I CPR condizione difficile. Ma il governo ne amplia il numero
“Spesso i Centri sono oggetto di vandalizzazione da parte degli occupanti, è una condizione difficile”. Sono le parole del ministro Piantedosi pronunciate ieri, durante la conferenza stampa seguita all’approvazione del DL migranti.
E’ una condizione difficile quella dei Centri, è vero.
Luoghi dove esistono solo stanze e spazi di reclusione, dove non c’è un luogo di culto, una biblioteca, uno spazio per fare attività fisica o per altre attività. Dove il volontariato non esiste e non può entrare. Dove le persone vivono una vita letteralmente sospesa.
Luoghi dove i bagni spesso non hanno le porte e si è sotto gli occhi di tutti. Dove i diritti più basilari, da quello alla salute, a quello alla difesa, fino a quello alla comunicazione sono sistematicamente oggetto di violazioni. Dove l’abuso di psicofarmaci, usati spesso come neutralizzatori, è altissimo.
E’ una condizione difficile quella dei Centri, è vero.
Luoghi che, nonostante esistano da 25 anni non hanno un ordinamento e regolamenti che stabiliscano modalità di detenzione, che enuncino i diritti.
Luoghi appaltati ai privati, che della detenzione ne fanno un business molto fruttuoso e che, con gare al ribasso, tagliano sui servizi.
E’ una condizione difficile quella dei Centri, è vero.
Per questo si è stabilito di aprire un centro in ogni regione e aumentare il numero dei posti, nonostante si sappia che meno del 50% di chi transita per un CPR viene alla fine espulso.
E’ una condizione difficile quella dei Centri, è vero.
Il problema però non è il fatto che chi vi si trova recluso li vandalizzi, il problema è nelle strutture in sé, nella loro gestione e nell’approccio dalle quali nascono (più approfonditamente parliamo di tutto questo nel nostro progetto Buchi Neri).
Da tempo lavoriamo ad un progetto per le alternative alle detenzione non coercitive. Attraverso la presa in carico delle persone, in un processo di accompagnamento che costruisca fiducia e che affronti il caso. Molte di queste prese in carico si concludono con l’ottenimento di permessi di soggiorno e con la regolarizzazione della posizione della persona (qui parliamo dei risultati conseguiti). Chi transita nei CPR, infatti, avrebbe questa possibilità, ma non lo sa. Si potrebbe decidere di investire risorse su questo tipo di politiche, più efficaci, più rispettose dei diritti, più economiche.