Processo telematico e violazione del diritto di difesa

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a cura di Federica Genovesi e Emanuele Ficara  di Strali

L’art. 111 della Costituzione, al secondo comma, stabilisce che ogni processo debba svolgersi nel contraddittorio tra le parti, in condizione di parità e davanti ad un giudice terzo ed imparziale.

Analizziamo alcune parole utilizzate dal Legislatore: “contraddittorio” tra le parti, cioè tutti i partecipanti di un processo devono poter interloquire tra di loro e far valere le loro pretese; “davanti” (ad un giudice), ovvero in presenza di.

Ora, queste condizioni permettono, insieme ad altre, di garantire a chiunque un giusto processo.

Ma cosa succede se non è possibile celebrare un processo in presenza di un giudice e con la partecipazione fisica delle parti? L’emergenza Coronavirus ha inciso profondamente anche sulla disciplina della celebrazione dei processi, introducendo la possibilità, non solo in determinate situazioni (es detenuto per gravi reati in diverso ristretto), che l’attività d’udienza si svolga attraverso un collegamento da remoto.

Il funzionamento è ora compiutamente disciplinato dalla legge e in concreto prevede la connessione ad una piattaforma (Skype for business o Microsoft Teams) e tramite video la partecipazione all’attività d’udienza del difensore da remoto. Gli avvocati e i Magistrati possono lavorare e la giustizia può dunque andare avanti.

Splendido, verrebbe da dire. Peccato che.

In astratto il processo da remoto è un concetto sicuramente interessante e foriero di grandi semplificazioni per l’attività dell’avvocato e del magistrato. 

Alcuni autori già da anni, con riferimento forse a sistemi più evoluti del nostro ed avendo a disposizione tecnologie e risorse economiche maggiori, auspicavano la creazione dei cd. “Tribunali virtuali”, termine evocativo della creazione di un luogo virtuale di discussione delle controversie (cfr. Susskind, “L’avvocato di domani” nel quale l’autore, già nel 2016, prevede  (ed auspica) che proprio nel 2020 ci sarà una grade rivoluzione in tal senso).

Senonché l’introduzione impulsiva e dettata dall’emergenza nazionale di elementi di un “processo penale telematico” ha fatto invece “drizzare i capelli” a tantissimi giuristi (in particolare buona parte degli avvocati penalisti).

Secondo tanti, in effetti, sono tutt’altre le modalità per affrontare l’emergenza garantendo la salute di tutti, prevedendo accorgimenti che consentano di celebrare le udienze ottemperando ai diktat ormai noti del distanziamento sociale. 

Secondo altri, lungi dal criticare lo strumento a priori ed anzi vedendolo come un’opportunità, sarebbe necessaria una distinzione tra udienze che possono essere celebrate telematicamente senza soppressione delle garanzie costituzionali (ad esempio le tanto vituperate “udienze filtro”) e udienze che non lo consentono,  in quanto prevedono attività istruttoria (ad esempio: come può garantirsi la genuinità di una testimonianza senza la possibilità di controllo dei comportamenti del testimone o delle persone che con lui – al riparo dall’obiettivo – condividono la stanza?). 

Quello che però è certo è che il rispetto dei principi costituzionali e delle garanzie difensive debba rimanere inviolato ed inviolabile a prescindere dal mezzo utilizzato per la celebrazione del  processo.

Se queste sono le premesse del dibattito, la nostra associazione, StraLi, senza prendere una posizione aprioristica ha voluto attendere, come impone l’attività sua propria che è la strategic litigation, che le venisse presentato un caso particolare ed emblematico di una disfunzione possibile della disciplina del telematico, onde valutare l’opportunità di attivare un contenzioso strategico mirato all’affermazione di un principio di diritto che affermi la necessità che la difesa venga adeguatamente – ed in concreto – tutelata anche nell’adozione di procedure innovative come quella del telematico per la celebrazione dei processi.

Il caso selezionato da StraLi concerne  la vicenda di un avvocato che si è visto precludere la possibilità di partecipare ad un’udienza camerale avanti ad un Tribunale di Sorveglianza.

I fatti in breve: il difensore di fiducia, avuta la conferma di poter utilizzare la piattaforma Teams per la celebrazione dell’udienza, si trovava nella cd. “stanza virtuale” all’ora stabilita, in attesa di essere contattato. Ciò che in concreto non è avvenuto. Ci sono stati tentativi di collegamento? Non si sa.

Sta di fatto che a tre minuti dalla prima connessione del difensore e nell’ambito di un’udienza fatta durare complessivamente altri due, il Collegio ha ritenuto superflua la presenza del difensore di fiducia, procedendo dal vivo con il difensore d’ufficio.

Più di ogni altra descrizione merita di essere citata la conversazione telematica avvenuta tra avvocato e cancelliere: Cancelliere: “Si colleghi a teams” ore. 10.30; Avvocato: “Grazie sono collegata” ore 10.31; Cancelliere: “A me non risulta. Controlli” ore 10.38; Avvocato: “Sono dentro teams ma non riesco a vedere un canale dedicato per l’udienza (lo uso normalmente per lavoro, è sempre connesso).” ore 10.42; Avvocato: “Riesce a chiamarmi? Oppure l’udienza è già stata celebrata?” ore 11.09; Cancelliere: “Si l’udienza si è conclusa” ore 11.13.

In poche righe di conversazione telematica tra avvocato e cancelliere è ben esemplificata una delle possibili applicazioni distorte del processo penale telematico: l’avvocato si collega alla piattaforma ed è in attesa, il cancelliere con poca solerzia verifica la connessione, un giudice nel mentre spazientito celebra l’udienza avvalendosi dell’avvocato d’ufficio.

Certo, la difesa è stata assicurata in astratto. Peccato che vi siano specifiche ipotesi in cui  può esserci la designazione del difensore d’ufficio, che è prevista come residuale qualora l’imputato non abbia nominato un difensore di fiducia o ne sia “rimasto privo”.

Una sostituzione effettuata in assenza dei queste condizioni di legge è illegittima.

Perché? Perché confligge con il principio d’immutabilità del difensore e pregiudica l’attività preparatoria alla difesa: c’è una profonda differenza tra il difensore di fiducia, scelto dal cliente e preparato sul caso e il difensore d’ufficio, che sicuramente sarà preparato in via generale, ma nulla sa rispetto al caso da trattare.

E questo assunto è granitico nella giurisprudenza della Corte di Cassazione.

Anche se la giustizia si sta “dematerializzando” in questo momento storico, le garanzie imprescindibili della difesa non possono essere limitate.

Attraverso la presentazione del ricorso, StraLi mira ad ottenere una pronuncia che riconosca in concreto tale violazione e che prescriva un determinato comportamento nell’utilizzo di tali sistemi telematici (un’idea: effettuare almeno tre tentativi di collegamento e menzionare nel verbale il collegamento mancante e le eventuali cause).

Il futuro ci si è posto di fronte nell’arco di poche settimane, ma questo fatto non deve essere una scusa per limitare le garanzie imprescindibili della difesa. Al contrario, questa deve essere l’occasione per ragionare, ben disciplinare, e infine utilizzare gli strumenti informatici in maniera conforme ai principi generali di diritto. 

Ora tocca alla Cassazione pronunciarsi.

Per un approfondimento sul caso vai su: https://bit.ly/ilCasoProcessoTelematico