Il nostro ricorso alla CEDU per il trattenimento illegittimo in CPR

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E’ da quasi 20 giorni che un cittadino senegalese (M.D.) in gravissime condizioni di salute è trattenuto, in maniera illegittima, presso il CPR di Palazzo San Gervasio (Potenza). Dopo aver sollecitato tutte le autorità competenti affinché si procedesse immediatamente alla sua liberazione, abbiamo presentato ricorso d’urgenza alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo

La storia 

M.D. è stato trasferito presso il CPR di Palazzo San Gervasio (PZ) in seguito allo sgombero, avvenuto la mattina del 9 febbraio 2022, di un accampamento informale nella periferia di Roma, dove dimorava. Lo sgombero di tale insediamento è avvenuto senza il previo coinvolgimento del Comune ed in assenza dell’intervento della Sala Operativa Sociale. In tale occasione M.D., nonostante fosse impossibilitato a deambulare a seguito di numerose fratture pregresse (al bacino; alle vertebre; alla scapola, conseguenti ad un grave incidente), anziché essere preso in carico dai servizi sociali è stato, dapprima, portato presso l’Ufficio Immigrazione di via Patini e, successivamente, trasferito presso il CPR di Palazzo San Gervasio.

Un trattenimento che ha presentato, fin da subito, evidenti profili di illegittimità. 

Sequestro del cellulare e difficoltà nella nomina del difensore di fiducia

Anzitutto, ad M.D. è stato sequestrato il proprio telefono cellulare all’ingresso nel CPR e gli è stata data possibilità di effettuare una telefonata solo in seguito alla convalida del trattenimento, avvenuta nella mattinata di venerdì 11 febbraio, con conseguente impossibilità di nominare per tale udienza un proprio avvocato di fiducia. 

Entrambe tali prassi, purtroppo consolidate presso il Centro di Palazzo San Gervasio, sono da considerarsi illegittime. 

Infatti, il sequestro del telefono cellulare non trova fondamento in alcuna disposizione normativa ed, anzi, è stato espressamente censurato dal Tribunale di Milano(si veda, l’ordinanza del 15 marzo 2021). Peraltro, sequestrando il telefono, M.D. è stato, di fatto, privato della sua rubrica ed ha avuto possibilità di mettersi in contatto con le associazioni scriventi, solo in quanto ricordava a memoria il numero di telefono della dottoressa che lo aveva in carico. Se ciò non fosse accaduto, avremmo completamente perso i contatti di M.D. e sarebbe stato impossibile comprendere dove si trovasse. Già questo evidenzia l’assurdità di un sistema che non garantisce la libertà di corrispondenza con l’esterno ai trattenuti, con il conseguente rischio di violazione di numerosi diritti di questi ultimi. 

Proprio l’impossibilità di mettersi in contatto con un legale di fiducia prima dell’udienza di convalida del trattenimento ha rappresentato una palese violazione del diritto di difesa di M.D., che ha -inoltre- riscontrato numerose difficoltà anche nella successiva nomina dei propri avvocati di fiducia, la cui formalizzazione è avvenuta dopo circa una settimana dalla richiesta e solo in seguito a diverse PEC inviate alle autorità competenti dai legali medesimi.

Fratture multiple, ematoma cerebrale e idoneità al trattenimento

Il profilo di maggiore gravità rispetto al trattenimento di M.D. è dato, in ogni caso, dalle sue precarie condizioni di salute che sono da considerarsi condizioni ostative al rimpatrio,  che non sembrano essere state adeguatamente prese in considerazione dal giudice di pace di Melfi (che ha -come detto- convalidato il trattenimento); che sono ulteriormente e gravemente peggiorate nel corso della detenzione. 

M.D., infatti, ha gravissimi problemi a deambulare, derivanti da fratture multiple riportate in seguito ad un incidente, che gli ha anche provocato un ematoma cerebrale oggetto di continuo monitoraggio. Non a caso, era sottoposto ad adeguata terapia farmacologica; svolgeva periodiche visite di controllo presso l’Ospedale Sandro Pertini di Roma ed aveva in programma ulteriori visite mediche (tra cui una ecografia all’addome per verificare una eventuale patologia del fegato, avendo continui dolori in sede epatica).

Quanto detto è attestato dalla documentazione medica di M.D. e, per tale ragione, risulta davvero inspiegabile come quest’ultimo possa essere stato ritenuto idoneo al trattenimento, posto che neanche ai legali di fiducia è stata data la possibilità di prendere visione del certificato di idoneità alla vita in comunità ristretta né si è a conoscenza se questo fosse o meno presente nel fascicolo del giudice della convalida, nonostante tale certificato sia da considerarsi “condizione ineludibile di validità del trattenimento” medesimo (Corte di cassazione, ordinanza n.15106/2017).

L’unica cosa certa è che, dall’11 febbraio, siamo in contatto telefonico con M.D. (tramite il telefono messo a disposizione dall’ente gestore) e che quest’ultimo denuncia di trovarsi in gravi condizioni di salute e di non ricevere alcun tipo di assistenza sanitaria, nonostante le sue continue richieste. 

In particolare, M.D. non riceve gli antidolorifici di cui avrebbe bisogno ma, in cambio, gli vengono quotidianamente somministrati, non è dato sapere in base a quale prescrizione medica e da chi eventualmente sia stata impartita, dei tranquillanti e/o sonniferi. Nonostante ciò, ha comunque problemi a dormire a causa del persistente dolore agli arti e allo stomaco. Inoltre, nell’ultima settimana le condizioni di salute di M.D. si sono gravemente deteriorate: il 21 febbraio ci ha riferito la comparsa di tumefazioni a carico dei genitali e della coscia e, dal 24 febbraio, a ciò si è associato anche ematuria (sangue nelle urine) e astenia (stanchezza ed affaticamento). Nonostante M.D. richieda, da giorni, ai dipendenti dell’ente gestore del CPR di poter vedere un operatore sanitario, essendo molto preoccupato per le proprie condizioni di salute, non sembra che sia stato ancora sottoposto ad alcuna visita medica da parte dell’ autorità sanitaria pubblica, al fine di procedere ad una nuova valutazione della sua idoneità al trattenimento.

Chiediamo l’immediata fine dell’illegittimo trattenimento di M.D. 

Come associazioni ci siamo, sin da subito, mossi per denunciare alle autorità competenti l’illegittimità del trattenimento di M.D. ed i rischi per la sua salute, richiedendo la sua immediata liberazione dal CPR di Palazzo San Gervasio.

In particolare:

  • in data 14 febbraio 2022, abbiamo segnalato al Prefetto di Potenza la situazione di M.D., sia tramite PEC sia tramite colloquio con la Dirigente dell’Area Immigrazione della relativa Prefettura.
  • in data 16 febbraio 2022, abbiamo presentato, per nome e per conto di M.D.,  Reclamo al Garante Nazionale delle persone private della libertà personale, che ci ha subito comunicato di aver preso in carico la pratica;
  • dal 15 al 18 febbraio 2022, avendo saputo che M.D. aveva chiesto agli operatori del CPR di voler nominare dei legali di fiducia, questi ultimi hanno inviato numerose PEC alle autorità competenti per richiedere la formalizzazione delle relative nomine, giunte solo il 19 febbraio;
  • in data 19 febbraio 2022, i legali di fiducia di M.D. hanno presentato una “istanza urgente de libertate” rivolta al Prefetto; alla Questura e all’ASP di Potenza. Inoltre, sempre in tale data, è stata presentata un’istanza di riesame del trattenimento al Giudice di Pace di Melfi;
  • in data 23 febbraio 2022, è stata presentata -sempre dai legali di fiducia di M.D.- al Giudice di Pace di Melfi una diffida ad adempiere per mancata adozione del provvedimento, a seguito della richiesta di riesame precedentemente presentata;
  • nella mattina del 28 febbraio 2022, non avendo il Giudice di Pace di Melfi fissato l’udienza per il riesame ed essendo il concreto rischio per la salute di M.D., si è presentato, nell’ambito del progetto “Rule 39”, un ricorso d’urgenza alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo;

Rispetto a ciò, preme evidenziare come solo nel pomeriggio del 28 febbraio e quindi solo in seguito al deposito del ricorso d’urgenza dinanzi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la Prefettura di Potenza abbia inviato una nota ai legali di fiducia di M.D. e alla CILD in cui sottolineava come la visita di idoneità al trattenimento sia stata effettuata dalla ASL Roma 3 e come, in seguito alla segnalazioni ricevute dalle scriventi associazioni, si sia proceduto ad una nuova valutazione di idoneità da parte del medico dell’ente gestore. Si tratta di notizie che non fanno che confermare il mancato rispetto, nel CPR di Palazzo San Gervasio, delle -peraltro scarne- prescrizioni imposte dalla normativa. Infatti il Regolamento Unico CIE (art.3) prevede che: 

  • sia la ASL del territorio su cui insiste il Centro a doversi occupare di effettuare tale visita di idoneità. Ciò perché la visita medica dovrà valutare la presenza di eventuali patologie del singolo trattenuto, che possono costituire motivi di incompatibilità relativa rispetto al trattenimento nella specifica struttura, in considerazione della qualità e della tipologia dell’assistenza medica garantita e dell’eventuale distanza dai presidi sanitari esterni. Quindi, nel caso di specie, doveva essere l’ASP Potenza (non la ASL di Roma) ad effettuare la visita medica di idoneità, tenendo conto che le condizioni di salute di M.D. (tra cui la presenza di un ematoma cerebrale oggetto di continuo monitoraggio) dovevano essere valutate anche alla luce del fatto che il CPR di Palazzo San Gervasio è collocato in una zona periferica estremamente isolata ed i presidi ospedalieri più vicini si trovano a distanza di 48 km (Ospedale “San Giovanni” di Melfi) e di 65 km (Ospedale “San Carlo” di Potenza);
  • in presenza di elementi che possano determinare l’incompatibilità alla vita in comunità ristretta non emersi nel corso della certificazione di idoneità, il trattenuto venga fatto alloggiare in una stanza di osservazione, in attesa di una nuova valutazione da parte della ASL. Dunque è sempre quest’ultima a dover effettuare tale visita, non -come avvenuto ad M.D.- il medico convenzionato con l’ente gestore.

Il caso di M.D. è davvero emblematico di quanto la detenzione amministrativa rappresenti un vero e proprio stato di eccezione, in cui non trovano applicazione le più importanti garanzie previste dalla nostra Costituzione.

Risulta, infatti, inspiegabile come si possa accettare che una persona plurifratturata e con gravi patologie possa trovarsi, a distanza di 20 giorni, ancora in stato detentivo all’interno di una struttura che in aggiunta non gli fornisce neanche adeguata assistenza sanitaria. Così come risultano evidenti le palesi violazioni dei diritti fondamentali che M.D. ha dovuto subire a partire dal suo diritto alla libertà personale: dalla lesione della libertà di corrispondenza (con l’illegittimo sequestro del cellulare); passando alla violazione del diritto di difesa (con le difficoltà a nominare gli avvocati di fiducia), fino al rischio di grave lesione del suo diritto alla salute.

Peraltro, la necessità di adire, d’urgenza, una Corte sovranazionale non fa altro che confermare quanto i rimedi interni e le autorità competenti coinvolte non riescano a garantire l’effettiva tutela dei diritti dei trattenuti. Più in generale, non fa altro che confermare quanto feroce possa essere il sistema della detenzione amministrativa nel nostro Paese. 

Firmatari

Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (CILD)

Medici Senza Frontiere (MSF)

Nonna Roma

 

[Immagine di copertina: “Friendship Park Fence” by bbcworldservice is marked with CC BY-NC 2.0]