La tutela della salute all’interno dei CPR

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Nel 1998 in Italia si è aperta la stagione della detenzione amministrativa delle persone straniere. Una limitazione totale della libertà personale che colpisce chi non ha commesso alcun reato ma ha, invece, violato una disposizione amministrativa, accedendo al paese senza documenti o permanendo nel paese stesso senza titolo di soggiorno.
Nel corso degli anni il sistema dei centri di detenzione è cambiato, nelle forme di gestione, nei tempi di trattenimento, mantenendo però totalmente la sua natura oppressiva e repressiva, nonché le costanti violazioni dei diritti più basilari che costituiscono non l’eccezione, ma la prassi di cui si ammanta l’intero impianto della detenzione amministrativa.
I Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) sono spazi opachi, sottratti alla visibilità mediatica e alla responsabilità politica, dove l’invisibilità diventa condizione ordinaria. Luoghi dove le persone vivono in condizioni detentive, spesso per mesi, in attesa di un’espulsione che talvolta non avviene mai. Buchi neri, così li abbiamo definiti in una campagna lanciata nel 2019, che ingoiano le vite delle persone.

In questo contesto, il diritto alla salute – fondamentale e universale – viene sistematicamente negato, ignorato o ridotto a una funzione minimale di contenimento del disagio.
Proprio al tema della tutela della salute nei centri di detenzione, anche se sarebbe più corretto dire alla violazione del diritto alla salute nei centri, la Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili (CILD), in collaborazione con Progetto Diritti e l’International Detention Coalition (IDC) ha voluto dedicare una tavola rotonda tenutasi nel giugno del 2024 a Roma.

Nel brief “La tutela della salute all’interno dei CPR”, i contenuti dell’incontro.