Rom, superare i campi. 21 Luglio presenta il suo nuovo Rapporto
Alla vigilia della Giornata Internazionale dei Rom e dei Sinti, celebrata l’8 aprile di ogni anno, Associazione 21 Luglio ha presentato il suo Rapporto annuale. Con questo rapporto l’associazione intende puntare la lente sulle condizioni di vita delle comunità Rom e Sinti che vivono ancora molto spesso segregate nei cosiddetti ‘campi rom’, vittime di politiche istituzionali discriminatorie.
La questione dell’emergenza abitativa rimane centrale per capire quali sono le condizioni di vita delle comunità Rom e Sinti nel nostro paese. L’Italia viene denominata il ‘Paese dei campi’ in quanto nazione maggiormente impegnata nell’ultimo ventennio nella progettazione, costruzione e gestione di aree all’aperto destinate a segregare su base etnica le comunità Rom.
In Italia sono 26.000 le persone, secondo la mappatura condotta nel 2017 da Associazione 21 Luglio, che vivono in una situazione di emergenza, tra i quali circa 16.400 in insediamenti formali (148 in tutta la pensiola) e 9.600 in insediamento informali o in micro insediamenti. Cifra che ha registrato un decremento del 7% rispetto al 2016, anno durante il quale i rom censiti erano 28.000. Un dato che si spiega in parte con il trasferimento di alcune comunità da insediamenti informali ad immobili occupati e dallo spostamento volontario di alcune famiglie verso altri paesi europei.
In questi insediamenti le condizioni di vita rimangono deplorevoli. Le baraccopoli istituzionali, progettate, costruite e gestite dalle autorità pubbliche, rimangono al di sotto degli standard internazionali sia per quanto riguarda le condizioni igienico-sanitarie sia rispetto alle condizioni strutturali dell’insediamento stesso e delle relative unità abitative. Negli anni alcune di queste baraccopoli istituzionali sono anche state trasformate in insediamenti ‘tollerati’, aree non più autorizzate ma alle quali le autorità pubbliche continuano ad arrogare servizi minimi. Per quanto riguarda le baraccopoli ‘informali’, sono costituite da abitazioni precarie (roulotte, tende, baracche auto-costruite) all’interno delle quali non è spesso presente l’acqua corrente, il riscaldamento, la rete idrica, fognaria e l’illuminazione.
Queste condizioni di vita non risultano senza conseguenze per la salute di coloro che vivono in questi insediamenti e che hanno una aspettativa di vita di 10 anni inferiore a quella della popolazione italiana.
Da qualche anno – fa presente il rapporto di Associazione 21 Luglio – vari enti di monitoraggio internazionale hanno segnalato come la Strategia nazionale d’inclusione dei Rom non abbia prodotto miglioramenti tangibili sulle condizioni delle comunità Rom e Sinte in situazione di emergenza abitativa.
Nel 2017 sono stati registrati interventi, soprattutto al livello locale, disomogenei, contraddittori e talvolta in contrasto con l’orientamento della Strategia. Alcuni insediamenti monoetnici sono stati costruiti o ristrutturati, andando così nella direzione opposta del loro superamento. Alcune città hanno anche visto il numero di sgomberi forzati aumentare quando andrebbero invece evitati. Sgomberi che non producono mai l’effetto di sanare l’inadeguatezza dell’alloggio ma che raggiungono l’effetto opposto di replicare altrove la situazione, consolidando il circolo vizioso della povertà e dell’esclusione. L’attività di monitoraggio condotta di Associazione 21 Luglio ha così permesso di registrare 230 operazioni di sgomberi forzati in Italia nel 2017, tra le quali 96 nel Nord Italia, 91 nel Centro e 43 nel sud.
Il Rapporto Annuale di Associazione 21 Luglio ci mostra dunque che, per un altro anno, l’obiettivo di superamento dei campi monoetnici non è dunque stato rispettato e la Strategia nazionale per l’inclusione dei Rom non ha fatto registrare risultati significativi.
I discorsi di odio contro le comunità Rom e Sinti
Come avevamo ricordato in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale, anche se l’aumento del flusso migratorio ha un po’ distolto i media e l’opinione pubblica dalla ‘questione Rom’, i discorsi di odio, di discriminazione e gli attacchi violenti sono ancora molto presenti nel nostro paese. Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio 21 Luglio esiste anche una connessione diretta tra le politiche pubbliche discriminatorie e segregative e gli episodi di odio dei quali sono vittime le comunità Rom e Sinti, soprattutto in periodi di campagne elettorali, durante le quali sono più numerosi e di maggiore intensità.
Durante l’anno scorso, l’Osservatorio 21 Luglio ha così registrato 182 episodi di discorsi di odio nei confronti di Rom e Sinti, di cui 51 (il 28,1% del totale) sono stati qualificati di una certa gravità. Anche se il numero di episodi considerati di una certa gravità sono diminuiti (passando da 57 a 51), il numero totale degli episodi è aumentato del 4% (passando da 175 registrati nel 2016 agli appunto 182 nel 2017).
Per quanto riguarda la distribuzione geografica, risulta esserci una forte concentrazione nel Lazio (33% dei casi, con Roma che raggiunge da sola il 31,2% sul totale), in Veneto (16,5%), in Emilia-Romagna (11,5%), in Lombardia (9,9%), in Piemonte (7,7%) e in Toscana (7,7%). Queste regioni cumulano insieme l’86% dei casi di discorsi d’odio (157 episodi di cui 47 di essi di una certa gravità).