“Il terrorismo non è religione”. Parola di Kareem Abdul-Jabbar.

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“Quando il Ku Klux Klan ha bruciato una croce nel giardino di una famiglia di colore, ai cristiani non è stato richiesto di spiegare come questi non fossero atti propriamente cristiani”.

È con queste parole che l’ex stella dell’NBA Kareem Abdul-Jabbar, celebrità di religione musulmana e attivista dei diritti civili, mostra la difficoltà di spiegare al mondo come i barbarici atti terroristici di cui siamo testimoni non siano in alcun modo in relazione con l’Islam.

In un articolo pubblicato su Time all’indomani degli attacchi di Parigi, Jabbar sostiene che la violenza commessa in nome della religione non riguarda mai davvero la religione, quanto piuttosto affari e denaro.

Secondo l’ex centro dei Los Angeles Lakers (molto attivo su Twitter), infatti, i sicari non sono altro che dei droni automatizzati e controllati da altri, che pervertono il Corano attraverso omissioni e interpretazioni sbagliate.
Gli attacchi terroristici a Parigi, e in generale in occidente, non avevano l’obiettivo di cambiare l’atteggiamento occidentale, ma di guadagnare ammirazione per tenere viva la loro organizzazione e di dare prova della loro maggiore rilevanza rispetto ad altri gruppi terroristici concorrenti. Insomma, sono solo affari, conclude.

Le principali cause sono da ricercarsi nella povertà, nell’oppressione politica, nella corruzione sistemica, nella mancanza di educazione, nella mancanza di pensiero critico e nella generale disperazione che vige in questi paesi, ma non hanno a che fare con l’Islam.

Foto: Karol Franks (CC BY-NC-ND 2.0)
Foto: Karol Franks/Flickr  (CC BY-NC-ND 2.0)

E, ironia della sorte, il terrorismo è in realtà un atto contro la stessa religione in cui essi affermano di credere. Ma il mondo occidentale non conosce la religione islamica, spiega l’ex-giocatore, è spaventato dalla parola musulmano o anche solo dal vedere qualcuno in abiti tradizionali.

Insomma, paradossalmente, terroristi dovrebbero essere identificati come dei delinquenti travestiti da musulmani, esattamente come dei rapinatori che indossano la maschera dei presidenti, spiega Abdul-Jabbar: dopo una rapina nessuno pensa che in realtà Jimmy Carter e George W. Bush abbiano fatto un colpo alla Banca d’ America.

Un giorno, auspica infine lo sportivo, un atto di terrorismo dovrebbe universalmente respinto come niente più che un attacco criminale di una organizzazione politica malavitosa che indossa una maschera musulmana.

Per arrivare a quel punto però, conclude, avremo bisogno di insegnare alle nostre comunità quali sono le reali convinzioni dell’Islam.