In Italia serve subito una legge per proteggere i whistleblower
Whistleblower non ha una traduzione efficace in italiano: letteralmente significa “soffiatore di fischietto”. E in pratica? “Un nuovo modo di essere dipendente pubblico“, secondo Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione.
I whistleblower sono infatti dipendenti di enti (pubblici ma anche privati) di cui segnalano le condotte illecite – non nel proprio interesse individuale, ma bensì in nome dell’interesse pubblico.
Sempre più whistleblower, ma nessuna legge che li protegga
Sono sempre più numerosi i cittadini che decidono di esporsi in prima persona per denunciare casi di corruzione e illegalità: nel 2015 la sola Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) ha ricevuto 200 segnalazioni. Una media di 17 al mese, che si mantiene costante anche nel 2016.
Queste persone svolgono una importantissima funzione di garanzia della legalità: per dirla con Transparency International, “così come i testimoni di giustizia hanno contribuito a contrastare le mafie, i whistleblower potrebbero aiutarci ad arginare la corruzione, fenomeno che costa svariati miliardi di euro al nostro Paese e che mina la qualità dei servizi essenziali come sanità, trasporti pubblici e scuole”.
Peccato che in Italia i whistleblower non godono di una protezione adeguata, né tantomeno gli viene riconosciuto alcun merito dalle istituzioni che essi difendono. A causa di questa totale mancanza di tutele e garanzie, moltissimi episodi di corruzione non emergono – perché chi ne è stato testimone ha paura a denunciare, temendo per il proprio posto di lavoro se non addirittura per la sua stessa vita.
Una petizione per chiedere una legge per proteggere i whistleblower
Per far sì che il sistema del whistleblowing possa decollare anche in Italia, è evidentemente necessaria una legge di protezione dei whistleblower che fornisca garanzie di riservatezza più robuste ai soggetti e che consenta di accettare anche segnalazioni anonime (come del resto previsto dalle best practices internazionali in materia).
La Camera ha approvato già a fine gennaio una proposta di legge sulla protezione dei whistleblower, di cui ora si aspetta la discussione da parte della Commissione Affari Costituzionali del Senato. La proposta di legge è senz’altro una buona base di partenza (e rappresenta comunque una importante conquista culturale per un paese da sempre flagellato dall’omertà), ma può e deve essere migliorata per essere più utile ed efficace.
Per questo Riparte il futuro e Transparency International Italia hanno lanciato la campagna/petizione #vocidigiustizia, che chiede la rapida discussione della proposta di legge e suggerisce alcuni punti fondamentali da includere nel testo:
- Canali ben definiti di segnalazione: chi è testimone di un illecito deve sapere con estrema chiarezza e semplicità a chi rivolgersi. È quindi importante definire in maniera chiara le competenze e responsabilità dell’ANAC.
- Garanzia di riservatezza per chi ha avuto il coraggio di uscire allo scoperto: il segnalante deve poter essere certo che il suo nome non verrà rivelato. Bisognerebbe inoltre aprire una riflessione seria sulla possibilità di accettare segnalazioni anonime.
- Previsione di un fondo per la tutela dei segnalanti, che sostenga economicamente chi ha subito ritorsioni e deve affrontare ingenti spese legali. Da valutare anche la possibilità di prevedere premi ed incentivi al cittadino che fa recuperare dei soldi allo stato con la sua segnalazione (come già avviene negli USA ed in Canada).
- Sanzioni concrete verso i soggetti che attuano discriminazioni o ritorsioni, compresi i datori di lavoro pubblici e privati.
- L’applicazione della disciplina legale non solo per il settore pubblico ma anche per quello privato.
Firma anche tu la petizione per chiedere che la proposta di legge non resti impantanata nelle Commissioni parlamentari e diventi presto realtà: difendere i whistleblower è nell’interesse di tutti noi.