Dati su telefonate e siti web conservati per 6 anni: e i nostri diritti?
Tutto quello che guarderemo, diremo, faremo online potrà essere usato contro di noi – anche se non siamo nemmeno sospettati di un reato.
Può essere questo il paradossale effetto della norma approvata ieri alla Camera secondo cui dati dei tabulati telefonici e del traffico su internet dovranno essere conservati dagli operatori di telecomunicazioni per ben 6 anni. Una misura a discapito della privacy di tutti i cittadini, che ha avuto pochissimo scrutinio e dibattito ma che può avere conseguenze molto pesanti per i cittadini, denunciano la Coalizione Italiana per le Libertà e i diritti civili e Hermes Center for Transparency and Digital Human Rights.
“Non ce lo chiede l’Europa. Anzi, l’indicazione era opposta: perché lo stato ha deciso di violare sistematicamente la privacy dei cittadini italiani? Perché tutti questi dati di cittadini e soggetti non imputati di reato o sospetto di reato devono essere conservati per tanto tempo?” dichiara Patrizio Gonnella, presidente della Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili.
Nello specifico, la norma è di tenore completamente opposto alle indicazioni chiaramente e recentemente fornite dalla Corte di Giustizia UE, e risulta in palese conflitto di legge con il vigente Codice della Privacy italiano.
Non sono bastate le durissime parole del Garante della Privacy Antonello Soro a suscitare in Parlamento una doverosa riflessione su una norma che, quantomeno per le metodologie di approvazione – inserita in una legge di recepimento di Direttiva Europea sulla “sicurezza degli ascensori” – appariva degna di ben più approfondite discussioni.
Lo scorso 24 ottobre a Firenze, il Garante si era espresso con toni insolitamente forti a Firenze durante il Convegno “Privacy digitale e protezione dei dati personali tra persona e mercato”, dichiarando: “Se la minaccia di attacchi informatici è quotidiana diventa ancora più incomprensibile la scelta presa recentemente dal Parlamento (dalla Camera n.d.r.): la decisione di aumentare fino a 6 anni la Data Retention, ignorando, non solo le sentenze della Corte di giustizia europea, ma anche il buon senso“.
Appare paradossale inoltre che le compagnie di telecomunicazioni non abbiano fatto sentire la propria voce: in un’epoca di attacchi informatici quotidiani, questa legge dà ancora più strumenti per mettere mani su numerosi dati personali.
Chi pagherà i danni in questi casi?
“Con questa norma tutti i cittadini, inclusi i parlamentari che l’hanno votata, potranno essere ricattati da chiunque possa accedere (lecitamente o meno) a queste sconfinate basi dati contenenti l’intera vita digitale di un individuo” aggiunge Fabio Pietrosanti, presidente di Hermes Center for Transparency and Digital Human Rights.
Pietrosanti continua: “Con ottime probabilità entro qualche anno tale norma sarà dichiarata contraria all’ordinamento comunitario dalla corte di giustizia europea, rendendo vano lo sforzo delle autorità impegnate nel contrasto al crimine organizzato e terrorismo, giacchè tutti i futuri processi basati su elementi probatori raccolti mediante il suo impiego, potranno essere stravolti.”