Il relatore speciale ONU sulla privacy presenta il suo primo rapporto

Share on FacebookTweet about this on TwitterShare on LinkedInEmail to someone
Print Friendly

Nell’estate del 2015, il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite ha finalmente (dopo significative pressioni delle organizzazioni non governative di tutto il mondo) creato un nuovo meccanismo ad hoc per la tutela del diritto alla privacy, nominando per la prima volta un Relatore Speciale in materia materia, nella persona del professore maltese Joseph “Joe” Cannataci.

b1c537831102b70c92bb7dd649517390aa4be016-1436173952-559a4680-1200x630
A poco meno di un anno di distanza dalla nomina, il neo-insediato Relatore ha recentemente presentato il suo primo rapporto – inclusivo di una descrizione del suo mandato e del suo metodo di lavoro, di una discussione di alcune delle tematiche e questioni attuali e di di un piano d’azione in 10 punti.

Il rapporto, attesissimo dagli addetti ai lavori (in primis, dalle organizzazioni non governative che si occupano di privacy, che a Cannataci avevano infatti già indirizzato alcune raccomandazioni – come quella di Privacy International e ACLU e quella di Human Rights Watch), definisce in maniera piuttosto ampia l’area di interesse del Relatore, che ha infatti intenzione di occuparsi in primo luogo dei temi oramai “tradizionali” legati alla tutela del diritto della privacy dai sempre più pervasivi sistemi di sicurezza e sorveglianza ma anche dell’impatto di ulteriori frontiere tecnologiche (come open data e big data analytics) sul nostro diritto alla riservatezza.

Insomma, se la priorità resta senz’altro l’esigenza di proteggere il diritto alla privacy di tutto dalla violenza della sorveglianza di massa, il Relatore Speciale si propone di adottare comunque un approccio olistico e di impegnarsi a tutelare il diritto alla riservatezza in tutte le mille sfaccettature dell’era digitale.

Importante anche la presa di coscienza esplicita dell’importanza di una evoluzione della disciplina legale (a partire dall’esigenza di arrivare a una definizione dell’esatto contenuto del diritto alla privacy), nonché del bisogno di coinvolgere il più possibile la società civile.

In sintesi, sicuramente un buon inizio; altrettanto sicuramente, si può ancora migliorare (ad esempio, non sarebbe ora di pensare a come adottare delle risposte immediate ad alcune questioni – come la questione della crittografia ed il relativo acceso dibattito Apple-FBI?).

I 10 punti d’intervento prioritario individuati nel rapporto

Di seguito, i dieci punti di azione proposti da Cannataci (con la speranza di vederli presto attuati in pratica):

  1. Andare oltre l’attuale disciplina legale per favorire una migliore comprensione del diritto alla privacy;
  2. Educare i cittadini alla consapevolezza, aiutandoli a comprendere l’esatto significato del loro diritto alla privacy;
  3. Aprire un dibattito strutturato, informato ed aperto sull’argomento;
  4. Adottare un approccio olistico alla costruzione di salvaguardie e rimedi legali, procedurali ed operativi;
  5. Dare nuova enfasi alle salvaguardie tecniche;
  6. Aprire e mantenere un dialogo mirato con le corporazioni;
  7. Promuovere lo sviluppo nazionale e regionale di meccanismi di protezione della privacy;
  8. Sfruttare al meglio l’energia e l’influenza della società civile;
  9. Affrontare i grandi temi cibernetici: il cyber-spazio, la cyber-privacy, il cyber-spionaggio e la cyber-guerra;
  10. Investire maggiormente nello sviluppo di standard di diritto internazionale.