Pre-rapporto Antigone 2016: tornano a crescere i detenuti, troppi in custodia cautelare

Foto: Wikimedia / Creative Commons
Share on FacebookTweet about this on TwitterShare on LinkedInEmail to someone
Print Friendly

Il 28 luglio 2016 si è svolta presso la Camera dei Deputati la presentazione del pre-rapporto di Antigone per l’anno 2016 sullo stato delle carceri italiane. Alla conferenza stampa era presente anche Santi Consolo, capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Facciamo il punto sui dati fondamentali della rilevazione effettuata da Antigone, al suo diciottesimo anno d’osservazione in carcere.

Torna ad aumentare la popolazione carceraria

Uno dei primi dati che risalta, afferma Patrizio Gonnella, Presidente dell’Associazione Antigone, è l’aumento della popolazione carceraria che, al 30 giugno 2016, ammonta a 54.072 unità, a fronte dei 52.754 alla medesima data nel 2015. Apparentemente, questo dato non avrebbe ragione di essere tale in quanto si presenta a legislazione invariata, senza cioè che siano avvenuti cambiamenti rilevanti nel sistema giudiziario tali da provocare un simile aumento.

 

Tanti in custodia cautelare, soprattutto stranieri

Tuttavia, andando ad analizzare la tipologia di ristretti all’interno dei carceri, la situazione può risultare più chiara. Dei 54.072 detenuti presenti, ben 18.908 sono detenuti in custodia cautelare, corrispondenti al 34,9% della popolazione ristretta: ciò implica che oltre un terzo della popolazione carceraria resta ancora in attesa di giudizio e, fino a prova contraria, non colpevole dei reati ascritti.

E sono soprattutto immigrati coloro a cui vengono applicate misure cautelari, in particolare nella prima fase di giudizio: risulta infatti che, alla data di riferimento, i detenuti stranieri ammontino a 18.166, ossia il 33,5% della popolazione reclusa, a fronte dei 17.207 (32,6%) risultanti al 30 giugno 2015.

La crescita della popolazione detenuta appare, quindi, “l’esito dell’operato delle forze di Polizia e della magistratura, più orientato al ricorso al carcere rispetto agli anni precedenti. Probabilmente c’è più leggerezza nell’uso della misura cautelare ritenendo meno grave la condizione di sovraffollamento delle carceri”, afferma Gonnella.

Infografica: Antigone.
Infografica: Antigone.

L’importanza dei diritti religiosi in carcere

Infine, ultimo ma non meno importante, il dato sulle credenze religiose della popolazione detenuta. Sono infatti 29.658 i praticanti di fede cattolica, 6.138 di fede musulmana, 2.263 ortodossi e meno di 300 praticanti altri culti.

Il dato assume particolare rilevanza, come lo stesso Santi Consolo ha sottolineato nel corso della conferenza stampa, al fine di comprendere i motivi del rischio di radicalizzazioni religiose in carcere. Il capo del DAP afferma che è necessario assicurare la pratica religiosa a tutti, in modo da arginare in tal modo la radicalizzazione, fornendo un supporto spirituale ai detenuti che lo richiedano.

Foto: Antigone & Next New Media, Inside Carceri.
Foto: Antigone & Next New Media, Inside Carceri.

20×20: l’esigenza di più misure alternative al carcere

Santi Consolo si è anche espresso sul tema delle misure alternative al carcere. Riconoscendo il problema derivante dall’uso massiccio di misure cautelari che vede coinvolte, come abbiamo accennato, oltre 18 mila persone, ha annunciato che il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria si sta muovendo nel senso di rendere maggiormente effettivo il ricorso a misure alternative, fornendo supporto a quanti, pur avendo diritto di richiederne l’applicazione, non riescono a seguire le procedure necessarie.

Dismissione dell’uso di misure cautelari e applicazione di misure alternative al carcere per quanti ne hanno diritto, sono i temi caldi affrontati da Antigone nel corso della conferenza stampa. Secondo il dossier sarebbero 19.812 quelli che devono scontare una pena residua inferiore ai tre anni e che potrebbero accedere (almeno una parte di essi) alle misure alternative. In termini percentuali, il 56,2% dei condannati in via definitiva deve scontare una pena breve facilmente sostituibile con una misura diversa dal carcere. Alcuni dati supportano questa tesi: solo 0,79% delle persone che nel 2015 scontavano una misura alternativa ha commesso un nuovo reato.

A questo proposito, l’Associazione Antigone lancia la Campagna 20×20, con cui chiede che, entro il 2020, l’Amministrazione penitenziaria destini il 20% delle sue risorse finanziarie all’attuazione di misure alternative al carcere.

Foto: Antigone & Next New Media, Inside Carceri
Foto: Antigone & Next New Media, Inside Carceri

 

L’isolamento nuoce gravemente alla salute

La presentazione del rapporto si è conclusa con il lancio di una nuova campagna contro la pratica dell’isolamento, sia disciplinare che giudiziario, e con la presentazione della proposta di legge dell’Associazione che richiede: un uso residuale della pratica dell’isolamento ai soli casi di estrema necessità; l’adeguamento dei tempi dell’isolamento giudiziario (ossia l’isolamento imposto ai detenuti in misura cautelare che, attualmente, non ha un termine temporale mentre quello disciplinare si limita ad un massimo di 15 giorni) ai tempi dell’isolamento disciplinare; l’abolizione dell’isolamento diurno prolungato per gli ergastolani; la modifica della composizione del comitato disciplinare che determina l’isolamento; altri provvedimenti in materia di isolamento.

 

Approfondimento a cura di Luana Ruscitti.
Immagine di copertina: Wikimedia / Creative Commons.