La nuova Relazione del Garante Nazionale: uno sguardo sui migranti nei CPR

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di Eleonora Costa

Lo scorso 15 giugno, il collegio del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale – composto da Daniela de Robert, Emila Rossi e Mauro Palma – ha presentato la sua settima Relazione annuale al Parlamento, nella sala Regina della Camera dei deputati, alla presenza della presidente della Corte costituzionale, Silvana Sciarra. 

In un momento storico in cui l’ampliamento delle strutture di detenzione amministrativa viene spesso avanzato come “elemento strategico” da parte del potere politico, il presidente del collegio Mauro Palma ha voluto innanzitutto ricordare che per i migranti trattenuti “il tempo della loro privazione della libertà nei Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) è inequivocabilmente vuoto e trascorre in spazi anch’essi vuoti. Una duplicità di assenza che si unisce a quella sensazione di essere giunti al termine negativo del proprio progetto – qualunque esso fosse – e di doversi misurare così con il terzo vuoto: quello interiore”. 

Pertanto, spiega Palma, per poter affrontare il tema della detenzione amministrativa occorre partire da alcune premesse.  

La prima è che le migrazioni verso l’Europa, soprattutto da parte di popolazioni provenienti dal Sud e dall’Est del mondo non costituiscono un evento contingente, destinato a ridursi drasticamente nel medio periodo e che, quindi, richiedono ai Paesi di destinazione – soprattutto a quelli più esposti per posizione geografica – la capacità di una elaborazione prospettica degli scenari di interlocuzione, di coesione e di risoluzione delle criticità dell’integrazione. Parallelamente, tali migrazioni richiedono ai governi l’adozione di politiche strutturali nell’affrontare le criticità e nell’individuare le potenzialità di tale processo. 

La seconda è che questa connotazione strutturale del fenomeno è sempre più confermata dagli scenari di conflitto, da quelli di crisi climatica e dal continuo riproporsi di politiche che non permettono a molti Paesi l’effettiva possibilità di contare sulle proprie risorse e che determinano sacche di povertà in territori potenzialmente ricchi di risorse naturali. 

La terza è che la stessa connotazione non episodica o emergenziale della necessità di migrare verso un altrove europeo potenzialmente foriero di una vita diversa determina la necessità di una politica europea condivisa che sappia assumere una responsabilità comune

Il Garante osserva che, in Italia, la scelta del trattenimento – di natura essenzialmente detentiva – viene portata avanti anche indipendentemente dalla valutazione dell’effettiva possibilità di allontanamento entro lo scadere dei termini di restrizione. I dati presentati nella parte tabellare della Relazione sono eloquenti in quanto indicano che delle 6383 persone che nel 2022 sono state ristrette nei CPR, soltanto 3154 sono state effettivamente rimpatriate. Il totale dei rimpatri è stato peraltro – in generale – molto limitato: 3916, principalmente in Tunisia, Albania, Egitto e Marocco.

Ciò significa che – nel contesto dell’assoluto principio secondo cui la privazione della libertà, bene definito “inviolabile” dalla Carta costituzionale, possa attuarsi solo nella prospettiva di una chiara finalità legalmente prevista e sotto riserva di giurisdizione – circa la metà delle persone trattenute (per la precisione il 50,6%) ha avuto un periodo di trattenimento detentivo nei CPR senza il perseguimento dello scopo per cui esso era legalmente previsto e  spesso senza che tale scopo fosse già ipotizzabile all’inizio del trattenimento stesso

Premesso quanto sopra, il Garante illustra tre tutele fondamentali che dovrebbero essere sempre assicurate alle persone ristrette in strutture di questo tipo: 

  1. la tutela giurisdizionale, che non può riguardare soltanto la convalida, da parte del Giudice di pace, del trattenimento nei CPR, ma deve coprire anche la vigilanza sullo svolgersi di tale trattenimento;
  2. la tutela della salute, con la centralità da ridare pienamente al servizio sanitario nazionale e non, invece, ai medici degli enti a cui è stata appaltata la gestione dei centri; 
  3. la tutela della connessione relazionale, che è proprietà di ogni persona e determina la trasparenza dell’azione di trattenimento. Sotto questo profilo, il diritto alla tutela è duplice e riguarda non solo la persona ristretta (che non può essere isolata da ogni contesto in virtù di una irregolarità amministrativa), ma anche la collettività (che ha il diritto di porre il proprio sguardo all’interno di tali luoghi, troppo spesso chiusi alla possibilità di interazione con il volontariato, con le forme aggregate del territorio, con gli organi di informazione). Il rischio, precisa Palma, è infatti che “la privazione della libertà personale dei migranti irregolari tenda a legittimarsi più come misura  rassicurante della collettività, che non come tassello efficace per una strategia che – come più volte condivisibilmente affermato anche in tempi recenti – riesca a ridurre le situazioni di irregolarità di presenza nel territorio nazionale e rischi conseguenti anche sul piano delle possibili connessioni criminali”.

L’assenza di tali tutele restituisce la fisionomia dell’attuale forma di detenzione amministrativa: sempre più estesa, in luoghi sempre più variegati e poco o per nulla aperti allo sguardo esterno, sempre carente di tutele fondamentali.

In questo contesto, il Garante guarda con attenzione il negoziato di questi giorni sul nuovo patto europeo per la migrazione e l’asilo, dicendosi preoccupato in relazione: (i) all’estensione generalizzata del trattenimento in frontiera in luoghi connotati da formale extraterritorialità; nonché (ii) alla possibilità di trasferimento forzato dei migranti verso Paesi terzi di transito, considerati “sicuri” anche se non vincolati all’adesione alla Convenzione di Ginevra e indipendentemente dalla connessione della persona con quel territorio. 

L’auspicio è che di tali impegni verranno trovate formulazioni e attuazioni pienamente in linea con il nostro ordinamento costituzionale, distanti dalla tentazione di esternalizzazione delle nostre responsabilità di controllo e tutela. 

 

Foto copertina via sito del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale