Patrick Zaky: continuiamo a chiederne la liberazione

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Dopo trenta giorni dall’arresto, Patrick George Zaky, attivista e studente di 27 anni dell’Università di Bologna, è ancora detenuto nelle carceri egiziane. Insieme ad Associazione Antigone, ci siamo rivolti nelle settimane scorse alle autorità italiane affinché chiedessero all’Egitto di visitare Patrick Zaky in carcere, consentendo anche ad esponenti della società civile italiana ed internazionale di far parte di questa delegazione. Un invito che continuiamo a ribadire.

È nostro dovere morale proteggere Patrick Zaky che aveva scelto l’Italia per perfezionare la sua formazione culturale e scientifica. Lo dobbiamo a tutti quelli che scelgono l’Italia per studiare in serenità. La libertà di opinione e dissenso va sempre assicurata.

Di seguito ripercorriamo la vicenda del giovane studente egiziano.

L’arresto e l’accusa

L’arresto di Patrick Zaky è avvenuto il 7 febbraio del 2020, all’aeroporto de Il Cairo, non appena il giovane è tornato in Egitto dall’Italia. L’accusa per lo studente sarebbe quella di diffondere notizie false, incitare alla protesta e istigare alla violenza e agli atti terroristici nei confronti del governo Al-Sisi.  Secondo i suoi avvocati e la sua famiglia, Patrick avrebbe subito tortura da parte della polizia egiziana sin dai primi momenti della sua detenzione, interrogato in assenza di difesa, sarebbe stato sottoposto a percosse, minacce ed elettroshock. Sotto il governo di Al-Sisi, la libertà di espressione e di dissenso politico sono infatti gravemente compromesse, e i diritti fondamentali sistematicamente violati, come nel caso del giovane ricercatore italiano, Giulio Regeni, torturato e ucciso in Egitto nel 2016.

La convalida e i trasferimenti

Il tribunale egiziano ha respinto il ricorso presentato dalla difesa, confermando la custodia cautelare in carcere per lo studente,  convalidato anche nell’udienza dello scorso 22 febbraio.
Nei giorni successivi Patrick è stato poi trasferito dalla stazione di polizia di Talkha, dove si trovava, alla prigione pubblica di Mansura, e da questa alla prigione di Tora, al Cairo, dove si trova attualmente dal 5 marzo e di cui non si hanno notizie.

Il 7 marzo si è infine tenuta l’ultima udienza prima dell’emergenza sanitaria legata al diffondersi del Coronavirus, durante la quale è stata prorogata di ulteriori 15 giorni la carcerazione del giovane attivista.