Da Re Mida al Cercatore d’oro, ovvero come discutere meglio in rete

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Autore: Bruno Mastroianni*

 

Tutti nasciamo confutatori. Il primo istinto in una discussione, quando siamo contraddetti da qualcuno e viene sollevata un’obiezione alle nostre idee, è quello di ribaltare totalmente ciò che ha detto l’altro nel tentativo di dimostrare che ha torto (e noi ragione). Questo spirito di confutazione è il motivo principale per cui gran parte dei nostri confronti, online e offline, finiscono in scontro.

Nelle discussioni, soprattutto quelle pubbliche che avvengono sui social e nelle piattaforme digitali, siamo presi da una sorta di “complesso di Re Mida”. Siamo convinti che tutto ciò che viene toccato dalle nostre argomentazioni sia come l’oro: materiale prezioso e raro, degno di stima e massima considerazione.

Ogni volta quindi che un interlocutore solleva un’obiezione sentiamo che quel materiale preziosissimo è stato indebitamente svilito. Da lì la reazione: vogliamo ripristinare la dignità del nostro tesoro argomentativo e, per farlo, ci lanciamo a sconfessare completamente il dissenso altrui.

Nasciamo confutatori, moriamo litigiosi

Dato che spesso non abbiamo tutte le ragioni dalla nostra e di solito l’altro non ha totalmente torto, non siamo in grado sempre di contestare del tutto ciò che ci obietta. Ci rifugiamo quindi nella manovra che, da sempre, permette di controbattere in qualunque situazione: l’attacco alla persona. Si passa così dall’oggetto del contendere (gli argomenti sollevati) all’aggredire il contendente. Già Schopenhauer ne “L’arte di ottenere ragione” ne parlava come dello stratagemma adottato più frequentemente perché di fatto sempre applicabile e alla portata di tutti.

È innegabile che quando vediamo due o più persone discutere, assistiamo spesso sostanzialmente a dei Re Mida che si indignano per il loro “oro svalutato” e passano ad accusarsi a vicenda. Risultato: l’argomento da cui si era partiti viene perso per strada, lo scontro porta ciascuno a confinarsi ancora di più nella sua posizione, la discussione sostanzialmente fallisce, facendo perdere tempo ed energie.

Persino i partecipanti che assistono, come dice Platone nel Gorgia, “si pentono di aver creduto che sarebbe valsa la pena venire a sentire gente del genere”. L’effetto: senso di frustrazione, erosione della fiducia nella possibilità di discutere. Nasciamo confutatori, ma moriamo litigiosi e insoddisfatti.

Il problema, quindi, ancora prima che nei modi, nei toni e nelle dinamiche dei confronti digitali, è nei presupposti: in che modo ci si presenta in un dibattito? Se ci si sente Re Mida e si ritiene di proferire solo parole e opinioni d’oro, sarà molto probabile che si finirà a muovere guerra verbale contro tutti coloro che, anche in minima parte, non sapranno riconoscere il valore quelle idee. La continua sensazione di lesa maestà comprometterà il confronto sul nascere.

Alla ricerca dell’oro argomentativo

Una strada allora per risanare le discussioni è cambiare il nostro rapporto con l’oro. Passare dalla figura di Re Mida – che si illude di autoprodurre oro argomentativo – a una immagine diversa, quella del Cercatore d’oro che vede il materiale prezioso come qualcosa da trovare, risultato di un lavoro faticoso e paziente. Cosa fa il cercatore? Con il setaccio filtra la terra e il fango presenti nel letto del fiume e, facendoli sciogliere attraverso lo scorrere dell’acqua, trattiene eventuali piccole pepite che per la loro consistenza non scivolano via.

Il Cercatore d’oro ha le caratteristiche di un buon disputatore. Anzitutto vede l’oro come risultato di una discussione e non come presupposto, quindi è disposto a entrare nel confronto alla ricerca di qualcosa che prima non aveva. È disposto imparare, potremmo dire.

Secondo, ha la consapevolezza che l’oro è ciò che resta: è pronto cioè ad accettare che in uno scambio ci siano parole scomposte, argomentazioni fallaci e mosse scorrette (la terra e il fango all’interno delle quali si celano le pepite d’oro). Non si aspetta un contenzioso perfetto, ma ammette che una discussione è sempre una danza imperfetta tra ballerini incerti, è normale che produca scarti.

Terzo, inonda con acqua la terra e il fango delle provocazioni e le fa sciogliere: è la capacità di lasciar correre, senza soffermarsi a ogni piccola sfumatura aggressiva, per rivolgersi invece ad eventuali parti preziose dell’argomentazione su cui si può discutere. Parti che possono essere anche piccole – come pepite appunto – che però, una volta trovate, ripagano di tutti i chili di terra inutile scartata.

Il fango e il setaccio

Quando si entra in un confronto con lo spirito del Cercatore d’oro si perde l’ansia da confutazione. Si prendono le parole dell’altro, per quanto terrose e fangose, come opportunità per ottenere qualche pepita di comprensione nuova. Si accetta anche che la terra e il fango siano presenti nelle nostre opinioni perché è in quella massa di poco valore che si nascondono le pepite più preziose. Si scopre che i due modi di controbattere più frequenti – la confutazione e l’attacco – sono anche i meno proficui perché mettono fine alla ricerca di guadagno e fanno tornare ciascuno a casa sua con ciò che già aveva.

L’uso del setaccio, insomma, invita a usare tutte le possibilità di replica, quelle consigliate da Adelino Cattani: convenire e accettare anzitutto i punti in comune per poi dissentire sul resto; fare domande e porre dubbi invece di affermare o negare e basta; tornare sui propri passi e riformulare quando si è emesso troppo fango; ignorare e lasciar correre le parole e le argomentazioni aggressive.

Sono mosse, secondo il filosofo padovano, che trasformano il duello distruttivo in un duetto proficuo che può far guadagnare qualche pepita in termini di conoscenza di sé stessi, dell’altro e del mondo.

Saper smettere di discutere

C’è un’ultima capacità, importantissima, che il Cercatore d’oro possiede rispetto a Re Mida. Mentre quest’ultimo è pronto ad andare all’infinito nel tentativo ossessivo di difendere la dignità del suo oro autoprodotto, il setacciatore, dopo aver setacciato il fango, se non trova alcuna pepita sa che è giunto il momento di fermarsi e andare altrove a cercare.

Dismettere i panni di Re Mida a favore del Cercatore d’oro vuol dire insomma coltivare anche una delle virtù di cui l’essere umano in sovraccarico di discussioni digitali ha più bisogno: riconoscere quando è il momento di smettere di discutere.

 

 

*Bruno Mastroianni, filosofo, giornalista, social media manager. Si occupa di discussioni online, conflitti e comunicazione di crisi. Tiene corsi di comunicazione efficace per la gestione del dissenso e dei conflitti. Assegnista di ricerca presso l’Università di Firenze ha un laboratorio di Teoria dell’argomentazione e pratica del dibattito presso l’Università di Padova.