Sorveglianza: Hermes chiede riesame della richiesta di accesso al MISE
Lo scorso aprile abbiamo scritto – con Privacy International e Hermes Center – al Ministero dello Sviluppo Economico sulle esportazioni delle tecnologie di sorveglianza da parte delle aziende italiane.
Nella lettera chiedevamo con urgenza la pubblicazione di informazioni dettagliate su tali strumenti, a seguito anche di un documentario, andato in onda su Al-Jazeera, in cui venivano mostrate delle aziende italiane e internazionali disponibili a esportare apparecchiature di sorveglianza in paesi autoritari — tra cui Iran e Sud Sudan — che violano regolarmente i diritti umani della popolazione.
Alla lettera – ripresa da numerosi giornali come La Stampa, Repubblica, L’Espresso e Wired Italia – è seguita una richiesta di accesso civico generalizzato inviata da Fabio Pietrosanti di Hermes Center: veniva rinnovata la domanda circa la pubblicazione di informazioni sul tema, e ulteriori chiarimenti su quali licenze siano state approvate e rifiutate.
A seguito della mancata risposta da parte del Ministero dello Sviluppo Economico dopo i 30 giorni previsti, è stata quindi inviata una richiesta di riesame al Responsabile Anticorruzione in funzione dell’inadempienza del Responsabile Trasparenza a rappresentanza del Ministero, come previsto dalla legge (e in particolare dal Decreto legislativo 33/2013).
L’oggetto della richiesta di accesso generalizzato
La richiesta di accesso civico generalizzato è stata inviata il 26 aprile 2017 e riguardava i seguenti documenti:
- “documenti di comunicazione relativi agli esiti di operatività relativa alla concessione, diniego, sospensione o revoca di autorizzazioni all’export dual-use, inviati dal MISE alle società che hanno richiesto autorizzazione all’export, registrati nel Protocollo informatico dell’ente, relativi alle categorie Wassenaar 5A001f e 5A001J”
- “dettaglio delle disposizioni di titolo di esportazione per ogni azione di richiesta di licenza ricevuta / autorizzata / rifiutata / sospesa / revocata relativa alle categorie Wassenaar 5A001f e 5A001J”
Purtroppo, trascorsi i 30 giorni di tempo previsti, non abbiamo ricevuto alcun pronunciamento dal Ministero e pertanto, secondo quanto previsto dalla legge, abbiamo proceduto a presentare richiesta di riesame al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, il quale avrà 20 giorni di tempo per esprimersi con un provvedimento motivato.
Cosa sono le categorie Wassenaar
L’accordo di Wassenaar è un accordo multilaterale fra 41 nazioni per garantire un controllo efficace sull’esportazione delle armi convenzionali e di quelle dual use — beni e tecnologie utilizzabili sia per scopi civili che militari.
Nello specifico, la categoria 5A001f riguarda le tecnologie che permettono di intercettare e monitorare le telecomunicazioni mobili, inclusi gli IMSI catcher — si tratta di una finta stazione radio in grado di tracciare il traffico telefonico e localizzare l’utente grazie all’individuazione del codice identificativo IMSI della SIM — e le strumentazioni in grado di degradare, interferire, o inibire le comunicazioni mobili.
La categoria 5A001j riguarda le tecnologie di sorveglianza delle reti internet, in grado di estrarre i metadati — tutti quei dati che rivelano informazioni sull’identità, l’orario e la data di invio, la posizione ed altre informazioni di contorno relative alle nostre comunicazioni digitali — ed i contenuti stessi delle comunicazioni.
Maggiore trasparenza da parte del Ministero
La mancanza di trasparenza sul tema delle esportazioni di tecnologie di sorveglianza colpisce tutta l’Europa, ma la posizione Italiana è aggravata dalla presenza di numerose aziende che producono questo tipo di tecnologie e che in passato hanno già ottenuto licenze per esportare in stati autoritari o, comunque, repressivi nei confronti dei diritti dei cittadini.
Secondo un’inchiesta del giornale danese Information sull’export di tali tecnologie, l’Italia non ha fornito alcuna informazione riguardo le licenze accordate per le esportazioni di tecnologie dual use, mentre invece Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Paesi Bassi e Regno Unito hanno risposto alle richieste dei giornalisti e fornito i dati.
Secondo quanto riportato da Information, l’Italia si è rifiutata di fornire le informazioni richieste poiché riservate.
Quando si tratta di tecnologie di sorveglianza così invasive e in grado di mettere in pericolo i diritti umani e la vita di altre persone è necessario che ci sia la massima trasparenza: per questo rinnoviamo la richiesta al MISE, certi che non abbia alcuna volontà di avallare abusi.