Criminalità rumena, Gonnella vs Di Maio: servono dati, non pregiudizi
“Si dovrebbe parlare con i dati sotto mano e non con stereotipi capaci di alimentare un clima di odio e discriminazione. Ancor più lo dovrebbe fare chi ha ruoli istituzionali così importanti quale la vice presidenza della Camera dei Deputati”.
A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente della Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili (CILD) e Antigone, a seguito delle dichiarazioni di Luigi Di Maio secondo cui l’Italia avrebbe “importato il 40 per cento dei criminali romeni”.
A smontare questo stereotipo sull’impatto criminale dei rumeni era stato lo stesso Gonnella in un articolo scritto per Open Migration, campagna di CILD che pone al centro proprio la lotta agli stereotipi di cui si alimenta il discorso pubblico sull’immigrazione e i migranti.
Per vari anni, a partire dal 2009, i rumeni sono stati tra gli stranieri i più rappresentati numericamente nelle carceri italiane. La loro sovrarappresentazione era favorita dal nesso che si crea tra la percezione pubblica di insicurezza e la repressione penale e di Polizia, ovvero quanto la prima condizioni la seconda anche aldilà della concretezza dei fatti di cronaca e dei reati effettivamente connessi. Negli ultimi anni i detenuti di nazionalità rumena sono in forte calo percentuale rispetto ad alcuni anni fa. Oggi lo sguardo preoccupato dell’opinione pubblica è rivolto altrove. Accade dunque che mentre crescono in numero percentuale e assoluto i detenuti italiani e di altre nazionalità, i rumeni in controtendenza diminuiscono. Si respira un minore pregiudizio nei loro confronti e conseguentemente i loro detenuti perdono il primato della rappresentatività straniera in carcere a favore della componente marocchina.
Uno sguardo attento va posto anche ai reati per cui sono in carcere i detenuti rumeni.
Nonostante i tanti stereotipi che li vogliono rapinatori e stupratori non è poi così ampia la rappresentazione rumena per i reati contro il patrimonio (i rumeni per questi reati costituiscono il 6,2% del totale dei detenuti ovvero poco più della loro rappresentatività globale che è del 5,2%) e per i reati contro la persona (sono il 6,5% del totale). Invece i rumeni sono tra i massimi responsabili delle presenze in carcere per sfruttamento della prostituzione (costituiscono infatti il 31% del totale della popolazione detenuta per questo tipo di reato). Sono in tutto 35 i detenuti rumeni dentro per associazione a delinquere di stampo mafioso. In tutto i detenuti in Italia per questo reato sono ben 7.015. I detenuti rumeni sono il 5,2% del totale della popolazione detenuta ristretta nelle 193 prigioni italiane ma sono solo lo 0,49% di quelli accusati o condannati per appartenenza a criminalità organizzata. Uguale è la percentuale dei rumeni rispetto al totale delle persone dentro per avere violato la legge sulle droghe. Infatti 91 – su un totale di 18.491 – sono i rumeni in carcere per avere violato questa normativa. Si può sostenere dunque che i rumeni non trafficano in stupefacenti.
Nel 2009 all’apice della cosiddetta emergenza criminale rumena i detenuti di questa nazionalità erano 2.966. In sette anni sono diminuiti (al 31 marzo scorso erano 2.791), nonostante sia aumentata la popolazione libera rumena. Dunque l’allarme era ingiustificato, oltre che produttore di reazioni xenofobe.
“L’uscita di Luigi Di Maio, il decreto immigrazione del Governo, le continue prese di posizione di Salvini segnano un clima di intollerabile attacco ai diritti dei migranti e una pericolosa convergenza di visioni tra le principali forze politiche del paese. Ancora una volta il rischio è che, in vista delle elezioni politiche, i consensi si giochino cercando di parlare alla pancia dei cittadini con discorsi che nulla hanno a che vedere con il reale impatto dei fenomeni” prosegue Gonnella. “A questa narrazione tossica noi ci opporremo. Proprio oggi assieme ad altre organizzazioni e molti pezzi della società civile abbiamo lanciato la campagna Ero Straniero. Nei prossimi mesi – conclude il Presidente di CILD e Antigone – saremo in tutte le piazze italiane per raccontare quanto l’immigrazione faccia bene al nostro Paese e quanto si debba costruire un sistema di accoglienza che sappia rispondere alle sfide che questo tema ci pone”.