Disabilità e libertà: i diritti oltre la crisi (Milano, 5 marzo)
I diritti umani e le libertà civili non hanno bisogno di retorica da salotto ma di leggi e pratiche che li promuovano e li proteggano. Hanno bisogno di politiche olistiche dallo sguardo profondo.
Il campo della disabilità è a riguardo paradigmatico. Si addolcisce il linguaggio, lo si rende socialmente tollerabile, ci si indigna di fronte a casi estremi di discriminazione ma non si cambia paradigma. Le libertà fondamentali devono poter essere agite, e non solo essere formalmente riconosciute.
I diritti, scriveva Norberto Bobbio, esistono solo se sono concretamente esigibili.
Il campo della disabilità è a riguardo un campo esemplare nel quale indagare intorno al divario tra le parole (delle norme o dei decisori politici) e le pratiche quotidiane di vita. È un campo semantico vasto che ci consente di guardare al sistema cristallizzato delle discriminazioni diffuse, ai linguaggi differenti che non si incontrano, alla nozione profonda di libertà che non sarà mai per tutti la stessa cosa o la stessa conquista.
Questo è il contesto entro cui collocare la decisione della Coalizione Italiana per i diritti e le libertà civili di organizzare un incontro pubblico sul tema doppio della libertà e della disabilità.
Le battaglie per la libertà sono sia battaglie normative ed istituzionali che battaglie esistenziali. Vogliamo mettere a disposizione del mondo della disabilità la nostra forza d’urto tipica di una organizzazione che occupa di diritti umani su scala universale.
Abbiamo per questo deciso di mettere insieme esperienze, biografie e storie diverse che possano dialogare intorno a cosa e come una società democratica deve funzionare per potersi dire autenticamente universalista.
Le libertà civili sono fra loro interdipendenti.
Disabilità e condizioni di detenzione, disabilità e status di migrante, disabilità e diritto di voto sono solo alcuni degli incroci possibili e dei nodi irrisolti.
Deve esistere uno spazio pubblico per le libertà civili anche ai tempi della crisi. Le libertà e i diritti non sono comprimibili a seconda delle condizioni delle finanze pubbliche.
Quando, dopo la seconda guerra mondiale, è stato costruito l’ordinamento giuridico internazionale sui diritti umani non è stato certo pensato che esso potesse essere eccepito nei casi di spread alto o di una congiuntura economica negativa, seppur dalla durata lunga e drammatica come quella odierna.
Contrapporre le libertà alle risorse di bilancio è giuridicamente, eticamente, concettualmente sbagliato. Ma dietro l’errore potrebbe nascondersi una colpa grave, se non addirittura il dolo. Durante le fasi di stagnazione dell’economia e di recessione, le società tendono a frantumarsi, la coesione sociale rischia di perdersi tragicamente.
E’ dovere di chi governa far uscire dalla crisi senza un arretramento in termini di libertà civili conquistate. Anzi, la crisi dovrebbe favorire un’operazione di consapevolezza intorno ai bisogni e ai diritti, alla scala gerarchica dei valori.
Sta ai corpi intermedi portare avanti questo lavoro di mediazione sociale.
Torna così ancora una volta il campo della disabilità. Da nord a sud nel nome della crisi la condizione di vita delle persone disabili è peggiorata.
Massimiliano Verga nel suo bellissimo libro, ‘Zigulì. La mia vita dolceamara con un figlio disabile’ (Mondadori, 2012) ha rotto gli schemi del linguaggio paludato per raccontare in modo autentico cosa significhi essere genitore di un figlio disabile. Il suo è stato un racconto di ‘libertà’, negate e conquistate.
‘Libertà da’ e ‘libertà di’, come scriveva Amartya Sen. Ebbene, la crisi non giustifica e non autorizza alcun arretramento in quelle poche libertà conquistate dai disabili. Né giustifica o autorizza un freno verso la conquista di nuove libertà (a vivere come tutti, con le stesse opportunità di tutti, con la stessa gioia di tutti).
Libertà che non si conquistano solo con più soldi ma soprattutto con un linguaggio e una pratica più coerenti ed inclusivi, ovvero senza contrapporre le politiche per i disabili a quelle per gli immigrati o a quelle per i minori.
Capita anche che una condizione di non abilità sia un arricchimento enorme per gli altri. Esistono progetti straordinari di integrazione ad esempio tra bimbi udenti e non udenti. Si comunica con la lingua italiana dei segni.
Lo Stato italiano però non la riconosce tra quelle ufficiali. Ciò rende la vita della comunità dei non udenti inutilmente e vessatoriamente molto più complicata. Allarghiamo le libertà (di comunicare e di vivere felici).
Patrizio Gonnella, presidente CILD