Osce: tutto quello che c’è da sapere (nell’anno della Presidenza italiana)

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Insieme al nuovo anno è iniziata anche la Presidenza italiana dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione (Osce). Ma non tutti sanno cosa sia l’Osce e quali siano i suoi compiti. Ecco cos’è, come è nata, di cosa si occupa e come funzione l’Organizzazione che questo anno l’Italia presiede.

Che cos’è l’Osce

L’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) è un’organizzazione regionale per la promozione della pace, del dialogo politico, della giustizia e della cooperazione in Europa. Ne fanno parte, attualmente, 57 Stati di tre diversi continenti (Europa, Asia e Nord America), per un totale di oltre un miliardo di persone rappresentate. A questi si aggiungono gli 11 Partner per la cooperazione (tra cui particolare importanza hanno gli interlocutori del Mediterraneo come Algeria, Egitto, Marocco e Tunisia, ai quali è stata da poco dedicata una specifica Conferenza a Palermo). Trattasi insomma della più ampia – “da Vancouver a Vladivostok” – e importante organizzazione regionale dedicata alla sicurezza.

Come nasce l’Osce (e lo spirito di Helsinki)

La moderna Osce è una evoluzione di un organismo nato durante la Guerra Fredda per aprire un dialogo tra l’Est e l’Ovest – e cioè la Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (Csce) . La Csce era stata infatti convocata per la prima volta a Helsinki nel 1973 con l’obiettivo di avviare una progressiva distensione dei rapporti tra i due blocchi contrapposti. Nel 1975 adottò lo storico Atto finale di Helsinki: una importantissima dimostrazione di consenso multilaterale, considerata un punto di svolta fondamentale verso la fine della guerra fredda. Da allora si è parlato di “spirito di Helsinki” come formula illuminata per la ricerca della pace attraverso il dialogo.

Il muro di Berlino nell'estate 1985 - via Chez Eskay.
Il muro di Berlino nell’estate 1985 – via Chez Eskay (CC BY 2.0).

La caduta del Muro di Berlino del 1989, se da un lato è il simbolo della fine della Guerra Fredda, dall’altro ha segnato la nascita di nuove sfide sul territorio europeo. Da qui l’esigenza della Csce di “reinventarsi” (istituzionalizzandosi) per meglio rispondere al nuovo contesto politico del vecchio continente. Il passaggio da Csce a Osce è del 1994, quando a Budapest un vertice di capi di Stato stabilisce la nuova missione e denominazione dell’organismo (trasformandolo da Conferenza a vera e propria Organizzazione internazionale – seppure solo di nome, poiché tuttora priva di personalità giuridica internazionale).

Di cosa si occupa l’Osce

Ai giorni nostri l’Osce è considerato un importante “foro di dialogo politico” su un’ampia serie di questioni – dagli scenari politico-militari agli aspetti economici, ambientali e sociali.
L’attività dell’Organizzazione si esplica in tre settori fondamentali (detti “dimensioni”): la prima dimensione politico-militare, che affronta gli aspetti militari della sicurezza; la seconda dimensione economico-ambientale, che affronta prevalentemente i temi dell’energia, dell’ambiente e dello sviluppo economico; e la terza dimensione umana, dedicata alle tematiche dello stato di diritto ed alla tutela dei diritti umani.

Particolare attenzione è quindi (ovviamente) dedicata alla prevenzione e gestione di eventuali conflitti tra Stati e istituzioni, al controllo degli armamenti ed alla lotta al terrorismo – ma anche a tematiche come il buon governo, i processi democratici, la libertà dei mezzi di informazione e la tutela delle minoranze.

Gli organi decisionali

L’Osce dispone di diversi organi decisionali e operativi – a partire dal Consiglio permanente, che si riunisce ogni settimana a Vienna (dove si trovano gli uffici centrali dell’Organizzazione). È il principale organo decisionale dell’Organizzazione per le consultazioni politiche regolari e per la gestione della sua attività operativa ordinaria.

Il Consiglio permanente esegue i compiti definiti e le decisioni adottate dai Vertici (che hanno luogo piuttosto sporadicamente, su richiesta degli Stati partecipanti) e, soprattutto, dal Consiglio dei ministri (che si svolge ogni anno, in genere a inizio dicembre, nel paese che detiene la presidenza).

Il Consiglio dei Ministri Osce a Vienna a dicembre 2017 - via Osce PA (CC BY 2.0).
Il Consiglio dei Ministri Osce a Vienna a dicembre 2017 – via Osce PA (CC BY 2.0).

La Presidenza dell’Osce è esercitata ogni anno da uno Stato diverso (designato da una decisione del Consiglio dei ministri), il cui ministro degli Esteri assume l’incarico di presidente dell’Organizzazione, con il compito di coordinare il processo decisionale e definire le priorità dell’attività dell’Organizzazione. Il lavoro della presidenza in carica è coadiuvato dalla presidenza precedente e quella successiva (che insieme compongono la cosiddetta Troika) e si avvale del supporto del Segretariato Generale basato a Vienna.
La Presidenza per il 2018 è affidata all’Italia, cui si affianca l’Austria (presidenza uscente) e la Slovenia (presidenza futura).

Gli altri organi

Agli organi operativi si aggiunge il Foro di cooperazione per la sicurezza, che si adopera per accrescere la sicurezza militare e la stabilità in Europa, seguendo alcuni dei più importanti accordi politico-militari degli Stati partecipanti dell’OSCE.

Nell’ambito dell’Osce operano poi altre importanti istituzioni, come l’Assemblea parlamentare, che riunisce oltre 300 legislatori dei parlamenti degli Stati partecipanti, ed ha lo scopo di facilitare il dialogo e la cooperazione interparlamentare, e l’Ufficio per le istituzioni e i diritti dell’uomo (Odihr). L’Odihr ha sede a Varsavia e promuove lo sviluppo democratico degli Stati – anche attraverso il monitoraggio elettorale – e il rispetto dei diritti umani, dei cui standard Osce monitora l’implementazione da parte degli Stati (anche offrendo consulenza e assistenza, e attraverso l’Incontro sull’attuazione degli impegni OSCE nel campo della dimensione umana, c.d. Human Dimension Implementation Meeting, che organizza ogni anno a Varsavia). Si occupa di un ampio ventaglio di questioni: lotta alla tratta degli esseri umani, questioni relative alla partecipazione di rom e sinti, protezione dei diritti umani nella lotta contro il terrorismo, promozione della libertà religiosa, della libertà di movimento e della parità di genere, lotta al razzismo e alle forme collegate di intolleran­za, promozione e sostegno delle formazioni di società civile nei Paesi membri, anche attraverso attività mirate in campo educativo e formativo.

Ingibjorg Solrun Gisladottir, Direttrice ODIHR - via Osce Pa (CC BY-SA 2.0).
Ingibjorg Solrun Gisladottir, Direttrice Odihr – via Osce PA (CC BY-SA 2.0).

Un lavoro particolarmente importante e sensibile considerata la restrizione degli spazi per la società civile che si registra a livello nazionale come internazionale. Uno dei principali referenti della società civile presso l’Odihr è la Civic Solidarity Platform, network di oltre 90 organizzazioni che si occupano di diritti umani in area Osce che organizza ogni anno la Parallel Conference a margine della Conferenza ministeriale (e di cui Cild fa parte).

A questi si aggiungono l’Alto commissariato per le minoranze nazionali, con sede a l’Aia, e il Rappresentante per la libertà dei mezzi di informazione, con sede a Vienna (entrambi con funzione di monitoraggio sulle rispettive aree di competenza); infine c’è la Corte di conciliazione e arbitrato, con sede a Ginevra, che si occupa di conciliare eventuali dispute tra Stati (quantomeno in teoria, perché poi è di fatto inattivo – e quindi non sorprendentemente la meno conosciuta delle istituzioni Osce). Una menzione va dedicata anche al Gruppo di Minsk, dedicato a una una composizione pacifica del conflitto nel Nagorno-Karabakh.

La Presidenza italiana: che priorità e prospettive?

Il ministro degli Esteri Angelino Alfano è da poco entrato in carica come Presidente dell’organizzazione, presentando le priorità della Presidenza italiana.
L’Italia ha annunciato di voler riscoprire l’autentico spirito di Helsinki e rilanciare il dialogo tra Est e Ovest – con il motto di “dialogo, consapevolezza, responsabilità”. Particolare attenzione è stata promessa per la risoluzioni dei conflitti (in primis la crisi ucraina e i conflitti protratti di Nagorno-Karabakh, Transnistria, Georgia, Abkhazia e Ossezia). L’altro focus – si potrebbe azzardare, quello centrale – della presidenza italiana sarà poi nella regione del Mediterraneo, alla ricerca di sicurezza e diritti umani nel contesto della “crisi migratoria”.

Il ministro Alfano, attuale Presidente Osce - foto via Italy at Osce
Il ministro Alfano, attuale Presidente Osce – foto via Italy at Osce.

Questo, quantomeno, quanto annunciato dal ministro Alfano a Vienna. Per vedere cosa vorrà dire nel concreto la Presidenza italiana non ci resta che aspettare (con le prossime elezioni a rendere complicato ogni pronostico).

…Intanto, il rapporto di self-evaluation

Intanto, l’Italia ha ben iniziato aderendo al processo di auto-valutazione della implementazione nazionale degli standard Osce sui diritti umani attraverso la redazione un apposito rapporto. Trattasi di una pratica virtuosa per il monitoraggio dei diritti umani, introdotta durante la presidenza svizzera (anche grazie al lavoro dei colleghi della Civic Solidarity Platform) e poi continuata da tutte le successive.

Idealmente il monitoraggio andrebbe condotto dalla National Human Rights Institution (Nhri) ma in Italia, non esistendo ancora questo soggetto, è stato invece affidato a un illustre ente accademico (l’Università di Sant’Anna). Una prima fase di consultazione con la società civile si è conclusa con l’individuazione di cinque argomenti da includere nel rapporto, di cui si attende nei prossimi mesi la prima bozza – che dovrebbe passare di nuovo per il vaglio degli stakeholders interessati prima di essere finalizzata per la presentazione in autunno.

 

Andiamo in direzione Milano (dove si terrà la conferenza ministeriale di dicembre 2018), con la speranza che l’Italia possa e sappia cogliere l’importante occasione della presidenza Osce per mettere i diritti internazionali al centro dell’agenda internazionale, rivendicandone l’indissolubile unione con la sicurezza. Perché non c’è sicurezza senza diritti.

Foto di copertina: UK in Austria (CC BY-NC-ND 2.0).