Il Consiglio di Stato boccia il capitolato di appalto dei CPR
Il Consiglio di Stato boccia il capitolato di appalto dei CPR per l’inadeguata tutela della salute delle persone migranti trattenute
Una vittoria per CILD e per tutte le organizzazioni che hanno partecipato al ricorso di Asgi e Cittadinanzattiva.
Infatti la nostra Coalizione, insieme ad A buon Diritto, ActionAid, Arci, Be Free, Giuristi Democratici, Psichiatria Democratica e Spazi Circolari, è intervenuta nell’azione legale che ha portato al riconoscimento da parte del Consiglio di Stato – dopo un rigetto iniziale in primo grado – dell’illegittimità del capitolato d’appalto relativo ai Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR), il quale non garantisce adeguati standard per il diritto alla salute delle persone detenute nei CPR, specie per l’assenza di prevenzione del rischio suicidario.
La sentenza del Consiglio di Stato ha infatti accolto l’appello contro il Ministero dell’Interno, dichiarando illegittimo il Decreto Ministeriale del 4 marzo 2024, che definisce lo schema di capitolato di appalto per i CPR. Nonostante il rigetto iniziale in primo grado, il Consiglio di Stato ha finalmente dato ragione alle associazioni, sancendo un passo fondamentale per la tutela dei diritti fondamentali delle persone detenute.
In Italia, la gestione della detenzione amministrativa delle persone migranti nei CPR è affidata a enti privati, spesso grandi multinazionali, dove ogni aspetto relativo ai diritti fondamentali è affidato agli enti gestori, che si occupano di ogni aspetto legato ai diritti fondamentali, privilegiando il profitto a discapito delle persone detenute. Questo sistema è stato denunciato nel nostro Report d’inchiesta “L’affare CPR: il business sulla pelle delle persone migranti”.
Come dichiarato da Laura Liberto, Presidente CILD “Da anni denunciamo con fermezza la gestione privata dei CPR, un sistema che viola i diritti fondamentali e la dignità umana delle persone detenute. Oggi, siamo soddisfatti che anche il Consiglio di Stato abbia riconosciuto l’illegittimità di un capitolato d’appalto che ha continuato a permettere condizioni disumane e l’assenza di adeguate tutele sanitarie. Questa vittoria non è solo il risultato del nostro impegno, ma segna un importante passo verso il riconoscimento che il sistema di detenzione amministrativa in Italia è inaccettabile. Auspichiamo che questa sentenza sia il primo passo per lo smantellamento di un sistema che da troppo tempo calpesta i diritti umani”.
Questo sistema di gestione differisce infatti da quello penitenziario, dove la gestione avviene direttamente tramite il Ministero della Giustizia. Nel caso dei CPR invece, è il Ministero dell’Interno a stabilire le linee guida attraverso il capitolato di appalto, sulla base del quale vengono redatti i bandi.
Come hanno dichiarato dalle associazioni promotrici del ricorso ASGI e Cittadinanzattiva:
“La sentenza del Consiglio di Stato ha evidenziato l’inadeguatezza del capitolato rispetto agli standard previsti dalla direttiva Lamorgese, nonché la necessità di una tutela sanitaria più stringente. In particolare, la sentenza sottolinea che le disposizioni in ambito carcerario relative alla tutela della salute e alla prevenzione del suicidio devono costituire un parametro minimo di riferimento per i CPR. Sebbene non sia obbligatorio applicare identicamente gli standard sanitari penitenziari nei CPR, le strutture carcerarie possono fungere da modello per migliorare gli standard di assistenza sanitaria e psicologica nei CPR. La decisione implica che i bandi redatti sulla base di questo capitolato sono illegittimi, e di conseguenza, le persone trattenute nei CPR non sono adeguatamente tutelate nel rispetto del loro diritto alla salute.”
Il ruolo cruciale delle azioni collettive
Questa vittoria rappresenta il culmine di un lungo percorso legale, sostenuto da una rete di organizzazioni civiche che ha saputo costruire un’alleanza strategica tra associazioni che si occupano dei diritti delle persone migranti e quelle impegnate nella difesa della salute mentale e dei diritti umani nelle strutture di detenzione. La collaborazione intersezionale tra queste realtà ha dimostrato quanto le azioni collettive possano essere determinanti per la tutela dei diritti fondamentali.