“Padre” e “madre” nelle carte d’identità: la nostra nota legale all’ANCI

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“Padre” e “madre” al posto di “genitori”: così il decreto del Ministero dell’Interno 31 gennaio 2019 definisce i soggetti che possono richiedere la carta d’identità elettronica per un minore.

Quali sono i risvolti pratici di questa modifica? Nonostante possa sembrare un semplice cambiamento terminologico, l’utilizzo della dicitura “padre” e “madre” causa non pochi problemi a quelle coppie di genitori che non rientrano in questa definizione. Il riferimento è non soltanto alle coppie formate da due madri o due padri, ma anche alle ipotesi in cui l’esercizio della potestà genitoriale sia la conseguenza di casi particolari di adozione, trascrizione di atti di nascita formati all’estero, riconoscimento in Italia di un provvedimento di adozione pronunciato all’estero o rettificazione di attribuzione di sesso.

In queste ipotesi il decreto sembra non contemplare la possibilità di una richiesta congiunta della carta d’identità valida per l’espatrio per un minore.
Una richiesta di questo tipo da parte di una coppia omogenitoriale potrebbe essere rifiutata dall’ufficio competente – in violazione di legge – oppure imporrebbe a uno dei due genitori di fare una dichiarazione non corrispondente alla realtà – con la responsabilità penale che ne consegue. E anche qualora il documento venisse rilasciato, questo conterrebbe informazioni non veritiere relativamente all’identità dei soggetti che hanno la responsabilità genitoriale del soggetto minore, così vanificando lo scopo stesso del documento identificativo.

Sulle modifiche introdotte dal decreto Ministero dell’Interno 31 gennaio 2019 si era espressa nell’ottobre del 2018 l’Autorità garante per la protezione dei dati personali, sottolineando la necessità che le norme sul rilascio della carta d’identità elettronica siano idonee ad assicurare l’esattezza dei dati verificati dall’ufficiale di stato civile nei relativi registri.

Facendo eco alle criticità evidenziate dal Garante per la protezione dei dati personali, Cild ha deciso di denunciare in questa nota legale la manifesta illegittimità e contrarietà al Trattato di Lisbona sulla lotta ad ogni forma di discriminazione e alla Direttiva 2004/38/CE del decreto del Ministero dell’Interno 31 gennaio 2019. Oltre a ribadire il carattere discriminatorio delle misure contenute nel decreto, nella nota Cild sottolinea come l’illegittimità del decreto ministeriale debba essere rilevata non soltanto in sede giurisdizionale, ma anche dal Sindaco quale Ufficiale d’Anagrafe.

Il rispetto della gerarchia delle fonti normative e del principio di non discriminazione dovrebbe indurre i Sindaci a impartire direttive ai propri Uffici anagrafici volti a garantire il rilascio della carta d’identità (anche) se la richiesta proviene da figure esercenti la responsabilità genitoriale che rientrano nella nozione di “padre” e “madre”.

La soluzione che Cild propone è che in questi casi si faccia ricorso al rilascio di carte d’identità cartacee mantenendo la dicitura “genitori”, così come avveniva precedentemente all’entrata in vigore del decreto ministeriale di cui si denuncia l’illegittimità. Una soluzione, questa, che sebbene non risolutiva e discriminatoria avrebbe il merito di garantire agli interessati in tempi brevi il diritto ad avere un documento di identità valido ai fini dell’espatrio, senza commettere falsi in atti pubblici e senza dover attendere l’esito di un procedimento giurisdizionale.

La nota legale – disponibile qui – è stata inviata all’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e ai seguenti sindaci:

  • Sindaco del Comune di Bari
  • Sindaco del Comune di Bologna
  • Sindaco del Comune di Campobasso
  • Sindaco del Comune di Firenze
  • Sindaco del Comune di Lecce
  • Sindaco del Comune di Milano
  • Sindaco del Comune di Napoli
  • Sindaco del Comune di Palermo
  • Sindaco del Comune di Roma
  • Sindaco del Comune di Torino

 

Si ringrazia l’avv. Emanuele Rumi Rios per il supporto