Dalla parte di Gazebo, ‘Zoro’ e della satira
Era il 1979 quando Paese Sera, la Stampa e il Giorno pubblicarono la notizia che Ugo Tognazzi, sì proprio lui, era stato arrestato in quanto accusato di essere il capo delle Brigate Rosse. Insieme a lui sarebbe finito in manette anche Raimondo Vianello in quanto parte della direzione strategica brigatista. In realtà era un falso. A pubblicare in edicola le false prime pagine dei tre quotidiani fu il giornale satirico ‘Il Male’. Chi era giovane in quegli anni ricorderà le scorrerie satiriche di quei geni del Male che erano Vincino, Sparagna, Zac. “Rivendico il diritto alla cazzata” pare abbia risposto il grande Ugo.
La satira è parte della democrazia, anche quando è fastidiosa, pungente, fuori luogo, antipatica, strafottente, cinica, insopportabile, ripetitiva, scorretta, volgare. La satira non può avere confini. Chi decide quali sono i confini della satira? Un giudice? Un collegio di giudici? Il Ministro degli Interni? La satira ha a che fare con la libertà di informazione, con la libertà di essere informati, con la libertà di pensiero, con la libertà di coscienza, con la laicità dello Stato.
La satira fa parte del campo semantico delle libertà. La censura alla satira fa parte del campo semantico del potere. La libertà, intesa nel senso che ad essa ha dato Amartya Sen, ha quale unico limite il rispetto dell’altrui libertà. La satira però non fa male a nessuno. Al massimo irride. Sfotte. Prende in giro. Ridicolizza. La censura, viceversa, fa male alla democrazia e alla comunicazione.
La storia della censura in Rai è una storia antica e nota. La lotta contro la censura è sempre stata una lotta contro il potere. In Rai è stata una lotta contro quello che era chiamato il ‘regime democristiano’. Un regime che buttò fuori dalla Rai per lunghissimi anni il premio nobel Dario Fo.
Cantava Edoardo Bennato nell’album ‘Io che non sono l’imperatore’: “Signor Censore – che fai lezioni di morale tu che hai l’appalto per separare il bene e il male, sei tu che dici quello che si deve e non si deve dire… Signor Censore – nessuno ormai ti fermerà e tu cancelli in nome della libertà la tua crociata per il bene dell’umanità… Signor Censore – da chi ricevi le istruzioni per compilare gli elenchi dei cattivi e buoni?… Lo so è un segreto lo so che non me lo puoi dire… Signor Censore – ma quello che nessuno sa è che sei tu quello che ci disegna le città… E poi ogni tanto cancella quello che non gli va… Signor Censore – tu stai facendo un bel lavoro disegni case, strade e piazze a tuo piacere, prima fai un ghetto poi lo nascondi con un muro… E mentre il ghetto si continua ad allargare Signor Censore – tu passi il tempo a cancellare le frasi sconce e qualche nudo un po’ volgare… Signor Censore: tu stai facendo un bel lavoro la tua teoria e che il silenzio è d’oro prima fai un ghetto poi lo nascondi con un muro… E così mentre la gente continua ad emigrare, tu sfogli i libri e passi il tempo a cancellare le frasi sconce, e qualche nudo un po’ volgare…”.
Detto questo, noi siamo dalla parte di Diego Bianchi, di Gazebo contro le accuse e le querele di Angelino Alfano e del suo partito. Non è un caso che abbiamo la parola libertà nel nostro titolo.