Covid-19 e democrazia. Apriamo una discussione

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Quella che stiamo vivendo ormai da qualche giorno è senza dubbio la più grande forma di limitazione della libertà di massa cui il nostro paese abbia assistito nella sua storia repubblicana. Una limitazione imposta per via governativa, senza alcun passaggio parlamentare.

Eppure chi di noi, oggi, può negare la necessità di questa limitazione alla propria libertà di movimento e di autodeterminazione nelle proprie scelte?

Probabilmente nessuno. Sicuramente non la nega il sottoscritto che, dal decreto del governo Conte dello scorso 11 marzo si è comportato sempre in maniera conforme alle disposizioni, uscendo il meno possibile, per lo più solo per questioni di necessità, salvo alcune brevi passeggiate negli immediati dintorni di casa.

La nostra organizzazione poi, in anticipo sul decreto del governo, già dallo scorso 5 marzo aveva chiuso il proprio ufficio romano, chiedendo al proprio staff di lavorare da casa per evitare spostamenti e possibili contagi.

Dunque, in qualche modo, c’era la consapevolezza che qualche limite andasse posto per il proprio bene e per quello altrui.

Tuttavia è certamente giusto – e salutare per la nostra democrazia – capire fin dove è giusto accettare questa forma di limitazione, i sistemi di controllo e le sanzioni create ad hoc per prevenire e punire le violazioni e, soprattutto, se c’è e qual è il limite – temporale, certo, ma anche fisico – oltre il quale sarebbe troppo spingersi.

La geografia urbana delle nostre città è cambiata negli ultimi giorni. Le strade sono pressoché deserte. Sono poche le macchine che si incrociano e ancor meno le persone che si incontrano.

Tuttavia, è sembrato che anche questi pochi fossero troppi e i loro comportamenti sono apparsi scorretti. Dunque sono nate ulteriori restrizioni, stavolta per lo più varate dai sindaci che, con apposite ordinanze, hanno deciso di chiudere giardini, parchi, aree cani, l’accesso alle spiagge. Lo stesso governo aveva spiegato come senza un atto di responsabilità dei cittadini si sarebbero potute allargare le misure restrittive e così è stato, come le ulteriori limitazioni per praticare sport all’aperto e orari ancor più restrittivi per i supermercati (varati in questo caso da singole regioni). 

Lo stesso ministro dell’interno Lamorgese ha specificato che se dovesse servire sarà possibile mobilitare l’esercito per far rispettare i divieti, cosa peraltro accaduta in Campania su decisione del Comitato nazionale ordine e sicurezza.

Nel frattempo sappiamo che, al 23 marzo, sono state controllati 2.244.868 individui e 104.664 sono quelli denunciati. Numeri enormi se si pensa alle poche persone che circolano in questi giorni. Alcuni comuni, come quello di Roma nel weekend, hanno ordinato alla propria Polizia Locale di creare dei posti di blocco dove fermare tutte le macchine e non solo alcune a campione. Inoltre un nuovo decreto del governo, approvato proprio ieri, ha previsto un ulteriore aggravio con multe fino a 3mila euro per chi non rispetta i divieti di circolazione e le regole di contenimento, conferendo ai presidenti di regione il potere di emettere ordinanze più restrittive.

Intanto la Lombardia ha utilizzato un sistema per analizzare gli spostamenti della popolazione attraverso i dati raccolti e forniti dalle compagnie telefoniche. Un’iniziativa a cui altri hanno dichiarato di voler dare seguito. Una forma di controllo, per ora non personale (da quanto si apprende vengono raccolti dati in forma aggregata e anonima), ma certo il rischio che si possa passare invece all’utilizzo di questi dati per monitorare e punire il comportamento individuale, come fatto da alcuni paesi, non è cosa da sottovalutare e merita una riflessione. 

Romania, Moldavia, Lettonia e Armenia, quattro paesi membri del Consiglio d’Europa, poi hanno attivato un articolo della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo che permette di derogare alla sua applicazione. Un passo preoccupante che può lasciar intendere come, la necessità di combattere il Covid-19, possa portare ad ampie deroghe in materia di tutela e protezione dei diritti umani. In Italia questa intenzione, attualmente, non sembra esserci, ma anche su questo è probabilmente utile riflettere oggi, non solo in ottica battaglia al Covid-19, ma anche per lo stato in cui troveremo la nostra democrazia nel post-coronavirus.

Qual è dunque il limite, sempre che esista, oltre il quale non ci si dovrebbe spingere? Fino a dove è possibile sacrificare le forme di libertà individuale e aumentare al limite le forme di controllo personale? Fino a che punto il contenimento del virus, e il diritto alla salute, individuale e pubblica, possono giustificare la compressione di qualsiasi altro diritto, individuale e pubblico? E fino a quando questo potrebbe avvenire, posto che sembra esserci concordia tra scienziati e medici nel dire che l’emergenza coronavirus durerà ancora diversi mesi, con il governo che sembra pronto a prolungare gli attuali provvedimenti al di là della loro scadenza originariamente individuata e che, tramite il decreto di ieri, ha previsto che fino al 31 luglio ci potrà essere la possibilità di prorogarli di mese in mese in base all’andamento dei contagi?

Nei prossimi giorni cercheremo di affrontare il difficile tema Covid-19, democrazia e diritti, attraverso una serie di approfondimenti.

 

Copertina via Flickr