Il film su Edward Snowden e la grazia negata da Obama
In questi giorni è nelle sale cinematografiche il film “Snowden”, di Oliver Stone, che racconta la vita e le scelte di Edward Snowden. Qual è la situazione del whistleblower americano dopo la campagna #PardonSnowden e l’elezione di Donald Trump come nuovo presidente USA?
di Philip Di Salvo, ricercatore e giornalista
Barack Obama lo ha confermato qualche giorno fa: non sarà concessa la grazia presidenziale a Edward Snowden, chiesto da più parti nel contesto della fine del suo mandato da Presidente.
La notizia arriva mentre la campagna #PardonSnowden, patrocinata dall’American Civil Liberties Union (Aclu), Amnesty International e Human Rights Watch, stava cercando di smuovere le acque successivamente alle elezioni Usa. L’imprevista elezione di Donald Trump al vertice della Casa Bianca non ha cambiato le intenzioni di Obama che, al contrario, ha ora ufficializzato la sua volontà di non intervenire con questo strumento giuridico. La dichiarazione è stata fatta in Germania a Der Spiegel durante l’ultimo viaggio di Obama in Europa.
Obama ha giustificato la sua decisione sostenendo che la grazia presidenziale può essere concessa esclusivamente a persone che si sono viste infliggere una sentenza da parte di un tribunale. Nel caso di Snowden, il whistleblower grazie alle cui rivelazioni dobbiamo il Datagate e i dettagli sulla sorveglianza di massa della Nsa e delle agenzie a essa alleate, a essere note sono esclusivamente le accuse che gli sono state rivolte. Secondo i promotori della campagna, intervenuti con un post sul sito dell’iniziativa, il Presidente uscente avrebbe comunque la possibilità di graziare Snowden. Secondo quanto scrivono gli organizzatori della campagna, infatti, il Presidente può infatti farlo a sua discrezione, come avvenuto ad esempio con Gerald Ford che concesse la grazia al suo predecessore Richard Nixon, dimessosi per il caso Watergate ma mai formalmente nemmeno indiziato di alcun crimine. Inoltre, a inizio anno, Obama stesso ha concesso clemenza a sette cittadini iraniani coinvolti nel programma nucleare.
A Snowden non sarà concesso il medesimo trattamento, nonostante il suo contributo sia stato fondamentale nell’ispirare un ampio dibattito pubblico sui temi della sorveglianza di massa e della privacy nell’era digitale e nonostante, grazie a quanto abbiamo appreso dalle sue rivelazioni, sia stato possibile definire come illegali le attività di controllo delle comunicazioni della National Security Agency: nel maggio del 2015, infatti, la Seconda Corte di Appello ha stabilito come le attività di intercettazione telefonica di massa sul territorio americano, rivelate proprio da Snowden, fossero illegali. Per la prima volta dopo gli attacchi dell’11/9, inoltre, il Patriot Act – la base legale di tutti gli eccessi della Nsa e delle altre politiche anti-terrorismo Usa – non è stata rinnovato dall’amministrazione Obama, che ha invece approvato il Freedom Act, una riforma che per la prima volta (nonostante i limiti) ha di fatto ridimensionato i poteri della Nsa.
L’impatto delle rivelazioni di Snowden non si è limitato esclusivamente agli Usa. Le autorità europee, con una dichiarazione della Corte di Giustizia, hanno ad esempio stabilito come l’accordo “safe harbour” tra Usa ed Europa fosse invalido, proprio a seguito delle rivelazioni di Snowden. La ragione? “Il diritto e le pratiche degli Usa non offrono sufficienti protezioni contro la sorveglianza da parte della autorità sui dati trasferiti in quel Paese”. Se negli ultimi tre anni si è discusso – su un piano davvero globale – di queste questioni lo si deve all’opera di whistleblowing di Edward Snowden cui ora, senza la concessione della grazia, viene negato ogni credito come fonte scatenante di quel dibattito.
Edward Snowden rimane quindi accusato di furto di proprietà governativa e violazione dell’Espionage Act per aver comunicato informazioni riservate a persone non autorizzate (cioè i giornalisti da lui contattati). Secondo la campagna #PardonSnowden, altre accuse potrebbero essere aggiunte alla conteggio finale e Snowden potrebbe rischiare di trascorrere il resto della vita in carcere o comunque vedersi infliggere una sentenza molto severa, come già avvenuto a Chelsea Manning.
Ben Wizner, avvocato dell’American Civil Liberties Union che segue Edward Snowden, ha spiegato a Wired perché l’Espionage Act è particolarmente preoccupante nel caso del suo assistito:
“Snowden non potrebbe spiegare a una giuria perché ha fatto quello che ha fatto. Nel mondo esiste un generale consenso, anche tra persone che non sono necessariamente d’accordo con Snowden, sul fatto che vi sia stato un dibattito storico e globale come risultato delle sue rivelazioni, mentre, qui negli Usa, abbiamo avuto alcune tra le riforme più significative di questa generazione. […] Niente di tutto questo sarebbe ammissibile o riferibile durante un processo ai sensi dell’Espionage Act. Tutto questo sarebbe escluso per il semplice fatto che Snowden ha dato delle informazioni a qualcuno che non era previsto le ricevesse, in questo caso i giornalisti. Snowden andrebbe quindi a processo ma solo per la sua punizione. In teoria potrebbe ricevere 10 anni per ogni violazione che gli viene contestata e ogni documento dato ai giornalisti potrebbe essere considerato una singola violazione”.
Snowden si trova in Russia dall’estate del 2013, unico Paese ad avergli offerto un permesso di residenza valido fino al prossimo agosto. Il futuro, da questo punto di vista, è ora incerto. Nessun altro Paese ha voluto concedere asilo o accoglienza a Snowden quando il whistleblower cercava di lasciare Hong Kong (dove aveva incontrato i giornalisti a cui aveva fatto le sue rivelazioni), motivo per il quale Snowden si è trovato bloccato all’aeroporto di Mosca – senza più un passaporto valido, essendo il suo americano stato revocato -, mentre cercava di raggiungere l’Ecuador che, in un primo momento, sembrava avergli concesso asilo politico. Da quel momento Snowden si trova in un limbo sul quale le recenti elezioni Usa devono ancora chiarire il loro potenziale impatto.
In un tweet del 2014 Trump definì Snowden “una spia che ha causato gravi danni agli Usa” aggiungendo che “quando il nostro Paese era forte e rispettato le spie venivano giustiziate”. Mike Pompeo, l’uomo scelto da Trump per guidare la Cia, ha invece parlato di Snowden come di “un traditore” e che la conclusione migliore del caso sarebbe la “pena di morte”. Anche i nuovi assetti geopolitici conseguenti l’elezione di Trump avranno un impatto sulla situazione. Quello che è certo è che la nuova amministrazione difficilmente concederà a Snowden quella clemenza rifiutata anche da Obama.
In questi giorni arriva nelle sale italiane “Snowden”, il film di Oliver Stone dedicato proprio al whistleblower della Nsa e al suo percorso personale fino alla scelta che lo ha reso celebre e controverso. Il messaggio della pellicola, salvo sorprese impreviste, non è arrivato nello Studio Ovale: la speranza è che arrivi almeno al grande pubblico.