Ti presento la CILD: Antigone
Antigone, associazione “per i diritti e le garanzie nel sistema penale” è nata il 18 febbraio 1991. Quest’anno festeggiamo il nostro venticinquesimo anno di vita. L’associazione nasce nel solco della omonima rivista contro l’emergenzialismo penale promossa, tra gli altri, da Massimo Cacciari, Stefano Rodotà e Rossana Rossanda.
Antigone è un’associazione politico-culturale a cui aderiscono magistrati, operatori penitenziari, studiosi, parlamentari, insegnanti e cittadini che a diverso titolo si interessano di giustizia penale.
In particolare promuoviamo elaborazioni e dibattiti sul modello di legalità penale e processuale del nostro Paese e sulla sua evoluzione; raccogliamo e divulghiamo informazioni sulla realtà carceraria, sia come lettura costante del rapporto tra norma e attuazione, sia come base informativa per la sensibilizzazione sociale al problema del carcere; curiamo la predisposizione di proposte di legge e la definizione di eventuali linee emendative di proposte in corso di approvazione; promuoviamo campagne di informazione e di sensibilizzazione su temi o aspetti particolari, comunque attinenti all’innalzamento del modello di civiltà giuridica del nostro Paese; ci costituiamo parte civile in processi che riguardano la violazione dei diritti umani; patrociniamo e presentiamo ricorsi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per ottenere giustizia quando i rimedi interni non lo consentono.
Le nostre attività
Con il nostro Osservatorio sulle condizioni di detenzione dal 1998 visitiamo tutte le carceri italiane e, dal 2008, tutti gli Istituti Penitenziari per Minori realizzando degli specifici Rapporti. Con il nostro Difensore Civico raccogliamo denunce e richieste di aiuto che arrivano dalle carceri e dalle stazioni di polizia attivandoci per risolvere i casi. Abbiamo presentato circa 2.000 ricorsi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per le condizioni disumane di sovraffollamento delle carceri e hanno contribuito a dar vita alla sentenza Torreggiani.
Con i nostri avvocati e medici che operano in alcune carceri italiane, dando informazioni e monitorando le condizioni di vita. Lo facciamo coordinando l’Osservatorio europeo sulle condizioni di detenzione che coinvolge otto paesi ed è finanziato dall’Unione Europea.
Siamo impegnati in campagne per l’abolizione dell’ergastolo e, nel 1992, per questo scopo realizzammo la campagna “Mai dire mai”.
Nel corso del 1996 promuovemmo e patrocinammo i ricorsi contro l’estradizione di Pietro Venezia negli Usa, ricorsi dai quali è scaturita la sentenza costituzionale che vieta l’estradizione verso Paesi e per reati per i quali sia prevista la pena di morte.
A partire dalla fine degli anni ’90 siamo stati la prima realtà in Italia ad avanzare la proposta di istituire la figura di un Garante nazionale dei diritti dei detenuti, proposta arrivata in porto nel 2014 con la previsione di questa figura e, nel gennaio 2016, con la nomina di Mauro Palma.
Dal 2010 curiamo la trasmissione radiofonica Jailhouse rock. Suoni, suonatori e suonati dal mondo delle prigioni, dove storie di musica e di carcere si incrociano tra di loro. All’interno della trasmissione va in onda il Grc, il primo giornale radio dal carcere interamente realizzato da detenuti e realizzato nelle redazioni create ad hoc nel carcere romano di Rebibbia Nuovo Complesso e in quello milanese di Bollate. La collaborazione con Jailhouse rock ha portato le band di Bollate a uscire più volte dall’istituto di pena, partecipando a festival e concerti.
Nel 2012 abbiamo realizzato insieme al service giornalistico multimediale Next New Media il primo webdoc d’inchiesta sul sistema penitenziario italiano, Inside carceri che, nel 2013, ha vinto il premio per il miglior soggetto-sceneggiatura-storia originale al Festival dell’Immaginario di Perugia.
Facciamo parte della campagna Stop OPG per la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Con la campagna oggi monitoriamo il passaggio da questo sistema a quello delle REMS.
Nel 2013 abbiamo coordinato a livello nazionale la Campagna per tre proposte di legge di iniziativa popolare “Tre leggi per la giustizia e i diritti: tortura, carcere e droga” promossa da altre venti associazioni, tra le quali l’Arci, la Cgil, Cgil-Fp, Unione delle Camere penali italiane, Cir, Cnca, Gruppo Abele, Libertà e Giustizia, Forum droghe (depositate alla Camera dei deputati, XVII Legislatura con i numeri atto camera 1799, 1800, 1801, 1802).
Da febbraio 2014 aderiamo alla European liberties platform (ELP) coordinata dalla Open Society Foundations.
Nella stagione 2014/2015 abbiamo dato vita – insieme a Progetto Diritti e con il patrocinio dell’Università di Roma Tre – ad Atletico Diritti, squadra composta da migranti, studenti, detenuti ed ex detenuti, impegnata nel campionato calcistico di Terza Categoria della LND.
Da sempre siamo impegnati per l’introduzione del reato di tortura nel codice penale.
Una legge che punisca la tortura
La tortura è un crimine contro l’umanità. In Italia la tortura esiste ed è praticata, come ci hanno dimostrato tanti casi avvenuti negli ultimi anni (la scuola Diaz e la caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova o i fatti del carcere di Asti) eppure in Italia non è punita. Per questo nel marzo del 2014 abbiamo lanciato la campagna “Chiamiamola tortura”. Numerose sono le personalità che hanno aderito, tra questi Erri De Luca, Ilaria Cucchi, Piotta, Massimo Carlotto, Mauro Palma e tanti altri ancora. Assieme alla campagna lanciammo una petizione on-line su change.org ad oggi firmata da oltre 53.000 persone.
Inoltre su twitter abbiamo lanciato l’hashtag #SubitoLaLegge per far pressioni sul Governo e il Parlamento che, in alcuni momenti, è stato tra quelli più utilizzati in Italia.
Cosa ci motiva e ci spinge a fare il nostro lavoro
Ovunque nel mondo i luoghi di privazione della libertà sono spazi in cui è presente il rischio di gravi violazioni dei diritti umani. Sono luoghi “invisibili”, in cui c’è una inevitabile tensione tra custoditi e custodi, e da sempre su questi luoghi si focalizza il lavoro di chi si batte per la prevenzione della tortura. Perché i diritti umani sono di tutti e vanno tutelati ovunque, soprattutto dove sono più a rischio.
Occuparsi di carcere significa molte cose. Significa occuparsi delle singole violazioni dei diritti individuali, ma anche del sistema dell’esecuzione penale in generale, della sua rispondenza alle leggi nazionali ed agli standard internazionali, e promuovere un avanzamento della cultura penale e penitenziaria del paese.
Fare questo negli ultimi anni ha significato spesso essere soli o quasi. Oggi però su questi temi c’è una attenzione diversa e si è avviato finalmente un processo di riforma. Che va alimentato e sostenuto.