Il “Piano rom” del Comune di Roma calpesta i diritti umani

Piano rom
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Nei giorni scorsi le forze dell’ordine sono entrate nell’insediamento Camping River di Roma per dare seguito all’operazione di sgombero ordinata dall’Amministrazione Capitolina, senza offrire ai residenti nel Camping alcuna soluzione abitativa alternativa. Dopo questi fatti, 61 organizzazioni e 27 accademici hanno scritto alla sindaca Raggi e all’Europa per chiedere la revisione del Piano rom del Comune di Roma.

Il “Piano rom” del Comune di Roma

Il 26 maggio 2017 la Giunta Capitolina ha adottato il “Piano di Indirizzo di Roma Capitale per l’inclusione delle Popolazioni Rom, Sinti e Caminanti” (c.d. “Piano rom”). Il Piano, che avrebbe dovuto svilupparsi nel pieno rispetto dei principi della Strategia Nazionale per l’Inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti, prevedeva inizialmente una serie di interventi finalizzati al superamento degli insediamenti da attuarsi in via sperimentale nei “campi” di La Barbuta e Monachina.

Il 28 giugno 2017 il piano è stato modificato, estendendo le misure sperimentali per l’inclusione anche ai rom presenti nell’insediamento di Camping River. Ne è seguito che da ottobre 2017 il Camping River non è più considerato un “villaggio attrezzato” ma un’area privata occupata, nei confronti della quale l’Amministrazione Comunale è stata esonerata da qualsiasi responsabilità.

Il Camping River

Dal 2005, attraverso una convenzione stipulata con l’ente gestore, il Camping River è stato destinato all’accoglienza di famiglie rom originarie principalmente della Bosnia-Erzegovina e della Romania. All’inizio del 2017 il Comune di Roma, grazie al censimento operato dalla Polizia locale, ha registrato la presenza di 420 persone.

In seguito all’adozione del Piano rom, però, la situazione al Camping è cambiata. L’Ufficio Speciale rom, sinti e caminanti del Comune di Roma ha infatti intrapreso un percorso volto a condurre le famiglie presenti nel Camping River verso il raggiungimento di un’autonomia alloggiativa, senza operare però alcun intervento sugli assi lavoro, salute ed educazione – interventi trasversali e strettamente interconnessi con il tema dell’abitare.

Nonostante la gran parte delle famiglie residenti all’interno del “campo” sia risultata idonea al progetto di fuoriuscita assistita dal “villaggio Camping River”, le persone in questione non hanno potuto beneficiare in concreto delle soluzioni previste dal Piano rom: di conseguenza, queste famiglie hanno continuato ad alloggiare nei container dell’insediamento. Tale situazione di precarietà, unita all’assenza di un dialogo adeguato con le famiglie presenti, ha avuto gravi ripercussioni sui residenti.

Lo scorso 15 maggio l’Amministrazione capitolina ha deciso di porre fine a questa situazione, lanciando un ultimatum ai residenti del Camping in vista della sua dismissione. Alle famiglie è stato intimato con una lettera di ingiunzione di «lasciare immediatamente libero da persone e cose il modulo abitativo occupato, unitamente al suo nucleo familiare, inderogabilmente entro la data del 15 giugno 2018». Ora la scadenza si è spostata al 30 giugno, ma l’ingiunzione di rilascio dei moduli abitativi è l’ennesima azione di un piano inefficace, che non prevede l’avvio di alcun processo partecipativo con i destinatari delle politiche.

Un bambino dorme in uno dei container sequestrati del Camping River
Un bambino dorme in uno dei container sequestrati del Camping River via Facebook Carlo Stasolla

L’azione dell’Amministrazione Capitolina

Scaduto l’ultimatum del Comune di Roma, l’Amministrazione ha iniziato il “superamento dell’insediamento” attraverso l’intervento di un ingente schieramento di forze dell’ordine che ha fatto ingresso nel Camping nelle mattinate del 21 e 22 giugno. Tra vetri divelti, pareti sfondate, porte e finestre smontate, le forze dell’ordine hanno distrutto 18 container. Nel corso dell’operazione non è stato consentito l’ingresso nell’insediamento ad osservatori ed attivisti per i diritti umani.

L’unica soluzione abitativa alternativa proposta ai residenti è stata quella di dividere le famiglie: donne e bambini in case famiglia, uomini per strada. La proposta non è stata accettata da nessuno dei nuclei in questione e i residenti si sono visti costretti ad alloggiare all’aperto. Intimare alle persone di abbandonare i moduli abitativi senza fornire alcuna soluzione abitativa alternativa viola tutti gli standard internazionali sul diritto all’alloggio – oltre ad andare in netto contrasto con i principi della Strategia Nazionale per l’Inclusione dei rom, sinti e caminanti – e pone le famiglie rom in una situazione di gravissima vulnerabilità, costringendole a dormire all’addiaccio o ad allontanarsi dall’insediamento per adattarsi a soluzioni informali, temporanee e precarie.

Quanto accaduto al Camping River ha provocato molte reazioni, tra cui quella di Luigi Manconi, direttore dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Alla notizia dell’imminente sgombero di una parte dei rom residenti nell’insediamento, Manconi aveva chiesto che ciò avvenisse nel pieno rispetto dei diritti fondamentali delle persone. Tuttavia, come lui stesso ha dichiarato, “sembra proprio che così non sia avvenuto.”

La denuncia di Associazione 21 luglio

Di fronte agli eventi di Camping River, seguiti alle dichiarazioni del Ministro dell’Interno Matteo Salvini che paventa un censimento etnico per la comunità rom in Italia, Associazione 21 luglio ha deciso di mobilitarsi. L’Associazione ha innanzitutto sottolineato che distruggere i container, oltre a rappresentare una pesante violazione dei diritti umani che infrange gli standard internazionali del diritto all’abitare, è stato un atto cinico e illogico. Poiché le strutture distrutte sono di proprietà del Comune di Roma, questa azione ha infatti causato un consistente danno economico per l’Amministrazione. L’Associazione ha poi inviato una lettera alla sindaca di Roma Virginia Raggi e ad alcuni organismi europei, chiedendo al Comune di Roma di tornare sui propri passi e optare per soluzioni ragionate e condivise per il superamento dei “campi”. La lettera è stata sottoscritta da quasi 90 tra Associazioni e Organizzazioni della società civile, accademici e responsabili istituzionali.

Nella lettera sono tre le richieste avanzate in via urgente alla prima cittadina: l’immediata sospensione delle azioni previste nell’insediamento Camping River; l’adozione delle azioni più opportune volte alla verifica delle responsabilità della distruzione di beni di proprietà di Roma Capitale e della messa in stato di estrema vulnerabilità – in violazione delle basilari garanzie procedurali – dei nuclei familiari dimoranti in tali moduli; l’impegno ad una profonda revisione del “Piano di Indirizzo di Roma Capitale per l’inclusione delle Popolazioni Rom, Sinti e Caminanti” giudicato lesivo dei diritti umani.

 

Foto di copertina: Associazione 21 luglio