessa sala mensa; così come non è stata data possibilità di parlare con i trattenuti presenti nel Centro. Si tratta di limitazioni non di poco conto, che compromettono la possibilità da parte delle associazioni della società civile di realizzare un effettivo monitoraggio delle condizioni di detenzione.
Ciò detto, nel prosieguo di tale articolo daremo brevemente conto delle risultanze di tale visita.
Il nuovo ente gestore del CPR di Torino: la multinazionale ORS
Dopo un quinquennio di gestione del CPR di Torino da parte del colosso Gepsa, la struttura è passata nella mani di un’altra multinazionale: il Gruppo ORS.
Infatti, Ors Italia Srl si è aggiudicata -nel febbraio 2022- un appalto da ben 8 milioni di euro per la gestione del Centro, la cui capienza regolamentare è passata da 180 posti agli attuali 144.
Come già evidenziato in precedenti contributi, tale società fa parte del Gruppo ORS, attivo da oltre 30 anni nei settori dell’accoglienza e della detenzione amministrativa dei migranti in tutta Europa (in particolare: Austria, Germania, Svizzera e Italia), ed è controllata dalla casa madre elvetica ORS Service AG, avente sede a Zurigo. Il Gruppo è stato al centro di numerose inchieste giornalistiche e denunce da parte di organizzazioni della società civile proprio per la mala-gestione di alcuni centri di accoglienza in Austria (Rapporto di Amnesty del 2015) e Svizzera (si veda la denuncia dell’ONG “Droit de Rester”del 2018). In Italia, Ors ha gestito – fino al mese di gennaio 2022 – il CPR di Macomer ed è attualmente responsabile della gestione del CPR di Ponte Galeria a Roma, del CPA di Monastir e di un CAS di Milano.
La delegazione di CILD, nel corso della visita presso il CPR di Torino, ha avuto modo di parlare con i vertici di ORS Italia. I nuovi gestori raccontano di essere arrivati nel CPR di Corso Brunelleschi in data 1° marzo (con solo 6 giorni di preavviso) e di aver, per i primi due mesi, impiegato il personale in base alla capienza regolamentare (144 posti) del Centro: ossia, ad esempio, 1 medico per 8h al giorno; 1 psicologo per 16h a settimana; 1 mediatore per 36h a settimana. Tuttavia, da maggio, il personale convenzionato con l’ente gestore è calibrato in base alla capienza effettiva dei detenuti. Si tratta di una prassi già riscontrata, lo scorso anno, nel CPR di Milano e Roma, che potrebbe comportare numerose problematiche. Verrebbe, infatti, da chiedersi sulla base di quale parametro gli enti gestori programmino le assunzioni del personale medico (es. statistiche mensili, trimestrali o semestrali delle presenze) e cosa accada nel caso di un quantitativo ingente di ingressi in un tempo ridotto, come potrebbe verificarsi nei periodi estivi.
I trattenuti e i diritti negati
Quando nel mese di marzo è subentrato il nuovo ente gestore, il CPR di Torino – che ha una capienza regolamentare di 144 posti – ospitava 38 migranti. Al momento della visita (8 giugno 2022), invece, il numero di detenuti ammontava a 105 (tra cui 8 richiedenti asilo), con una prevalenza di cittadini provenienti da Marocco (69 persone) e Tunisia (39 persone), seguiti da Nigeria, Gambia ed Egitto.
Rimane critica la situazione riguardante la tutela dei diritti dei detenuti, con specifico riferimento alla tutela della salute, del diritto di difesa e della libertà di corrispondenza.
Il diritto alla salute
Quanto al profilo della tutela del diritto alla salute, dal racconto che il medico convenzionato con l’ente gestore ha effettuato alla delegazione della CILD sono emersi dati sconcertanti e gravi violazioni della vigente normativa, tra cui: (i) il mancato trasferimento al CPR delle cartelle cliniche relative agli stranieri provenienti da istituti penitenziari; (ii) l’illegittima presenza nel Centro di detenuti sottoposti a terapia a scalare con metadone (condizione, questa, che dovrebbe determinare l’incompatibilità con lo stato di trattenimento amministrativo); (iii) l’elevato numero di episodi di autolesionismo (che, nel mese di marzo 2022, si aggiravano intorno ai 10/12 casi al giorno); (iv) l’abuso di psicofarmaci e tranquillanti da parte dei trattenuti. Il numero di accessi all’ambulatorio è poi indicativo dello stato di disagio e di malessere cui sono costretti i detenuti: dall’apposito registro risulterebbero, infatti, 330 ingressi nel mese di marzo e 370 ingressi nel mese di aprile.
Il diritto di difesa
Il tema del diritto di difesa è stato, invece, affrontato con il personale della Questura e, anche sotto questo profilo, le criticità e le violazioni alla normativa vigente si sono rivelate numerose. Basti pensare che:
- le richieste di protezione internazionale, se provenienti da migranti trattenuti nel Centro, sono automaticamente presunte “strumentali” dall’Ufficio Immigrazione;
- gli incontri tra i detenuti e i loro difensori legali avvengono – spesso contemporaneamente – in un’unica stanza, con evidenti ripercussioni sul loro diritto alla privacy;
- gli avvocati dei trattenuti vengono informati dell’udienza solo con un giorno di preavviso (se non addirittura la mattina stessa);
- le udienze di convalida, proroga e riesame durano mediamente poco e non hanno luogo negli uffici del Giudice di Pace, bensì in un’apposita stanza all’ingresso del CPR;
- i provvedimenti emessi dal Giudice di Pace sono spesso brevi e standardizzati.
La libertà di corrispondenza
Una delle ulteriori violazioni dei diritti dei detenuti nel CPR di Torino è la lesione della loro libertà di corrispondenza. Durante la visita nel Centro, il nuovo ente gestore ha ribadito alla delegazione CILD che non è consentito l’utilizzo dei telefoni cellulari di proprietà dei detenuti, che vengono requisiti all’ingresso. Si tratta di una prassi del tutto illegittima, stigmatizzata dal Garante nazionale e censurata dalla stessa giurisprudenza (si veda l’ordinanza del Tribunale di Milano del marzo 2021). Peraltro, rispetto a tale sequestro dei cellulari, la Prefettura di Torino aveva fornito al Garante delle fantasiose giustificazioni, evidenziando come la detenzione dei propri telefoni fosse inibita ai trattenuti per impedire che questi possano mantenere “contatti con Gruppi antagonisti ostili alla presenza di strutture come i CPR” e, dunque, per evitare “l’organizzazione di rivolte nel Centro”. Alla luce della nuova direttiva del Ministero dell’Interno, che ha sostituito il vecchio Regolamento Unico CIE, non vi è da sperare che la situazione migliori. Infatti, nelle nuove disposizioni normative si prevede solo la possibilità (non il diritto) per i trattenuti di utilizzare il proprio telefono cellulare per consultare la rubrica o per effettuare delle chiamate (se privi di telecamera) nei casi di necessità ed urgenza (art.5). Una previsione del tutto a ribasso che continuerà a lasciare ampio spazio all’arbitrio delle singole Prefetture ed enti gestori. Peraltro, in ogni caso, il sequestro del telefono cellulare dei trattenuti al momento dell’ingresso nei CPR continua a rimanere privo di una base giuridica.
La struttura
Il CPR di Torino è costituito da 6 aree separate, ciascuna delle quali circondate da recinzioni di circa cinque metri. All’interno di ogni area è presente: (i) uno stanzone con i locali di pernottamento; (ii) un locale che dovrebbe essere destinato alla mensa; (iii) un piccolo cortile esterno. Ciascun’area è un luogo autonomo, con l’impossibilità di comunicazione tra settori diversi. A queste 6 aree, inoltre, si aggiunge il controverso settore del c.d. “Ospedaletto”, illegittimamente utilizzato -per anni- come locale di isolamento.
Durante la visita presso il Centro, il nuovo ente gestore ha comunicato che, al giugno del 2022, risultano agibili solo 3 aree: l’area verde, l’area gialla e l’area bianca (che fino a poco tempo fa era utilizzata come “area filtro”), oltre a una stanza dell’area blu. Continuano, invece, a risultare inagibili gli spazi del c.d. “Ospedaletto”, chiusi a settembre 2021, a seguito del tragico suicido di Moussa Balde e solo dopo le numerose pressioni della società civile e dello stesso Garante nazionale, che aveva definito la detenzione presso tali locali trattamento “inumano e degradante”.
Le celle di pernotto e i locali di servizio
In ogni area sono presenti 5 celle di pernotto, ciascuna con una capienza di 7 posti. L’ente gestore, appositamente interrogato dalla delegazione della CILD, ha affermato di non ricordare la capienza delle singole celle. Tuttavia, lo scorso anno, la Garante del Comune di Torino, Monica Cristina Gallo, ci aveva comunicato che l’ampiezza di ogni stanza si aggirava intorno ai 20/24 mq, facendo sorgere il dubbio -in caso di presenza reale di 7 persone per cella- che non fosse rispettato lo standard richiesto dalla Corte Edu, nella celebre sentenza Torreggiani del 2013.
Sempre rispetto alle stanze di pernotto, l’ente gestore ha riferito che sono presenti dei letti in ferro (ancorati per terra) mentre gli “armadietti”, anch’essi in ferro, consistono in semplici ripiani aperti. Quest’ultima circostanza è, peraltro, in aperto contrasto con quanto prescritto dal Comitato per la Prevenzione della Tortura del Consiglio d’Europa (CPT), che esplicitamente richiede che venga garantita la possibilità per tutte le persone trattenute di disporre di un armadietto chiudibile in cui conservare i propri beni.
Inoltre, nelle celle di pernotto, continuano a persistere le problematiche denunciate dallo stesso Garante nazionale da più di quattro anni, ossia:
- l’assenza di locali differenziati per richiedenti asilo, come espressamente richiesto dall’art. 6, comma 2 del d.lgs. n.142/2015 e dallo stesso CPT;
- l’assenza di campanelli di allarme;
- l’impossibilità per i detenuti di attivare direttamente pulsanti di accensione/spegnimento della luce.
Quest’ultima prassi appare inutilmente vessatoria e svilente della dignità stessa delle persone, oggetto di una vera e propria infantilizzazione. Non a caso, la stessa è stata duramente stigmatizzata dal Garante nazionale che ha ricordato come, anche negli istituti di pena, i detenuti devono poter azionare dall’interno delle camere gli interruttori, come stabilito dal DPR n.230/2000. Pertanto il Garante, già nel Rapporto del 2018, aveva raccomandato alle autorità competenti che venisse sempre garantito ai trattenuti di accedere direttamente all’interruttore della luce nei locali di pernottamento, “in modo che le persone non siano costrette a rimanere al buio durante ore del giorno con particolari condizioni meteorologiche o con la luce accesa anche di notte”. Raccomandazione caduta nel vuoto, considerato che – a distanza di diversi anni – tale illegittima prassi continua ad essere perpetrata. Come a dire che, nel CPR di Torino, anche accedere e spegnere la luce è un “lusso” precluso ai trattenuti.
Tuttavia, le criticità non sono terminate. Infatti, spiace dover constatare come la situazione nel CPR di Torino sia rimasta immutata anche rispetto ad una ulteriore e gravissima problematica, quella riguardante i locali di servizio. Infatti, lo stesso ente gestore ha comunicato come i bagni siano completamente privi di porte e le stesse docce siano prive di tende, ciò comporta un’ulteriore violazione dei diritti dei trattenuti, che – per avere un po’ di riservatezza– sono costretti a coprirsi con vecchie lenzuola monouso. L’assenza di porte nei locali di servizio è particolarmente odiosa anche perché questi sono allocati all’interno di ciascuna cella di pernotto, ciò significa che i trattenuti si ritrovano a dormire letteralmente accanto al bagno turco senza alcuna separazione. Proprio la presenza del “bagno a vista” – anche in cella singola – è stata ritenuta dalla Cassazione con riferimento agli istituti penitenziari come concreto indicatore di trattamento degradante (sentenza n.15306/2019). Non si capisce, dunque, il perché tale situazione continui ad esistere nel CPR di Torino, all’interno di celle dove possono pernottare addirittura fino a 7 persone.
L’assenza di spazi comuni
Nonostante vi sia la teorica presenza di un refettorio per ogni area, tali spazi non vengono mai utilizzati. Ciò si pone in aperta violazione della normativa vigente secondo cui “in presenza di locali adibiti ad uso mensa, è impedito il consumo dei pasti negli alloggi”. Ne deriva che i detenuti sono costretti a mangiare nelle proprie celle di pernotto, le stesse – come visto – con il “bagno a vista”. Una situazione del tutto intollerabile, in palese violazione dei più basilari diritti.
Rispetto agli ulteriori spazi comuni, lo stesso ente gestore ha segnalato la completa assenza di luoghi destinati alle attività ricreative e al culto.
Considerazioni conclusive
In definitiva, il CPR di Torino continua a essere un luogo inumano che mortifica la dignità dei detenuti e ne lede i più basilari diritti fondamentali. La visita al Centro di Corso Brunelleschi ha, infatti, confermato la necessità di mettere fine al controverso istituto della detenzione amministrativa, caratterizzato da uno strutturale stato di eccezione che non può essere oggetto di alcuna riforma ma solo di una sua impellente abrogazione.
In copertina: il Cpr di via Brunelleschi di Torino. Foto via Melting Pot Europa.