“L’Italia ha raggiunto un punto di non ritorno sulla legalizzazione della cannabis”

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Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Liberties.eu, il sito di informazione del network European Liberties Platform, una rete informale di ONG europee che si occupano di libertà civili (e di cui CILD fa parte).

“Con il passare del tempo, gli Italiani sono arrivati alla conclusione che la cannabis non è pericolosa,” ha dichiarato Marco Perduca, figura leader nella riforma della legislazione sulla cannabis in Italia, dove circa 4 milioni di persone ne fanno un uso regolare.

Marco Perduca è un forte sostenitore della riforma delle leggi sulla cannabis in Italia ed è stato tra i primi rappresentanti della società civile a schierarsi contro la normativa sulla droga alla Commissione Droghe delle Nazioni Unite.
Peter Sarosi di Drugreporter lo ha intervistato sulle prospettive di riforma delle leggi sulla cannabis in Italia.

Drugreporter: da anni Lei combatte per la riforma della legislazione sulla cannabis in Italia. Come sono cambiate l’opinione pubblica e le norme sulla cannabis negli ultimi dieci anni in Italia?

Marco Perduca: Marco Pannella, fondatore del Partito Radicale scomparso a maggio all’età di 86 anni, veniva in genere accolto in strada dai giovani con le parole “Legalizzala Marco!” Quei ragazzi sono nati negli anni ’90, quando l’Italia ha votato al referendum nazionale del 1993 che ha depenalizzato l’uso personale e il possesso di tutte le droghe. Quasi 12 milioni di persone hanno firmato la proposta del Partito Radicale di riformare una delle leggi contro le droghe più proibizioniste d’Europa.

Prima e dopo quel referendum, Marco Pannella e molti membri del Partito Radicale hanno realizzato azioni di disobbedienza civile, distribuendo hashish in occasione di eventi pubblici, nelle piazze dei mercati e in televisione, contribuendo a creare un clima politico positivo e festoso per promuovere una riforma strutturale delle droghe e nuove leggi e politiche.

Marco Perduca è una figura leader nella riforma della legislazione sulla cannabis in Italia (Foto: Drugreporter)

Negli anni, decine di membri per Parlamento e alcuni ministri chiave, come Umberto Veronesi, intellettuali e scrittori, come Roberto Saviano, cantanti, come Vasco Rossi, si sono espressi contro il proibizionismo, chiedendo una riforma globale nel campo del controllo sulle droghe. Vent’anni di Berlusconi al governo e all’opposizione hanno polarizzato il dibattito pubblico, ma ora la situazione sembra cambiata e anche i giornali e le reti televisive che appartengono alla galassia di Berlusconi spesso parlano di fallimento del proibizionismo.

Una nuova generazione di esperti di mafia ha anche insistito sul fatto che le droghe sono l’affare più redditizio delle mafie. Senza il proibizionismo, quei profitti sarebbero drasticamente ridotti. Quando Matteo Renzi, qualche anno fa, era in corsa per vincere le primarie del Partito Democratico, si espresse in favore della depenalizzazione. Soltanto la Chiesa ha continuato a schierarsi contro qualunque modifica alla legge, anche se alcuni tra i preti più attivi della società civile hanno mostrato il loro dissenso e anche se nessuno tra i più alti rappresentanti del Vaticano ha mai chiesto pene più severe per i “tossicodipendenti.”

DR: cosa prevede l’attuale normativa sulla cannabis? Come viene applicata la legge?

MP: la restrittiva legge italiana, approvata nel 2006, è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale nel 2014. Da allora, il Parlamento ha approvato alcune modifiche che hanno quasi eliminato le pene per i trasgressori che vengono fermati la prima volta e ha ridotto quelle per i recidivi. La coltivazione e il possesso di quantità “ingenti” di sostanze illecite e le circostanze dei sequestri (presenza di bilance, forbici, piccoli sacchetti di plastica) può far sì che tu venga considerato uno spacciatore e punito con cinque o addirittura sette anni di carcere. Quindi è stato in sostanza depenalizzato, ma qualcuno può ancora incorrere in pene severe.

La legge viene applicata in un modo che colpisce le categorie più vulnerabili, i giovani e gli immigrati. Nel primo caso, l’obiettivo è di spaventarli e “sporcare” la loro fedina penale; nel secondo caso, ricordare loro che possono essere espulsi dal paese se collaborano con organizzazioni criminali.

Anche l’accesso alla giustizia è abbastanza problematico per i poveri e gli stranieri. Il Libro Bianco pubblicato di recente da un gruppo di organizzazioni, coordinate dalla Società della Ragione, mostra chiaramente come la legge sia ancora piuttosto punitiva per alcuni e sottolinea come il 25% dei detenuti si trovi in carcere per reati correlati alla droga.
La Corte Costituzionale Italiana ha dichiarato incostituzionale la fortemente punitiva legge sulla cannabis nel 2014.

DR: cosa sappiamo degli effetti deterrenti di questa legge? Disincentiva i giovani dal fare uso di cannabis?

MP: Semmai il contrario. La droga, qualunque droga, è sempre stata presente nelle strade italiane negli ultimi dieci anni. Quindi nessuna deterrenza e nessuna assistenza sociale o medica per coloro il cui consumo è problematico.

DR: Eppure, molte persone si oppongono ancora ad una riforma della legislazione sulla cannabis? Di cosa hanno paura e come possiamo limitare queste paure?

MP: Nel tempo, gli italiani sono arrivati alla conclusione che la cannabis non è pericolosa. Non soltanto circa quattro milioni di persone la usano con regolarità, secondo il rapporto annuale del governo al Parlamento, ma recenti sondaggi mostrano che solo il 30% degli italiani è totalmente contrario a modificare la legge, gli altri sono favorevoli a una riduzione delle pene o a una completa legalizzazione.

La principale preoccupazione è che, una volta legale – o totalmente depenalizzata – i ragazzi diventerebbero dipendenti. Anche se non non c’è alcuna letteratura nazionale o internazionale che lo comprovi, questo resta l’argomento emotivo più usato dai fronti conservatori e trova una sponda tra i genitori di bambini piccoli.

Io penso che il modo più efficace per fronteggiare queste paure sia produrre studi scientifici che da un lato chiariscano il potenziale impatto del consumo di cannabis sui giovani e, dall’altro lato, dimostrino come il mercato ha reagito laddove le pene per la produzione, il commercio e il consumo sono state ridotte.

DR: Qual è l’atteggiamento della polizia e delle agenzie del controllo in generale? Sta cambiando?

MP: Come in tutto il mondo, in tempi di crisi economica, anche i dipartimenti di polizia hanno subito dei tagli significativi e sono stati creati dei meccanismi di finanziamento dei distretti più attivi. Nulla è più facile che mettere una pattuglia di fronte ad una discoteca affollata il sabato sera per dimostrare che un ufficio di polizia (o dei carabinieri) è attivo nel perseguire pericolosi spacciatori. Nonostante il fatto che acciuffare i piccoli spacciatori non è una priorità per il paese, nell’estate in particolare abbiamo assistito ad un aumento di arresti e alla confisca di piccole quantità. Questo può anche essere una conseguenza del fatto che, con la criminalità ai livelli più bassi da sempre in Italia (392 omicidi lo scorso anno, in un paese di 60 milioni di persone), le agenzie del controllo anno bisogno di qualcosa per occupare il loro tempo.

DR: Considerato che molti deputati e senatori si sono schierati a favore di una proposta per legalizzare la cannabis, pensa che sia arrivato il momento storico per una riforma delle politiche sulla droga in Italia?

MP: Il cosiddetto intergruppo Cannabis Legale cresce di giorno in giorno; ora abbiamo il sostegno di 240 deputati su 630 e di 80 senatori su 315, che significa che quasi un terzo dei legislatori italiani non solo è favorevole alla legalizzazione, ma sta concretamente proponendo una legge per metterla in atto. Questo è senza precedenti in Italia e, a quanto ne so, in tutto il mondo! Entro la fine di settembre il Senato approverà finalmente un disegno di legge per rendere nuovamente legale la canapa industriale (negli anni ’50 l’Italia era leader mondiale in questo settore), cosa che sono sicuro aggiungerà argomenti al re-introduzione di questa pianta nella tradizione nazionale.

Alla fine di settembre, il governo presenterà il suo rapporto annuale al Parlamento e riteniamo che dimostrerà un interessante cambiamento di approccio. Al contempo, l’Ufficio Nazionale Anti-Mafia, il Presidente dell’Autorità Nazionale Anti-Corruzione e il Segretario del più grande sindacato di polizia si sono detti tutti favorevoli all’idea di legalizzare la cannabis. Sappiamo che molti membri del governo sono personalmente a favore della legalizzazione delle sostanze illecite e il ministro della giustizia, che a UNGASS ha dichiarato che l’ONU dovrebbe abbandonare l’ideologia e mettere in atto politiche efficaci e concrete, ha detto alla stampa di guardare con mente aperta al dibattito parlamentare. Quindi sì, l’Italia ha raggiunto un punto di non ritorno almeno sulla questione della legalizzazione della cannabis.

A UNGASS il ministro della giustizia italiano ha sollecitato l’ONU ad abbandonare l’ideologia e a perseguire delle politiche sulle droghe efficaci e pragmatiche. (Foto: Norwegian Mission to the UN)

DR: Cosa ne pensa delle politiche internazionali sulla riforma delle droghe, come vede il futuro del regime di proibizionismo globale?

MP: Se l’Italia va avanti nel cambiare le sue leggi; se altri quattro o cinque stati americani la legalizzano a novembre; se anche altri paesi europei, come la Repubblica Ceca o il Portogallo, fanno progressi; se il Canada, la prossima primavera, decide di legalizzare la cannabis – il regime di proibizionismo globale non avrà più lunga vita. Ci sarà un grande bisogno di promuovere una seria riflessione regionale e internazionale, perché se i grandi stati, come la California, e paesi come l’Italia e il Canada decidono di andare oltre la famigerata “flessibilità” promossa da UNGASS 2016 sulle droghe, che non si è spinta fino a sostenere la legalizzazione, il problema diventerà politico e le Nazioni Unite dovranno trovare una strategia diversa in questo nuovo scenario.

Ultimo ma non meno importante, Hillary Clinton di recente ha dichiarato che non si opporrebbe a un’introduzione della cannabis ad uso terapeutico. In fin dei conti non esistono meccanismi sanzionatori all’interno delle convenzioni ONU sulle droghe, quindi una soluzione diplomatica diventerà necessaria.

 

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