Corte Europea: gli stati devono partecipare alla ripartizione dei migranti
La Corte di Giustizia Europea respinge le contestazione avanzate da Slovacchia e Ungheria, paesi che avano impugnato la decisione dell’Unione Europea di distribuire in altri paesi europei 120.000 richiedenti asilo provenienti da Grecia e Italia.
I due paesi, in base a calcoli che tengono conto delle dimensioni e della ricchezza degli stati, ne avrebbero dovuti ospitare in totale circa 2.000 (1.294 l’Ungheria e 902 la Slovacchia). Nonostante questi numeri tuttavia la loro opposizione è stata ferma arrivando fino al ricorso alla Corte che, motivando il rigetto, ha sottolineato come la decisione di ripartire i migranti in quote da dividersi tra i paesi europei è importante e irrinunciabile perché “contribuisce in maniera efficiente e rispettando proporzioni di quote ad aiutare i paesi, specie l´Italia e la Grecia, più affollati dalle ondate migratorie”.
Una sentenza questa che ricorda non solo alla Slovacchia e all’Ungheria, ma a tutti i paesi dell’UE, l’importanza di rispettare i loro obblighi nei confronti dei rifugiati contribuendo facendo la propria parte per affrontare l’attuale crisi.
“È un’importante vittoria del diritto. La Corte di Giustizia Europea riafferma principi costituzionali e fondamentali dell’Unione Europea. Gli atteggiamenti xenofobi e razzisti del governo ungherese e del Gruppo di Viségrad, non hanno alcun fondamento nel diritto europeo e nel diritto internazionale”. A dirlo è l’avvocato Arturo Salerni di Progetto Diritti Onlus. “L’accoglienza nei confronti di coloro che fuggono da guerre e persecuzioni – prosegue Salerni – è un principio fondamentale del diritto moderno ed è ribadito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che costituisce parte integrante del trattato dell’Unione stessa. Si tratta di una pagina importante che rafforza le ragioni di coloro che nelle aule di giustizia e nella società si battono contro l’ondata dilagante di intolleranza, razzismo, xenofobia e contro la negazione dei diritti fondamentali dell’uomo”.
Dello stesso avviso è l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) che, nelle parole del vicepresidente Gianfranco Schiavone, sottolinea come “le conclusioni dell’avv. Bot in merito alle cause nelle cause C-643/15 e C-647/15 appaiono del tutto condivisibili”.
Ecco il commento completo dell’Associazione: “si ricorda che l’art. 78 paragrafo 3 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) è infatti finalizzato ad affrontare una situazione di emergenza in uno o più Paesi terzi caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di altri paesi; come ben evidenziato dall’avv. Bot le decisioni assunte dal Consiglio in attuazione del citato articolo del TFUE non costituiscono atti legislativi ma provvedimenti temporanei che per essere legittimi debbono individuare in modo chiaro quali siano i provvedimenti e le deroghe alle norme dell’Unione che si ritengono necessarie ed adeguate a rispondere alla specifica situazione di emergenza. La temporaneità delle misure adottate costituisce parimenti requisito fondamentale di legittimità perché, diversamente, attraverso un provvedimento non legislativo delle norme dell’Unione verrebbero modificate de facto in violazione delle procedure previste dal TFUE.
Si ritiene che le argomentazioni avanzate da Ungheria e Slovacchia vadano rigettate in quanto carenti di un’adeguata base legale in quanto la Decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio, del 22 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell’Italia e della Grecia appare pienamente conforme ai requisiti richiesti dall’art. 78 paragrafo 3 del TFUE per le ragioni sopra brevemente indicate; se le argomentazioni avanzate da Ungheria e Slovacchia fossero accolte l’art. 78 paragrafo 3 TFUE verrebbe infatti interamente svuotato di qualunque efficacia”.