Ci poniamo le domande giuste sui migranti?

Share on FacebookTweet about this on TwitterShare on LinkedInEmail to someone
Print Friendly

“Umanizzare la crisi? Lo diciamo sempre, ma poi c’è davvero qualcuno che lo sa fare? I giornalisti raccontano molte storie sui migranti, ma troppo spesso queste diventano numeri, o statistiche”. Nando Sigona, sociologo dell’Università di Birmingham, da più di dieci anni si occupa del tema delle migrazioni e delle condizioni dei rifugiati. Durante una delle giornate di The 19 Million Project ha parlato ad attivisti e giornalisti, cercando di far capire loro che a volte il lavoro più importante è quello di porre le domande giuste. “Perché sennò si finisce col parlare solo di rifugiati in senso generico, come se fossero tutti uguali. E no, non è così. Ci sono condizioni, premesse, storie differenti”.

Ci si chiede mai, ad esempio, cosa significhi trascorrere lunghissimi periodi in un campo profughi? Quali conseguenze ha un soggiorno così lungo in posti che, a seconda delle politiche nazionali e della buona volontà delle comunità che accolgono, può essere rifugio o prigione? Bisogna chiederselo, bisogna cercare di spiegarlo, perché molti di quelli che arrivano in questi campi sono bambini, e la loro permanenza in luoghi che non rispondono alle normali dinamiche di convivenza sociale, di scambio, di interazione, inciderà sul modo in cui queste generazioni cresceranno, vedranno il mondo, e sulle opportunità che avranno.

KH_DSC_8936_1a

E sì, un occhio attento va dedicato alle differenti maniere in cui i rifugiati vengono accolti in paesi diversi: la Finlandia, ad esempio, nuova all’accoglienza ma subito pronta ad affrontare l’emergenza, ha subito aperto centinaia di centri, offrendo diverse opzioni a seconda dei casi, ma mai chiudendo le frontiere. Basta andare sul sito del loro Immigration Service per rendersene conto. In Germania la costituzione è stata tradotta in arabo: perché la convivenza, che si sia cittadini o meno, inizia dai diritti. E nei centri si fanno corsi di inglese e tedesco, perché la convivenza inizia dal dialogo.

In altri paesi si resta in un limbo in cui l’interesse politico nazionale, la pancia della gente, le paure indotte, fanno sì che l’accoglienza abbia sfumature diverse. Anche questo, in mancanza di una linea unica di accoglienza europea, va analizzato. Soprattutto perché c’è un mercato dell’immigrazione e del traffico: i soldi, si dice sempre, follow the money. E mai come in questo è una regola che andrebbe tenuta a mente.

Le domande, prima delle risposte: è questo il dovere di chi fa giornalismo. Sigona ce lo ricorda, perché a volte, sopraffatti dai numeri, tendiamo a dimenticarlo. Ed è un lusso che non ci possiamo permettere.

The 19 Million Project è un progetto creato da CILD Italia e Chicas Poderosas, e ha come sponsor Univision e Fusion. Tra i partner internazionali ci sono Google News Lab, Global Editors Network, Berkeley AMI e Valigia Blu.