Secondo Fair Trials la custodia cautelare in carcere è usata eccessivamente in Europa

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Un nuovo rapporto di Fair Trials – prodotto dopo uno studio approfondito di due anni, condotto in 10 paesi europei – denuncia l’uso eccessivo della custodia cautelare in carcere in Europa, misura che dovrebbe essere invece usata soltanto come ultima risorsa.

La custodia in carcere è effettivamente l’ultima misura applicata in fase cautelare? La prassi dell’autorità giudiziaria nell’UE: il titolo dell’ultimo rapporto realizzato da Fair Trials – grazie alla collaborazione e di ONG e partner accademici provenienti da 10 paesi europei (fra cui Antigone) – è piuttosto eloquente.

Dopo uno studio approfondito della materia, le conclusioni non sono positive: in Europa si fa un uso eccessivo della custodia cautelare in carcere e le stringenti limitazioni previste in astratto dalla legge relativamente all’uso di questa misura vengono violate troppo spesse. Si registra inoltre una sorprendente mancanza di informazioni all’imputato sull’applicazione pratica delle regole procedurali destinate ad assicurare che questa detenzione sia solo usata quando è strettamente legale e necessario.

C’è quindi bisogno di un’azione europea realmente incisiva sul problema, e più specificatamente di uno strumento legislativo dell’UE vincolante per gli stati membri che codifichi gli standard esistenti – già specificati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ma attualmente di fatto inaccessibili in quanto confusi in un corpus di precedenti legali in costante crescita.

La custodia cautelare in carcere: dalla teoria alla prassi

La custodia cautelare in carcere dovrebbe essere una misura eccezionale, usata solo quando è strettamente necessario, in modo proporzionale e in conformità al principio della presunzione di innocenza e del diritto all’inviolabilità della libertà personale. Il suo uso è infatti solo accettabile come misura di ultima istanza, quando le altre misure meno afflittive (come l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) non siano ritenute idonee a salvaguardare le esigenze (ad es., pericolo di fuga, di recidiva o di inquinamento di prove) sottese all’applicazione di una misura cautelare. Purtroppo, nella UE come in tutto il mondo, queste limitazioni non sono sempre rispettate.

Oggi in Europa 120.000 persone sono in custodia cautelare in carcere. In altre parole, 1 detenuto su 5 è privato della sua libertà prima della conclusione del proprio procedimento penale.
Inoltre le garanzie procedurali relative all’applicazione della misura vengono violate con frequenza. Le violazioni più comuni riguardano il l’equo trattamento di accusa e difesa, il diritto di accesso ad un avvocato, l’adeguatezza della traduzione e dell’interpretazione per i cittadini alloglotti e l’accesso per la difesa al fascicolo delle indagini sul caso.

Il rapporto insiste anche sulla mancata previsione legislativa di udienze pubbliche per la revisione nel tempo della misura cautelare in essere, di una revisione periodica e della partecipazione dell’imputato alle udienze relative al riesame della misura.

“Non ho mai partecipato alle udienze. L’unica volta che sono apparsa davanti alla corte è stato quando la custodia cautelare è stata estesa. Non mi hanno mai chiesto qualcosa. Mai.”
Daniela, detenuta in custodia cautelare e poi assolta (in Romania)

L’importanza delle misure alternative alla detenzione

Una varietà di misure cautelari alternative alla detenzione sono astrattamente previste nei paesi dell’Unione Europea, spazianti dal divieto di allontanarsi dal comune di residenza al braccialetto elettronico.
Tuttavia le alternative alla detenzione rimangono poco utilizzate nel vecchio continente: questo è vero per 8 su 10 dei paesi studiati (con l’Irlanda e il Regno Unito che si pongono come esempi eccezionali di relativa buona pratica nell’uso tali misure alternative).

In alcuni paesi è la legislazione stessa a prevedere forti limitazioni al ricorso di misure alternative alla detenzione in carcere. In altri paesi la custodia cautelare in carcere obbligatoria è ancora imposta per alcune categorie di crimini: per esempio, in Italia, tale misura è ancora applicata in modo obbligatorio per i reati collegati a mafia, terrorismo e criminalità organizzata.
Inoltre, in generale gli attori giudiziari (a partire dalla pubblica accusa) mostrano scarsa fiducia sull’efficacia delle alternative alla detenzione, e ciò ne determina un forte sotto-utilizzo.

Focus sull’Italia

Per quanto concerne la situazione italiana, le valutazioni non sono molto diverse.
Le violazioni rilevate a livello europeo sono infatti presenti anche a livello nazionale: il rapporto nazionale di Antigone sulla custodia cautelare in carcere denuncia il trattamento disuguale tra l’accusa e la difesa, ma anche la mancanza di adeguata motivazione per la comminazione di misure di custodia cautelare in carcere anziché l’applicazione di misure meno gravose. Inoltre, gli scenari di custodia cautelare contra legem sono molto comuni per la i cittadini extracomunitari.

Attualmente l’Italia è fra i peggiori paesi di Europa per quanto riguarda il tasso di custodia cautelare, con il 34,5% dei detenuti ristretti in attesa di processo. Per evitare un’ennesima condanna della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per violazione dell’articolo 5 della CEDU, Antigone ha formulato delle raccomandazioni alle autorità pubbliche, miranti a ridurre la disparità tra accusa e difesa nell’accesso alle informazioni e ad aumentare l’accesso ai servizi di traduzione degli imputati che non parlano italiano – perché tutti dovrebbero essere in grado di comprendere e di partecipare attivamente parte al procedimento legale che li riguarda.
Antigone non nega i miglioramenti della legislazione italiana ma le evoluzioni recenti della legge non sono sufficienti per assicurare completamente i diritti degli imputati.

Il bisogno di agire per proteggere i diritti umani

Il rapporto di Fair Trial si conclude con alcune raccomandazioni cruciali per le istituzioni e i paesi europei, in modo da porre fine alla custodia cautelare abusiva e ingiustificata: un tema da considerare con grande attenzione in quanto minaccia direttamente i diritti umani e, più specificatamente, il diritto a un giusto processo.

Leggi il rapporto integrale qui.
I rapporti nazionali – tra cui quello dell’Italia, realizzato da Antigone – sono disponibili qui.

(Photo by Jar[o] via Flickr Creative Commons)