La libertà personale (non) ha un prezzo

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Di Oiza Q. Obasuyi

Il Governo Meloni, nel nuovo Decreto Ministeriale (G.U 21 settembre 2023, n. 221), tra le novità securitarie inerenti alla detenzione delle persone richiedenti asilo, prevede che a queste ultime venga richiesta un’apposita garanzia dall’importo di quasi 5 mila euro (più precisamente, 4.938) in alternativa all’attesa delle procedure di asilo in detenzione. Tale provvedimento si rivolge alle persone che provengono dai Paesi considerati “sicuri”– nella lista troviamo Paesi come la Tunisia, la Nigeria, il Marocco. In aggiunta, come varato nel recente nuovo decreto immigrazione, il Governo prevede di detenere ed espellere i minori non accompagnati qualora non riescano a provare di essere minorenni. In entrambi i casi, tali provvedimenti non sono solo inumani, ma anche e soprattutto giuridicamente inapplicabili e in contrasto con le norme sulla tutela dei diritti umani, vediamo con ordine il perché.

1. Cosa prevede il Decreto italiano e cosa dice la Direttiva Ue sull’Asilo

Come anticipato, alle persone richiedenti asilo che vogliano evitare la detenzione, è richiesta una garanzia di quasi 5 mila euro. In particolare, alla persona straniera, si legge, “è dato immediato avviso della facoltà, alternativa al trattenimento, di prestazione della garanzia finanziaria”. E ancora “la garanzia finanziaria è prestata in unica soluzione mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa ed è individuale e non può essere versata da terzi”. Innanzitutto, come viene spiegato da Giansandro Merli su Il Manifesto, “al momento non si ha notizia dell’apertura di sportelli bancari o filiali assicurative negli hotspot”, inoltre “se anche ci fosse il richiedente asilo in possesso del denaro o persino di un conto-deposito valido nel circuito internazionale dovrebbe comunque avere un documento di identità valido per stipulare la fideiussione”. Tuttavia, anche se la persona richiedente asilo avesse il documento, la fideiussione in questione non avrebbe senso, dato che, secondo il provvedimento del Governo, la detenzione verrebbe applicata qualora la persona richiedente asilo non consegnasse il documento di identità o il passaporto. Come scrive Merli “[…] se hai il passaporto non serve la garanzia finanziaria, ma se non ce l’hai non puoi stipulare la fideiussione richiesta. Anche perché il governo ha esplicitamente escluso che questa possa essere versata da terzi”.

Oltre all’impraticabilità effettiva di questo provvedimento, ne emerge il contrasto con la Direttiva Ue sull’Asilo stessa (Direttiva 2013/33/UE), in particolare all’articolo 8. Infatti, al primo comma dell’articolo si legge: “Gli Stati membri non trattengono una persona per il solo fatto di essere un richiedente ai sensi della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale”. All’articolo 8 quindi viene immediatamente evidenziato che non è contemplato alcun trattenimento sulla base del semplice status di richiedente asilo di una persona. Tuttavia, al secondo comma del medesimo articolo, viene spiegato che la detenzione delle persone richiedenti asilo potrebbe comunque essere impiegata in alcuni specifici casi: “Ove necessario e sulla base di una valutazione caso per caso, gli Stati membri possono trattenere il richiedente, salvo se non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive”. Pertanto, qualora fosse prevista la detenzione, vigerebbe comunque l’extrema ratio.

Ciò detto, il Governo ha cercato comunque di aggrapparsi ad un comma specifico del medesimo articolo per giustificare “l’alternativa” in denaro, ossia il quarto, in cui viene evidenziato che: “Gli Stati membri provvedono affinché il diritto nazionale contempli le disposizioni alternative al trattenimento, come l’obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria o l’obbligo di dimorare in un luogo assegnato”. Infatti, in risposta alle accuse di incostituzionalità e violazione della Direttiva Ue, Lucio Malan, capogruppo al Senato di Fratelli d’Italia ha risposto che quanto predisposto dal governo sarebbe “obbligatorio” in virtù del comma 4 della Direttiva Ue sull’Asilo. Tuttavia, in risposta alle nuove politiche securitarie italiane, Anita Hipper, portavoce della Commissione Ue per gli Affari Interni ha affermato: “è importante avere le opportune salvaguardie e, per questo motivo, la decisione deve essere frutto ogni volta di una valutazione individuale”. “Caso per caso”, per l’appunto, e non un’applicazione generalizzata e sistematica della detenzione, in assenza di eventuali garanzie finanziarie. 

1.1 La sentenza del Tribunale di Catania

A smontare il Decreto Piantedosi è giunta la recente sentenza del Tribunale di Catania che non solo ha evidenziato il contrasto di tale provvedimento con la Direttiva Ue sull’Asilo, ma anche con la Costituzione italiana. Come riporta l’Asgi, il caso riguardava un richiedente asilo tunisino che avrebbe trascorso il periodo di detenzione nel nuovo centro di trattenimento di Pozzallo. Accolto il ricorso del cittadino in questione, la giudice Iolanda Apostolico non ha predisposto la detenzione poiché: 

  1. la “[…]garanzia finanziaria” predisposta dal governo “non si configura come misura alternativa al trattenimento ma come requisito amministrativo imposto al richiedente prima di riconoscere i diritti conferiti dalla direttiva 2013/33/UE, per il solo fatto che chiede protezione internazionale”;
  2. l’attuale normativa interna, sulla garanzia finanziaria per evitare il trattenimento,  è incompatibile con quella dell’Unione Europea in quanto non prevede una valutazione su base individuale – come invece prevede stessa Direttiva Ue sull’Asilo;
  3. le norme sulla detenzione dei richiedenti asilo provenienti da Paesi considerati “sicuri” sono in contrasto con l’art. 10 comma 3 della Costituzione italiana che garantisce comunque il diritto d’ingresso del richiedente asilo. Inoltre, si legge nella sentenza, “la mera  provenienza del richiedente asilo dal Paese di origine sicuro non può privare “automaticamente […] il suddetto […]” di “fare ingresso nel territorio italiano per richiedere protezione internazionale” .

2. La detenzione e l’espulsione dei minori non accompagnati

Come accennato in precedenza, il governo prevede di facilitare le espulsioni dei minori non accompagnati, riducendo tutele e garanzie. Tra i provvedimenti inseriti nelle “Disposizioni urgenti in materia di immigrazione e protezione internazionale” emergono: lo “svolgimento di rilevamenti antropometrici”, ossia di procedure mediche per accertare l’età delle persone migranti, compresi esami a raggi X (secondo il governo, infatti, al momento ci sarebbero maggiorenni che si autodefiniscono come minorenni); la collocazione dei minori che abbiano un’età superiore ai 16 anni nei centri destinati agli adulti; l’espulsione immediata qualora la dichiarazione di minore età risulti essere falsa. Tuttavia, come è già stato denunciato dal Tavolo Asilo e Immigrazione, tali provvedimenti minano gravemente i diritti dei minori, che godono di particolari protezioni: “non sono chiari i motivi che hanno portato a un intervento così sconsiderato contro i minori stranieri non accompagnati. […] Chi lavora con i ragazzi migranti sa che il rischio è esattamente l’opposto, e riguarda tutti quelli che, finiti nelle reti del traffico di esseri umani, vengono spinti a dichiararsi maggiorenni per sfuggire ai controlli e alle tutele che uno Stato che si dichiara tale deve prevedere. Si è arrivati perfino a pensare di mescolare per mesi ragazzi soli con adulti, in una situazione di promiscuità inconcepibile, e di delegare alla polizia (quindi al Ministero dell’Interno) un processo così delicato come quello dell’accertamento dell’età”.

Inoltre, ricordiamo che la c.d legge Zampa – legge che l’attuale governo punterebbe a modificare – prevede che in caso di dubbio, la persona sia considerata comunque minore (articolo 5, comma 8), alla luce anche di quanto stabilito dalle stesse normative Onu e Ue sull’interesse superiore del minore. Inoltre, la reintroduzione di esami a raggi X affidate alla polizia non garantisce la veridicità dell’età in quanto, come previsto dalla legge Zampa (articolo 5, comma 3), occorre il “personale qualificato della struttura di prima  accoglienza” che “svolge,  sotto  la direzione dei servizi dell’ente locale competente e coadiuvato, ove possibile, da organizzazioni, enti o associazioni  con  comprovata  e specifica esperienza nella tutela dei minori,  un  colloquio  con  il minore, volto ad approfondire la sua storia personale e familiare e a far emergere ogni altro elemento utile alla sua  protezione”.

Infine, ricordiamo che l’Italia è stata recentemente condannata dalla Corte Europea dei Diritti Umani (Cedu) per trattamenti inumani e degradanti ai danni di una giovane ghanese non accompagnata di 16 anni – fuggita da un matrimonio forzato – che è stata condotta all’interno di un centro di accoglienza per adulti.

3. L’insostenibilità di un sistema repressivo

Alla luce di quanto decostruito finora, risulta evidente la matrice fortemente repressiva e discriminatoria degli ultimi provvedimenti adottati dall’attuale governo.

Nonostante la giurisprudenza, in questo caso, sia riuscita a provare l’incompatibilità di tali provvedimenti con le norme che tutelano i diritti delle persone migranti, è necessario uno stravolgimento delle leggi che ne permettono la violazione. Se è vero che la libertà personale è inviolabile (così come sancito dall’articolo 5 della Cedu e dall’articolo 13 della Costituzione) allora occorre superare il sistema di detenzione amministrativa (nato nel 1998 con la c.d legge Turco-Napolitano), che pone le persone migranti in quelle che sono, di fatto, delle carceri, solo perché non possiedono permessi di soggiorno. L’attuale condizione dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio rimane disumana e degradante (come abbiamo raccontato nei rapporti “Buchi Neri” e “L’Affare CPR”), in cui vige la massimizzazione del profitto delle aziende che li gestiscono, a discapito dei diritti delle persone rinchiuse – tra cui le violazioni del diritto alla salute, alla difesa e alla comunicazione con l’esterno, senza contare i gravi episodi di autolesionismo e di negligenza degli enti gestori.

È necessario non solo puntare ad alternative all’irregolarità non coercitive, ma arrivare a una gestione umana e non emergenziale delle migrazioni, sostituendo quindi muri, fili spinati e decreti draconiani con vie legali di accesso sicure e sistemi di inclusione sociale.

 

Foto via twitter/Melting Pot Europa